Olimpiadi in Francia, perché il divieto di indossare l’hijab viola i diritti delle atlete musulmane
Il divieto imposto alle atlete musulmane francesi rappresenta una "discriminazione nella discriminazione": pur con le Olimpiadi in casa, le sportive francesi avranno meno diritti delle altre. Per le atlete della nazionale francese, indossare l’hijab è proibito dalla legge dello Stato, in contrasto invece con i valori decisamente più inclusivi e liberali delle olimpiadi. In particolare il divieto vale per le competizioni che si svolgono in Francia: non ha a che fare solo con gli imminenti Giochi olimpici e paralimpici (dal 28 agosto) ma è in vigore in diversi sport francesi (calcio, pallavolo, pallacanestro), sia a livello professionale che dilettantistico.
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Divieto di indossare l'hijab sportivo, “discriminazione razzista di genere”
Molte atlete musulmane, stando al divieto imposto dalla Francia, sono costrette a rinunciare non solo alla carriera ma anche agli allenamenti. Per questo motivo alcune - una minoranza che può permettersi la trasferta - scelgono di praticare lo sport all'estero.
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Per la maggior parte di loro, quelle che rimangono e si battono per far valere i propri diritti, i sentimenti prevalenti sono quelli dell'umiliazione e dell'esclusione. «Vietare alle atlete francesi di gareggiare con l'hijab sportivo ai Giochi olimpici e paralimpici riduce in ridicolo le affermazioni secondo cui Parigi 2024 sarà la prima Olimpiade equa dal punto di vista del genere e mette a nudo la discriminazione razzista di genere soggiacente all'accesso allo sport in Francia» ha dichiarato Anna Błuś, ricercatrice di Amnesty International per i diritti delle donne in Europa.
«Le norme discriminatorie che regolano l'abbigliamento femminile sono una violazione dei diritti umani delle donne e delle ragazze musulmane – continua Błuś - e hanno un impatto devastante sulla loro partecipazione allo sport. Questo blocca gli sforzi per rendere gli sport più inclusivi e accessibili».
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Perché il divieto francese contraddice le regole degli organismi sportivi nazionali
I divieti imposti in Francia sui copricapi sportivi contraddicono le regole di abbigliamento degli organismi sportivi internazionali come la FIFA (Federazione Internazionale di Calcio), la FIBA (Federazione Internazionale di Basket) e la FIVB (Federazione Internazionale di Pallavolo).
Amnesty International ha esaminato le norme di 38 Paesi europei e ha scoperto che la Francia è l'unico Paese ad aver sancito il divieto di indossare copricapi religiosi a livello di leggi nazionali o di regolamenti sportivi individuali
Hélène Bâ, giocatrice di pallacanestro, ha dichiarato ad Amnesty International che il divieto di indossare l'hijab alle Olimpiadi «è una chiara violazione della Carta olimpica, dei suoi valori e delle sue norme, e una violazione dei nostri diritti e libertà fondamentali... Penso che sarà un momento vergognoso per la Francia».
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Come ha raccontato l’atleta, che non può gareggiare nella pallacanestro dall'ottobre 2023, questo divieto ha impatti concreti sulla propria vita, sportiva e personale: «Anche mentalmente è dura perché ti senti davvero esclusa. Soprattutto se vai in panchina e l'arbitro ti dice di andare a sederti in tribuna. Tutti ti vedono, è una camminata della vergogna».
«Nessun politico dovrebbe dettare ciò che una donna può o non può indossare e nessuna donna dovrebbe essere costretta a scegliere tra lo sport che ama e la sua fede, la sua identità culturale o le sue convinzioni» ha commentato la ricercatrice Anna Błuś, spiegando in modo mirato perché il divieto per le atlete francesi musulmane ci riguarda tutte.
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Le richieste di revoca
L'11 giugno, i membri della Sport & Rights Alliance e di Basket Pour Toutes hanno pubblicato una lettera indirizzata al Comitato Olimpico Internazionale (CIO) in cui si chiedeva di invitare pubblicamente le autorità sportive francesi a revocare tutti i divieti imposti alle atlete che indossano l'hijab nello sport francese, sia in occasione di Parigi 2024 che in ogni momento e a tutti i livelli dello sport.
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Il 18 giugno, il CIO ha risposto alle organizzazioni affermando che il divieto francese di indossare l'hijab nello sport esula dalle competenze del movimento olimpico e sostenendo che «la libertà di religione è interpretata in molti modi diversi dai vari Stati».
La risposta del CIO, quindi, non menziona altri diritti violati con l’imposizione del divieto, come la libertà di espressione
Ma le richieste di revoca non mollano la presa: «La nostra lotta non è politica o religiosa, ma è incentrata sul nostro diritto umano a partecipare allo sport», ha spiegato Founé Diawara, co-presidente del collettivo calcistico Hijabeuses.
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Le fa eco Błuś di Amnesty International: «Non è troppo tardi perché le autorità francesi, le federazioni sportive e il CIO facciano la cosa giusta e annullino tutti i divieti per le atlete che indossano l'hijab nello sport francese, sia alle Olimpiadi estive che in tutti gli sport, a tutti i livelli». Il segnale sarebbe chiaro e andrebbe verso la direzione auspicata dalle atlete: garantire la parità e il rispetto della propria differenza non solo a livello numerico, ma anche e soprattutto nel diritto della propria autodeterminazione e libertà.