Benedetta Pilato

Da Benny Pilato a Simone Biles: l’importanza di non dover “vincere per forza”

Le giovani atlete olimpiche ci danno una lezione importante: l'importante non è vincere, e si può gioire anche per avere l'opportunità di fare ciò che si ama e mettersi alla prova, anche senza portare a casa la ricompensa

Quando Benedetta Pilato è emersa dalla vasca, ancora grondante d’acqua, ha sfoggiato un sorriso luminoso e lacrime non di tristezza, ma di gioia: «È il giorno più bello della mia vita», ha detto dopo avere perso per un centesimo la medaglia di bronzo nel nuovo alle Olimpiadi di Parigi.

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Per Benedetta Pilato, 19 anni, primatista italiana nella rana sui 50 metri e sui 100 metri, un oro mondiale e quattro ori europei, è stato più che sufficiente scendere in vasca, nuotare e mettercela tutta, rappresentando il suo Paese alla più importante competizione sportiva al mondo. Eppure la reazione non è stata di ammirazione, ma di sgomento, e in alcuni casi addirittura offensiva: «Ma veramente?», le ha chiesto interdetta la giornalista di Rai Sport che l’attendeva a bordo vasca, evidentemente convinta di doversi trovare davanti un’atleta disperata e affranta.

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Benedetta Pilato e le parole inopportune di Elisa Di Francisca

Pilato dal canto suo non ha fatto passi indietro: «Ci ho provato fino alla fine, mi dispiace, ma queste sono lacrime di gioia - ha ribadito - Un anno fa non ero neanche in grado di farla questa gara. Ci ho provato dal primo metro. Questo è solo un punto di partenza. Il cambiamento mi serviva, mi ha aiutato tantissimo. Tutti si aspettavano di vedermi sul podio? Tutti tranne me». Eppure. Tempo pochi minuti, e la situazione è andata ulteriormente peggiorando: Elisa Di Francisca, ex schermitrice italiana 41enne e campionessa olimpica a Londra 2012, ospite a “Notti Olimpiche” ha ben pensato di criticare la reazione di Pilato.

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«Non mi far parlare, ti prego - ha detto in studio - Io non ci ho capito niente. Non so se ci fa o ci è, sinceramente non ci ho capito niente. Fate un’altra intervista per capire cosa voleva dire, con i sottotitoli. Sinceramente non l’ho capita. Ci è rimasta male, obiettivamente male. Non è possibile. È assurdo, è surreale questa intervista. Che ci è venuta a fare? Io rabbrividisco, dico solo questo». Parole che hanno innescato le polemiche: in tantissimi hanno preso le difese di Pilato e condannato le affermazioni di Di Francisca (tra cui Federica Pellegrini, che ha invitato a rispettare i sogni e i traguardi individuali), che alla fine ha dichiarato di avere chiamato Pilato per chiarire.

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Le aspettative altissime e il diktat (non) ufficiale: "Vincere sempre e a ogni costo"

Senza entrare nel merito del proseguo della querelle, quanto accaduto sembra dimostrare come, nel mondo dello sport, le aspettative nei confronti degli atleti siano altissime. Non solo a livello di performance, ma anche sulle reazioni da tenere in caso di risultati non centrati. In caso di sconfitta ci si aspetta reagiscano con rabbia, frustrazione e rammarico, senza lasciare spazio alla gioia derivante dall’avere avuto l’opportunità di mettersi alla prova e alla felicità e all’arricchimento rappresentate dall’esperienza in se stessa.

L’importante è vincere”, sembra insomma urlare il mondo dello sport, a qualsiasi livello lo si pratichi. Lo stesso mondo che promuove invece valori come la condivisione, il fair play, la costanza e la dedizione, l’accettazione della sconfitta come occasione di crescita e arricchimento. Lo sa bene anche una testa di serie come Simone Biles, la ginnasta più forte al mondo e la più decorata. Che nel corso della sua carriera ha vinto tutto ciò che era possibile vincere, ha dato un nome a un salto (il Biles, mai visto prima che lei lo eseguisse), e che a Parigi ha trainato la squadra delle statunitensi verso l’oro.

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La rinascita di Simone Biles

Simone Biles, che a questi Giochi Olimpici ha alternato gli sguardi concentratissimi e gli esercizi impeccabili a un sorriso luminoso, e che in pedana si è presa la rivincita dopo un momento molto buio da cui sembra non sarebbe mai uscita. Una caduta nell’oscurità che il mondo dello sport non le ha perdonato, ma che oggi sembra avere dimenticato davanti al suo ritorno e al suo successo.

Ai Giochi Olimpici di Tokyo del 2020, infatti, Biles aveva preso la sofferta decisione di ritirarsi dalla finale a squadre femminile e da tutte le finali individuali a eccezione di una. Dopo essere diventata la bandiera della ginnastica artistica in tutto il mondo, campionessa americana per eccellenza e inevitabile vincitrice e portatrice di medaglie in patria, aveva deciso di dare priorità alla sua salute mentale mentre affrontava quelli che le ginnaste chiamano “twisties”, un disturbo che si manifesta quando corpo e mente non sono sincronizzati.

«Mi sono persa in aria», aveva spiegato Simone, evitando di sottolineare quanto questa parola (e condizione) sia tabù nel mondo della ginnastica. E soprattutto quanto sia pericolosa: perdersi, appunto, mentre si volteggia in aria può significare ferirsi in modo anche molto grave. La notizia del suo ritiro aveva infiammato le polemiche e sui social il mantra era diventato quasi univoco: non una campionessa, nonostante la maturità dimostrata e la decisione di preservare prima di tutto se stessa, ma “una che molla”, “una codarda”, una che aveva lasciato la squadra a cavarsela da sola.

Biles, però, d’acciaio ha dimostrato di non avere solo i muscoli, ma anche la tempra. E dopo avere iniziato un percorso psicologico è tornata in pedana e, nel 2023, è tornata a gareggiare conquistando l’ottavo titolo nell’all-around dello U.S. Classic e il sesto titolo all-around in carriera ai Campionati del mondo di Anversa, portandosi a casa quattro medaglie d’oro nella gara a squadre, nell’all-around, alla trave e nel corpo libero, oltre che un argento al volteggio. A Parigi è arrivata come ginnasta più medagliata di sempre, dopo avere conquistato 37 podi Olimpici e iridati. E pochi giorni fa ne ha aggiunto uno, prendendosi una rivincita anche morale: «Senza talento, pigra, campionessa olimpica», ha scritto a corredo della foto che le ritrae con le compagne di squadra dopo il trionfo e la Vittorio dell’oro.

Pilato e Biles, come le altre giovani atlete che stanno conquistando podi e facendo la storia, riflettono insomma i valori che sembrano comuni alla Gen Z. L’importante non è vincere (o guadagnare tanto, o scalare la gerarchia lavorativa): l’importante è stare bene con se stessi, prendersi cura della propria salute fisica e mentale, avere chiari in mente gli obiettivi che si vogliono raggiungere e sapere quando è il moneto di prendersi una pausa o cambiare strada. Senza rimpianti e senza rimorsi.

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