Good News/Bad News: le notizie sui diritti civili di aprile 2024

Nuovo appuntamento con la nostra ormai consueta rubrica sui diritti civili: ad aprile si parla di matrimonio tra persone dello stesso sesso, disforia di genere e sesso senza consenso

La Thalandia legalizza i matrimoni LGBTQIA+

Anche la Thailandia fa un passo avanti nella tutela dei diritti della comunità LGBTQIA+. La Camera dei Rappresentanti, uno dei due rami del Parlamento del Paese, ha approvato a fine marzo un disegno di legge per la legalizzazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, provvedimento che per diventare effettivo dovrà essere approvato dalla Camera alta del Senato. Un passaggio di fatto formale, che lascia intuire che la proposta con tutta probabilità diventerà legge entro la fine dell’anno trasformando la Thailandia nell’unico Paese del Sud-est asiatico a riconoscere i matrimoni di persone dello stesso sesso, il terzo in Asia, dopo Taiwan e Nepal.

Il disegno di legge è stato approvato con 400 voti favorevoli su 415 deputati. Il documento si riferisce al matrimonio come a una "partnership" tra due individui, e nel Codice civile e commerciale sostituisce ai termini “uomini e donne” e “marito e moglie” quelli di “individui” e “partner matrimoniali”. Una volta diventato legge, alle coppie LGBT+ saranno riconosciuti tutti i diritti legati all'eredità, eventuali benefici fiscali, la possibilità di prendere decisioni mediche per il partner e anche l'adozione. 

«Il diritto all’uguaglianza in Thailandia è iniziato oggi - ha detto su X Danuphorn Punnakanta, portavoce del partito di maggioranza Pheu Thai e presidente del comitato che supervisiona la legge - È solo l’inizio e seguiranno ulteriori leggi per i diritti e le libertà delle persone».

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Il Regno Unito vieta i farmaci bloccanti per adolescenti trans (e l’Italia ci sta pensando su)

Nel Regno Unito è diventato vietato prescrivere e distribuire i trattamenti farmacologici inibitori della pubertà ai minori di 18 anni.

Lo ha stabilito il servizio sanitario nazionale (NHS) ratificando la risoluzione adottata dall’amministrazione del primo ministro Rishi Sunak, una decisione che arriva sulla scia di uno studio commissionato proprio dall’NHS in cui vengono messe in discussione la sicurezza e l’efficacia clinica di queste terapie. Nel report del team coordinato dalla pediatra Hilary Cass si sottolinea che non vi siano prove dell’effettivo funzionamento in sicurezza di questi farmaci, in particolare della triptorelina, un farmaco analogo dell’ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRH) che viene solitamente impiegato in alcuni casi di tumore o in presenza di pubertà precoce, quando è necessario bloccare o ridurre la produzione di estrogeni e testosterone.

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Le linee guida internazionali prevedono il ricorso a questo genere di farmaci anche per gli adolescenti con disforia di genere che vivono un profondo disagio psicologico per via dell'incongruenza tra la propria identità di genere e il sesso assegnato alla nascita. Alla base della prescrizione di questi farmaci, che nel Regno Unito vengono prescritti nei centri specializzati, c'è la necessità bloccare temporaneamente la pubertà e i cambiamenti fisici che porta con sé, così da dare agli adolescenti con disforia più tempo per prendere decisioni.

In Italia la questione è controversa. A gennaio nel mirino del Ministero della Salute era finito l’ambulatorio sulla disforia di genere dell'ospedale Careggi di Firenze, in cui erano stati inviati gli ispettori per verificare che il farmaco a base di triptorelina fosse effettivamente stato prescritto nell’ambito del previsto percorso psicoterapeutico. Ne è seguita un’interrogazione parlamentare di Maurizio Gasparri (Forza Italia), ma anche una netta presa di posizione a favore dei farmaci delle società scientifiche del settore. E proprio dopo la decisione del Regno Unito, i Ministeri della Salute e della Famiglia hanno annunciato l’istituzione di un tavolo di lavoro congiunto proprio per elaborare nuove linee guida sul tema.

Le associazioni che si battono per la tutela dei diritti delle persone transgender hanno però sottolineato come non siano state coinvolte in alcuni modo, in una lettera firmata anche da medici, psicologi e avvocati del settore in cui viene sottolineato come si definiscano «in modo verticale e centralizzato i protocolli e le linee guida per l’accesso ai percorsi di affermazione di genere delle giovani persone trans* e non binarie».

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Nei Paesi Bassi il sesso senza consenso è stupro

Anche i Paesi Bassi si uniscono alla lista dei Paesi Ue che stabiliscono per legge che il sesso senza consenso è stupro. Con 73 voti a favore e due contrari, il Senato dei Paesi Bassi ha approvato definitivamente la legge che introduce la definizione di stupro basata sul consenso e che entrerà in vigore a partire dal primo luglio.

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«I Paesi Bassi hanno finalmente messo da parte una legge obsoleta, riconoscendo che il sesso senza consenso è stupro: un passo avanti importante per prevenire e contrastare la violenza sessuale e migliorare l’accesso alla giustizia; una vittoria a lungo attesa, ottenuta grazie a un’instancabile campagna delle persone attiviste e delle sopravvissute» ha dichiarato Dagmar Oudshoorn, direttore di Amnesty International Paesi Bassi.

I Paesi Bassi sono il 17esimo di 31 Stati europei a riconoscere che il sesso senza consenso è stupro. Una legge simile è già in vigore, tra gli altri, in Svizzera, Germania, Svezia, Portogallo e Austria, mentre a livello europeo la norma non è passata. La proposta era stata inserita nella proposta di direttiva per il contrasto alla violenza contro le donne, con Polonia e Ungheria che si sono opposte fermamente e Francia e Germania che hanno fatto riferimento a un difetto di competenza dell’UE in materia penale. Parlamento e Consiglio Ue hanno quindi cercato un compromesso: la nuova direttiva europea per la lotta alla violenza contro le donne mantiene la definizione ma non classifica il sesso senza consenso come reato europeo, prevedendo allo stesso tempo campagne di sensibilizzazione sul tema.

La Francia pronta a vietare la discriminazione sulla base dei capelli

In Francia potrebbe presto essere vietato per legge discriminare qualcuno sulla base dell’acconciatura. L’Assemblea nazionale francese ha adottato in prima lettura, con 44 voti favorevoli e due contrari, una proposta di legge che vieta le discriminazioni sul posto del lavoro basate sui capelli, un testo che dovrà adesso passare al Senato.

Il testo mira anche a impedire ai datori di lavoro di costringere i dipendenti a lisciarsi i capelli o nascondere treccine e dreadlock, e per il promotore della legge, il deputato francese originario dell'isola francese di Guadalupa Olivier Serva, rappresenterà un passo avanti soprattutto per le donne di origine africana, che vengono spesso obbligate appunto a modificare la loro acconciatura o la struttura dei capelli dai datori di lavoro.

«Le persone che non si adattano alle norme eurocentriche affrontano discriminazioni, stereotipi e pregiudizi», sottolinea Serva, cui hanno replicato seccamente gli oppositori sostenendo che le norme attualmente in vigore in Francia già forniscono una sufficiente tutela in questo senso. La parola adesso passa, come detto, al Senato.

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