Good news/bad news: le notizie dal mondo sul fronte dei diritti civili di aprile 2022

In un periodo in cui il mondo sta affrontando l’ennesimo momento difficilissimo, e in cui si lotta ogni giorno per tenere sotto controllo il proprio piccolo, grande universo quotidiano, diamo un’occhiata a ciò che esce dai nostri confini per capire cosa sta succedendo intorno a noi: dal Giappone al Cile, ecco le ultime novità sul fronte dei diritti civili

Tokyo eliminerà le regole restrittive su abbigliamento e acconciatura nelle scuole

Una scolaresca a Tokyo
Una scolaresca a Tokyo

A Tokyo, entro la fine dell’anno accademico in corso verranno abolite alcune antiche e molto restrittive regole su abbigliamento e acconciatura che gli studenti ancora oggi devono rispettare per accedere a scuola. I diktat riguardano in particolare avere i capelli lisci e neri, indossare biancheria intima di un determinato colore, o ancora il divieto di sfoggiare un’acconciatura rasata sulla nuca e più lunga sopra, il cosiddetto taglio “two block” che ha iniziato a diffondersi in Giappone con l’esplosione del K-Pop. 

Si tratta di regole non scritte, ma ormai convenzionali, diffuse in varianti differenti nelle 200 scuole pubbliche di Tokyo, che già da tempo sono state messe in discussione perché considerate eccessivamente rigide, discriminatorie e anacronistiche, ma che riflettono in realtà i tratti della cultura e della filosofia giapponese, incentrata sul mantenere la tradizione ed evitare “contaminazioni” da parte di altri Paesi. 

Da aprile 2022, le scuole gestite dal governo metropolitano pubblicheranno le loro regole sui siti web e almeno cinque o sei di quelle più rigide e antiquate verranno eliminate. 

In Cile entra in vigore il matrimonio egualitario

Il primo matrimonio egualitario in Cile
Il primo matrimonio egualitario in Cile

Dopo la storica approvazione del dicembre 2021, da inizio marzo in Cile è entrata in vigore la legge che ha introdotto il matrimonio egualitario nel Paese.

I primi a beneficiare della nuova legge sono stati Javier e Jaime, genitori di due figli: la coppia ha detto sì a Santiago, dopo sette anni di vita insieme. La Camera dei deputati del Cile aveva votato la conversione in legge della proposta sul matrimonio egualitario a dicembre, consentendo ufficialmente il matrimonio tra persone dello stesso sesso e il loro diritto ad avere figli.

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«Il Cile ha compiuto un passo storico e decisivo per l'avanzamento e il consolidamento dei diritti civili delle coppie e delle famiglie omosessuali che, senza distinzione, erano state discriminate fin dalle origini del nostro Paese», era stato il commento del Movimento per l'integrazione e la liberazione degli omosessuali (Movilh). La decisione è coincisa con l’elezione del nuovo presidente del Cile, Gabriel Boric, il più giovane presidente della storia cilena. 

Ex membro del Congresso e leader del movimento di protesta studentesca che sostiene i diritti LGBTQ+, Boric è entrato in carica il giorno successivo all’approvazione della legge sul matrimonio egualitario. Sempre in Cile, Emilia Schneider è diventata anche la prima donna transgender a entrare in Parlamento. Sia Boric sia Schneider fanno parte della stessa coalizione civica e di sinistra e Schneider, 36 anni, è stata a capo della Fech, la Federazione studentesca, portavoce della Coordinadora Feminista. 

Il Guatemala invece lo vieta e aumenta le pene per l’aborto

Proteste in Guatemala
Proteste in Guatemala

Per un Paese progressista che ufficializza il matrimonio tra persone dello stesso sesso, ce n’è un altro che lo vieta e che aumenta le pene per l’aborto. È il Guatemala, dove a metà marzo il congresso ha approvato una specifica legge con 101 voti a favore e 8 contrari. 

La nuova legge, oltre a vietare i matrimoni tra persone dello stesso sesso dispone per le donne che scelgono di sottoporsi all’interruzione volontaria di gravidanza da un minimo di cinque a un massimo di dieci anni di carcere. Ancora più alte le pene per i medici e per le persone che le aiutano, sulla falsariga di quanto è già stato stabilito in Texas. 

La stessa legge proibire anche di parlare nelle scuole di qualsiasi tema che possa discostarsi dall’idea della normalità dell’eterosessualità e possa “traviare” gli studenti. 

In Giordania la parola "donne" entra in Costituzione

Amman
Amman

Storica svolta invece in Giordania, dove la parola “donna” entra in Costituzione. Qualche settimana fa il Parlamento di Amman ha approvato la modifica del titolo del secondo capitolo della Costituzione, che da “Diritti e doveri degli uomini giordani” passa a “Diritti e doveri degli uomini giordani e delle donne giordane”, aggiungendo quindi il pronome femminile, “al-urduniat”.

