Good News/Bad News: le notizie sui diritti civili di novembre 2024

Nel mese di novembre si parla di nuove leggi sul cambio genere e sulla gestazione per altri, ma anche di diritto all'aborto e proteste. Ecco le news più importanti sul tema dei diritti civili nel mondo

In Germania cambiare genere è diventato più facile

In Germania diventa più facile cambiare sesso. Il primo novembre è infatti entrata in vigore una nuova legge introdotta per volere del governo di Olaf Scholz, che consente di cambiare sesso presentando semplicemente una dichiarazione all’anagrafe. In precedenza era necessario rivolgersi a un tribunale e sottoporsi a due perizie psichiatriche.

La cosiddetta “legge sull’autodeterminazione” permette a chi vuole cambiare nome e genere di fare richiesta all’anagrafe locale e di ufficializzarla ritornando tre mesi dopo. Le scelte messe a disposizione dei cittadini sono femminile, maschile, vari o “nessuna menzione del genere”. La nuova norma dispone anche che sino ai 14 anni la richiesta debba essere presentata da un genitore o da chi ne fa le veci, e che sino ai 18 possa presentarlo direttamente la persona, ma con il consenso di un genitore.

Le pre-iscrizioni sono state aperte il primo agosto, e secondo Der Spiegel circa 15mila persone in Germania hanno presentato domanda per cambiare genere. Una svolta fondamentale, per la comunità LGBTQIA+: «È una giornata storica per il riconoscimento della diversità sessuale e per il riconoscimento dei diritti umani e delle persone transgender e non binarie in Germania", ha detto Nyke Slawik, esponente dei Verdi e deputata transgender del Bundestag. Anche per Lisa Paus, ministra della Famiglia e anch’essa esponente dei verdi, l’1 novembre è stato “un giorno molto speciale”, perché “i diritti della comunità LGBTQIA+ sono ora notevolmente rafforzati”.

In Emilia Romagna sarà consentito l’aborto farmacologico a domicilio

pillola

Dal primo gennaio 2025 in Emilia Romagna sarà possibile usufruire dell’aborto farmacologico a domicilio. La Regione ha infatti aggiornato il protocollo per l'interruzione volontaria con una determina che consente comunque "la sicurezza e la tracciabilità dell'intervento" perché "il percorso inizia all'interno dei servizi sanitari in regime ambulatoriale, nell'ambito di una presa in carico complessiva della donna".


Dal primo gennaio 2025, dunque, per le donne saranno a disposizione tre possibilità: l'interruzione chirurgica in regime di day surgery e quella farmacologica, in ambulatorio o a domicilio. In quest’ultimo caso ovviamente non sarà possibile “ordinare” la pillola RU486 e riceverla “espressa”, ma sono previsti due accessi in ambulatorio, il primo per una valutazione iniziale e il secondo per la visita di controllo dopo 14 giorni e avere eseguito un nuovo test di gravidanza. 

Chi sceglie l’opzione farmacologica deve assumere due pillole: il mifepristone (la ‘Ru486’) che interrompe la gravidanza, e la prostaglandina per l’espulsione. La Regione prevede anche la possibilità di assistenza via telemedicina per consentire di porre tutte le domande.

Dura e immediata la reazione dei movimenti pro-vita e anti-abortisti: "Ancora una volta la nostra Regione non perde occasione per manifestare le sue priorità ideologiche. Per la maggioranza aiutare la donna significa permetterle di porre termine alla vita che porta nel grembo più facilmente e rapidamente possibile, in modo che non si accorga della gravità
di quanto sta avvenendo, finanche sacrificando la sicurezza e l'assistenza medica", hanno fatto sapere dal Circolo Territoriale di Pro Vita & Famiglia dell'Emilia-Romagna.

