L’uccisione dell’orsa Amarena e il problema del rapporto tra uomo e animali selvatici

È la notte dell’ultimo giorno di agosto, sono le ore 23.00 quando uno sparo, uno solo, irrompe nel silenzio di un piccolo paese a pochi chilometri dal Parco Nazionale d’Abruzzo. Uno sparo seguito dal verso di dolore di una mamma orsa di nome Amarena, appena uccisa brutalmente da un allevatore di zona. La storia della vicenda ha fatto velocemente il giro d’Europa richiamando l’attenzione di animalisti e persone rimaste scioccate dall’accaduto

L’orsa Amarena e i suoi due cuccioli di meno di 6 mesi erano diventate le piccole star d’Abruzzo: spesso si aggiravano innocui tra le vie di alcuni paesi della zona, tra cui quello in cui ho passato tutte le mie estati da piccola e dove la povera orsa, vergognosamente, ha trovato la morte nella sera del 31 agosto 2023. Il suo nome, Amarena, le fu dato proprio in virtù della sua golosità per le ciliegie. Era l’orsa più prolifica del Parco che conta oggi circa una cinquantina di esemplari.

Scendeva dalla montagna soprattutto per bere e per prepararsi al freddo invernale.

Nel tempo aveva imparato che l’uomo poteva essere suo amico e non doveva averne paura

Con i suoi cuccioli è stata ritratta più volte circondata da curiosi. Quella sera però, qualcosa è andato diversamente e un testimone ha raccontato al quotidiano La Repubblica: “’L’ho vista all’ingresso della città alle 22 e 15 e ho telefonato ai carabinieri. Era impaurita e le ho lasciato attraversare la strada, i due cuccioli sempre dietro. È entrata in un giardino privato e ho sentito i proprietari uscire di casa e salire in auto: hanno iniziato a suonare i clacson, le hanno sparato gli abbaglianti in faccia. Si stava avvicinando al loro pollaio”.

In questo modo, l’orsa è stata allontanata, ma subito dopo, tuttavia, è entrata nella proprietà dei fratelli Leombruni che si occupano di “trasformazione carni”, producendo salami e porchette.

A questo punto della storia accade l’inaspettato: un fucile viene caricato, viene presa la mira e viene aperto il fuoco. Non verso il cielo ma verso Amarena. Subito dopo lo sparo a sangue freddo l’orsa è a terra, prova a rialzarsi ma gli arti cedono e cade di nuovo. Si trascina verso il cancello della proprietà con un proiettile nel ventre che ha causato ferite irreversibili e lì resta agonizzante fino a spegnersi.

I cuccioli si rifugiano per ore su un albero per poi tentare di ripercorrere la strada che avevano fatto con la mamma, ad oggi sono ricercati da uomini e droni. Da soli non possono sopravvivere

Oggi, ciò che ci resta è sperare che la giustizia faccia il suo corso, stando all’Ansa: “La Procura di Avezzano, pm Maurizio Maria Cerrato, ha aperto un fascicolo nei confronti del cinquantaseienne che ha ucciso ieri notte l'orsa Amarena a colpi di fucile, per il reato 544bis del codice penale, ossia chiunque procuri per crudeltà o senza necessità la morte di animali: l'uomo rischia dai 4 mesi ai 2 anni di reclusione.”

Oltre all’atto disumano accompagnato dall’enorme perdita del Parco Nazionale, quanto è successo nasce da un contatto troppo ravvicinato tra l'uomo e gli animali selvatici: con questi ultimi, infatti, non dovremmo mai venire a contatto.

Purtroppo però, questo continua a succedere in tutto il mondo e addirittura ci sono pacchetti vacanze che comprendono fotografie e coccole con leoni, scimmiette ed elefanti.

Accarezzarli, però, non gli fa bene! Il motivo? Questi animali iniziano a vederci come amici e quando si trovano di fronte a un cacciatore lo crederanno buono e non scapperanno da lui. Inoltre i cuccioli, quando accarezzati dalle nostre mani, cambieranno odore e smetteranno di essere allattati dalle mamme.

Infine, c'è da pensare al problema delle zoonosi, ossia le malattie che ci vengono trasmesse dagli animali e contro le quali non sempre abbiamo le difese giuste.


Federica Gasbarro collabora con The Wom in modo indipendente e non è in alcun modo collegata alle inserzioni pubblicitarie che possono apparire all'interno di questo contenuto.

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