La decisione - passata per una manciata di voti e con una vera e propria bagarre in aula - non ha comunque del tutto convinto il Paese, di fatto dividendolo: c’è chi plaude alla modifica, identificandola come un primo passo verso una società più inclusiva e paritaria, chi la contesta, come i più conservatori, e chi invece la ritiene inutile. È questo il caso di diverse associazioni femministe che da anni si battono per la gender equality e i diritti delle donne. Per le attiviste si tratterebbe infatti di una manovra formale, che di sostanziale non avrebbe invece nulla: «Il titolo di un capitolo costituzionale non ha effetto legale - ha denunciato Salmah Nims, segretario generale della Commissione nazionale giordana per le donne (Jncw). - Le nostre richieste, come l’aggiunta della parola sesso all’articolo 6 della Costituzione che a oggi vieta solo le discriminazioni basate su razza, lingua e religione, continuano a essere ignorate». Con conseguenze a livello anche penale, visto che i giudici tendono ancora ad applicare pene minori nel caso in cui la parte offesa sia una donna, magari membro della famiglia.

A oggi restano ancora enormi discriminazioni verso le donne: hanno bisogno del permesso di un tutore maschio per sposarsi, e i matrimoni tra donne musulmane e uomini non musulmani non sono riconosciuti. Non possono viaggiare all’estero con i figli senza il permesso esplicito del padre, del tutore maschio o di un giudice, e se un tutore maschio chiede a un giudice di impedire a figlie, mogli o sorelle di non lasciare il Paese può vederselo ancora accordato.

L'Oklahoma verso il divieto totale di aborto

Alcune proteste negli Stati Uniti
Alcune proteste negli Stati Uniti

Anche negli Stati Uniti continua a spirare un vento proibizionista sul tema dei diritti delle donne, in particolare per quanto riguarda l’aborto. Dopo Texas e Arizona, anche l’Oklahoma sembra deciso a rendere ancora più restrittive le leggi sull’interruzione volontaria di gravidanza, superando addirittura gli altri due Stati. 

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La Camera dell'Oklahoma, controllata dai repubblicani, ha infatti approvato un disegno di legge che vieta l'aborto a qualsiasi stadio della gravidanza, con l’unica eccezione dei casi di incesto, di stupro o pericolo di vita per la donna. Texas e Arizona si erano “fermati” al divieto dopo la quindicesima settimana, lasso di tempo in cui per una donna è oltretutto difficile avere contezza di una eventuale gravidanza.

La legge approvata dall’Oklahoma permette inoltre a qualsiasi persona di denunciare non solo coloro che praticano l'aborto, ma anche chiunque "aiuti o favorisca l'esecuzione o l'induzione di un aborto”, proprio come stabilito anche in Texas.

Il “Don’t say gay bill” della Florida

Una dimostrazione in Florida
Una dimostrazione in Florida

Restando negli Stati Uniti, l’8 marzo il Senato della Florida ha approvato un disegno di legge che vieterebbe la "discussione sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere" nelle scuole primarie dello Stato. La misura, soprannominata il disegno di legge "Don't Say Gay" dagli attivisti, è stata firmata dal governatore repubblicano Ron DeSantis, e entrerà in vigore dal prossimo 1 luglio.

I sostenitori del disegno di legge affermano che la legge è finalizzata a consentire ai genitori di avere il controllo sull'istruzione dei propri figli, mentre chi la contesta sottolinea come invece prenda di mira la comunità LGBTQI+. Il provvedimento nello specifico vieta “l'istruzione in aula da parte del personale scolastico o di terzi sull'orientamento sessuale o l'identità di genere” dalla scuola materna alla terza elementare. Proibisce anche tale insegnamento "in un modo non appropriato all'età o allo sviluppo degli studenti", che secondo gli oppositori potrebbe essere interpretato come estendibile a tutti i livelli scolastici. I genitori possono anche citare in giudizio i distretti scolastici per presunte violazioni.

L’approvazione della legge ha scatenato forti polemiche negli Stati Uniti, arrivando sino alla Casa Bianca e spingendo il presidente Joe Biden a intervenire: «Voglio che ogni membro della comunità LGBTQI+, in particolare i bambini che saranno colpiti da questo odioso disegno di legge, sappia che è amato e accettato proprio com’è - ha twittato - La mia amministrazione continuerà a lottare per la protezione e la sicurezza che meritano».

Anche un colosso come la Disney è stato investito dalle polemiche, visto che la sede è in Florida e vi lavorano circa 80.000 persone: i dipendenti LGBTQI+ avevano protestato, chiedendo che l’azienda prendesse una netta posizione contro la legge. 

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