La gestazione per altri in Italia diventa “reato universale”

Il 16 ottobre è stata approvata definitivamente la proposta di legge presentata da Fratelli d’Italia per rendere la Gestazione per Altri (GPA) o maternità surrogata un “reato universale”, cioè perseguibile in Italia anche se praticata all’estero da cittadini o cittadine italiane.

Il ddl porta la firma della deputata di Fdi Carolina Varchi, ed estende la punibilità della Gpa (già reato in Italia da vent’anni) anche a chi vi ha fatto ricorso in un Paese in cui è consentita. Che rischia quindi pene fino a due anni reclusione e multe fino a un milione di euro.

Durissima la reazione delle associazioni che si battono per i diritti civili e delle opposizioni, cui ha risposto compatta la maggioranza di governo e in primis la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità Eugenia Roccella: "Chi si trincera dietro la retorica dei 'diritti' per giustificare la pratica dell'utero in affitto dovrebbe chiedersi perché invece ci sia una rete mondiale del femminismo che sostiene l'iniziativa dell'Italia e considera il nostro Paese un esempio da seguire dappertutto - ha detto all’Ansa - Oggi con il voto del Parlamento italiano i diritti non sono stati negati, ma al contrario sono stati riaffermati e resi finalmente effettivi".

La GPA è una tecnica di procreazione cui fanno ricorso principalmente coppie che hanno problemi di natura medica, donne con problemi importanti di fertilità o a cui è stato asportato l’utero oppure colpite da tumori, e (in misura minore) coppie costituite da due uomini. Amnesty International ha sottolineato come, in termini pratici, la legge rischi di discriminare soprattutto coppie omogenitoriali e di avere ricadute sulla tutela dei minori, perché non faciliterà la trascrizione automatica dei certificati di nascita di bambini nati all’estero.

"Incoraggiamo a non sottovalutare l’importanza della trascrizione automatica degli atti di nascita dei bambini nati all’estero da coppie omogenitoriali, che rappresenta un altro aspetto fondamentale per garantire i diritti delle famiglie LGBTQIA+. Amnesty International denuncia questi tentativi di svilire i diritti delle persone con una modalità violenta e discriminatoria".

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Il caso della studentessa iraniana che si è spogliata nel campus per protestare contro l'obbligo del velo

A oltre due anni dalla morte di Mahsa Amini, in Iran scoppia un altro caso di giovane donna arrestata per avere manifestato contro i diritti negati. Si tratta di una studentessa (la cui identità non è ancora stata confermata) che si è spogliata rimanendo in biancheria intima nel cortile del dipartimento di Scienza e Ricerca dell'università Azad di Teheran.

Da allora di lei non si sa più nulla, e il timore è che possa subire da parte della polizia la stessa violenza che due anni fa toccò ad Amini, arrestata per non aver indossato correttamente il velo e morta in seguito alle percosse. L'accaduto è ancora in fase di ricostruzione, così come il destino della ragazza, ma secondo quanto riferito dalla newsletter Amirkabir, gestita da un movimento studentesco, la studentessa era stata aggredita più volte da alcuni agenti di sicurezza che le avevano strattonato gli abiti perché non indossava correttamente l’hijab. Per protestare contro gli obblighi imposti alle donne, tra cui quelli di coprirsi la testa con un velo e di indossare abiti larghi quando si è in pubblico, lei si sarebbe spogliata quasi del tutto.

Tra video e testimonianze raccolte, sembra che la ragazza si sia poi allontanata a piedi, sempre senza vestiti, per poi essere affiancata da un'auto da dove sono scesi uomini che l'hanno fatta salire a forza. Stando a quanto riferito dalle autorità iraniane, la giovane sarebbe stata ricoverata in un ospedale psichiatrico, ma l'attenzione da parte delle associazioni che si battono per i diritti è altissima. Amnesty International, chiedendone l'immediato rilascio, ha evocato "accuse di percosse e violenza sessuale contro di lei durante l'arresto" e sollecitato "indagini indipendenti e imparziali".

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