Good News/Bad News: le notizie sui diritti civili di agosto 2024
Ogni mese raccogliamo le news sui diritti civili più interessanti e dibattute del momento: eccone alcune.
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La Corte Costituzionale dichiara illegittimo l’obbligo di autorizzazione del tribunale per le operazioni di cambio sesso
Per la Corte Costituzionale l’articolo 31, comma 4, del decreto legislativo 150 del 2011, che richiede alle persone trans di ottenere l’autorizzazione di un tribunale per le operazioni di riassegnazione del sesso, è illegittima. Allo stesso tempo ha rimandato al Parlamento il compito di regolamentare la possibilità di inserire una terza dicitura di genere sui documenti.
La sentenza è arrivata a fine luglio ed è partita da un caso arrivato davanti al Tribunale di Bolzano: una persona transgender, biologicamente donna e che stava portando avanti l’iter di transizione nel genere maschile, aveva chiesto di poter indicare sui documenti il genere “altro” o “non-binario”, senza quindi essere identificata come “maschio” sui documenti.
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I giudici della Consulta hanno dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma, stabilendo che “il percorso di transizione di genere può compiersi già mediante trattamenti ormonali e sostegno psicologico-comportamentale, quindi anche senza un intervento di adeguamento chirurgico”, e dunque “la prescrizione dell'autorizzazione giudiziale denuncia una palese irragionevolezza, nella misura in cui sia relativa a un trattamento chirurgico che avverrebbe comunque dopo la già disposta rettificazione".
La Consulta ha inoltre riconosciuto la necessità di rivedere l’ordinamento sul fronte della determinazione del genere, riconoscendo il diritto delle persone non binarie a essere riconosciute e dunque tutelate. «Si tratta di un ottimo risultato, in linea con le aspettative - ha detto l’avvocato Alexander Schuster, che ha seguito il caso - L'eliminazione dell'autorizzazione tramite la dichiarazione di incostituzionalità rende giustizia a una legge oramai obsoleta non più al passo con i tempi. Il Parlamento deve agire quanto prima. La Consulta ha visto ciò che qualche anno fa la Cassazione ha voluto ignorare.
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«Quanto alle identità non binarie - prosegue Schuster - seppur ritenuta la questione inammissibile per la difficoltà di adeguare con una sentenza l'intero sistema giuridico italiano a un paradigma non binario, la Corte riconosce la dignità e i diritti di queste persone e invita il Parlamento a intervenire. È evidente l'arretratezza anche qui dell'Italia e sono contento che proprio gli argomenti di diritto straniero e dell'Unione Europa lo rendano evidente, come osserva la Corte. E già ora la Consulta rende chiaro che vi sono situazioni di vulnerabilità che la Costituzione non ammette e su cui sarà doveroso da parte dei giudici intervenire». Una news importante sul fronte dei diritti civili.
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Roma Capitale dà il via libera all’identità alias
Dopo Milano, Roma. L’amministrazione capitolina ha dato il via libera all’attivazione dell’identità alias per i dipendenti del Comune, consentendo così al personale non binario o transgender, o che non si riconosce nel genere assegnato, di indicare sui documenti lavorativi l’identità elettiva, con il nome e il genere scelto.
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«Sembrava impossibile e invece anche questo obiettivo è raggiunto. Da oggi l’attivazione della carriera alias per il personale dipendente di Roma Capitale è realtà - ha detto Marilena Grassadonia, coordinatrice dell'Ufficio Diritti LGBT+ - Grazie all’assessore Andrea Catarci per confermarsi attento alleato della comunità LGBTQIA+ e per aver attivato l’iter che ha portato all’approvazione in giunta del testo così come già sottoscritto con le sigle sindacali».
«Un testo semplice ma preciso - prosegue Grassadonia - che rispetta l’autodeterminazione del personale dipendente e che si pone come obiettivo quello di promuovere benessere e di creare luoghi di lavoro sempre più accoglienti e profondamente rispettosi di ogni soggettività. Grazie anche alla consigliera Erica Battaglia per essersi interessata alla questione e a tutta la giunta con in testa il nostro sindaco Roberto Gualtieri per l’approvazione della delibera».
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La pugile gay Cindy Ngamba vince la prima medaglia alle Olimpiadi per il team Rifugiati
Tra le altre news interessanti sui diritti civili, c'è la sorica medaglia alle Olimpiadi di Parigi della pugile Cindy Ngamba, la prima atleta del Team Rifugiati a salire sul podio dopo l’approdo in semifinale e a ottenere così una medaglia ai Giochi (nel pugilato non esiste la finale per il terzo posto e vengono assegnati due bronzi).
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Ngamba, 25enne originaria del Camerun, è stata anche portabandiera alla cerimonia inaugurale dei Giochi, e ha battuto la francese Davina Michel nella categoria under 75 kg. Enorme la sua gioia al termine dell’incontro, condiviso con gli allenatori della Gran Bretagna. La pugile è infatti arrivata da bambina in Inghilterra dal Camerun, con la famiglia, e ha ottenuto lo status di rifugiata. A 18 anni ha fatto coming out, precludendosi così di fatto il ritorno nel Paese d’origine, dove l’omosessualità è reato.
«In Camerun è considerato fuorilegge qualsiasi tipo di orientamento sessuale che non sia etero. Il rischio che corri è di essere messo in prigione e ti può accadere anche di peggio», ha confermato lei stessa.
La speranza adesso è che dopo la vittoria la Gran Bretagna le riconosca la cittadinanza, e che a Los Angeles 2028 possa gareggiare per il Paese che l’ha accolta e in cui vive ormai da oltre 10 anni. Nel frattempo rivendica fieramente la sua apparenza all'Équipe Olympique des Réfugiés, istituto dal Cio nel 2015.
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La Lega ritira la proposta di vietare il femminile per le cariche pubbliche
Tra le news sui diritti civili di questo mese, c'è il nulla di fatto per il disegno di legge con cui la Lega voleva bandire negli atti pubblici l'utilizzo del genere femminile per «neologismi applicati ai titoli istituzionali dello Stato, ai gradi militari, ai titoli professionali, alle onorificenze, ed agli incarichi individuati da atti aventi forza di legge».
La bozza, presentata dal senatore leghista Manfredi Potenti, è stata ritirata dopo le prevedibili polemiche che ha sollevato e la presa di posizione del partito di Matteo Salvini, che l'ha definita «un'iniziativa del tutto personale».
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La proposta di legge "Disposizioni per la tutela della lingua italiana" aveva come obiettivo «preservare l'integrità della lingua italiana e in particolare, evitare l'impropria modificazione dei titoli pubblici, come “Sindaco”, “Prefetto”, “Questore”, “Avvocato” dai tentativi “simbolici” di adattarne la loro definizione alle diverse sensibilità del tempo».
All'articolo 3 stabiliva dunque il «divieto del ricorso discrezionale al femminile sovraesteso od a qualsiasi sperimentazione linguistica. È ammesso l'uso della doppia forma od il maschile universale, da intendersi in senso neutro e senza alcuna connotazione sessista». L’articolo 1 dichiara che l’obiettivo è «preservare la pubblica amministrazione dalle deformazioni letterali derivanti dalle necessità di affermare la parità di genere nei testi pubblici».
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Prevedeva inoltre una multa da 1.000 a 5.000 euro per la violazione. La proposta era stata presentata, ma prima della discussione il capogruppo della Lega in Senato, Massimiliano Romeo, ha chiesto a Potenti di ritirare il disegno di legge, definendolo «fuori linea» rispetto all’orientamento del partito.