Pannelli fotovoltaici nello spazio: una possibile soluzione alla crisi energetica?

In un mondo alla continua conquista dell’indipendenza energetica e di alternative sostenibili per la produzione di elettricità, ecco che dalla scienza arriva una possibile soluzione. Si tratta della cosiddetta SBSP, acronimo inglese di Space-Based Solar Power, una tecnologia che prevede l’uso di pannelli solari spediti in orbita e in grado di assorbire energia per poi mandarla sulla Terra. L’Europa sta valutando seriamente questa soluzione. Ecco perché

Come funziona il sistema? Ce lo spiega in pochi passi l’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea, ma prima non possiamo fare a meno di apprezzare i notevoli vantaggi di questa nuova frontiera tecnologica.

Uno dei benefici riguarda l’incidenza della radiazione solare che nello spazio è molto più alta rispetto a quella sulla Terra, questo perché l’atmosfera assorbe gran parte della luce mentre questa viaggia verso il suolo. Altri vantaggi sono poi il poter produrre energia h24 e non avere il problema dell’intermittenza. I parchi solari presenti sul nostro pianeta, infatti, funzionano solo di giorno e non danno il meglio quando il meteo è nuvoloso e, ovviamente, di notte.

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Sempre secondo l’ESA: “Un singolo satellite a energia solare genererebbe circa 2 gigawatt di energia, equivalente a una centrale nucleare convenzionale, in grado di alimentare più di un milione di case. Ci vorrebbero più di sei milioni di pannelli solari sulla superficie terrestre per generarne la stessa quantità”.

Quindi, come funziona?

Secondo questa soluzione, dei satelliti dotati di pannelli solari, mandati in orbita, dovrebbero assorbire e convertire in elettricità la luce del sole. Questa corrente, in una fase successiva, dovrebbe essere trasmessa sulla Terra tramite tecnologie wireless, che con precisione dovrebbero colpire celle fotovoltaiche. Qui l’energia elettromagnetica verrebbe convertita di nuovo in elettricità e, quindi, inserita in rete.

Il vantaggio del trasferimento di energia in modalità wireless è che essa può essere trasferita ovunque sia richiesta, sulla Terra, sulla Luna o in qualsiasi altro posto!

Quali sono le sfide da superare?

  • Come riferisce l’ESA sul suo sito: “per generare livelli di energia solare ottimali ed economicamente sostenibili, le strutture necessarie devono essere molto grandi, sia sulla Terra che nello spazio”. Quindi, di nuovo problemi di spazio…
  • Per assemblare un satellite a energia solare, pesante migliaia di tonnellate, avremmo bisogno di centinaia di lanci, molti di più rispetto a quelli effettuati per costruire la Stazione Spaziale Internazionale. Per questo, i satelliti a energia solare non sono ancora ritenuti del tutto economicamente competitivi anche se, secondo le ultime notizie, un barlume di fattibilità si intravede!

A che punto siamo con questa possibile soluzione?

Al momento l’ESA ha avviato un’iniziativa preparatoria denominata Solaris che vuole preparare il terreno in vista del 2025, quando l’Europa dovrà decidere se il futuro degli approvvigionamenti energetici sarà in mano alla Space-Based Solar Power. Per ora il goal principale è intraprendere studi che possano stabilirne la fattibilità tecnica, politica e programmatica ma anche vagliare gli impatti a livello ambientale, di salute e sicurezza. 

L’obiettivo è ovviamente fare in modo che l’Europa sia un traino nella corsa a soluzioni energetiche pulite e scalabili.


Federica Gasbarro collabora con The Wom in modo indipendente e non è in alcun modo collegata alle inserzioni pubblicitarie che possono apparire all'interno di questo contenuto.

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