parità di genere

Come si parla di parità di genere e diversità nelle scuole italiane?

Quanti docenti parlano di parità di genere e diversità in aula? Cosa pensano le nuove generazioni del linguaggio inclusivo e di altre questioni di genere? Dove si informano sul tema? La casa editrice Pearson ha condotto un sondaggio su più di tremila insegnanti delle scuole primarie e secondarie per scoprirlo, portando alla luce dati sorprendenti e individuando i metodi migliori per sfidare ogni tipo di pregiudizio

La parità di genere è uno degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), il programma d’azione che sette anni fa i suoi 193 paesi membri hanno sottoscritto per raggiungere traguardi comuni. In questo processo, la scuola ha un ruolo fondamentale: è il luogo in cui milioni di ragazze e ragazzi trascorrono la maggior parte del loro tempo durante anni che sono cruciali per la loro crescita non solo intellettuale, ma anche relazionale, sociale e affettiva. Tutti gli istituti si trovano quindi in “una posizione privilegiata, ma anche di grande responsabilità”, spiegano i membri del Comitato scientifico del progetto #GenerazioneParità della casa editrice Pearson.

privilegiata, perché tali contesti hanno la possibilità di incidere profondamente sul percorso formativo di bambine e bambini, ragazze e ragazzi, supportando appunto il loro percorso di ingresso nella società e nell’età adulta; responsabilità, perché si trovano nella posizione di riprodurre oppure di scardinare gli stereotipi dominanti

Ma come viene percepita la parità di genere dalle insegnanti e dagli insegnanti delle scuole primarie e secondarie di I e II grado in Italia? Una ricerca della stessa casa editrice ci aiuta a trovare risposte a questa domanda così importante per il futuro.

I dati sulla parità di genere a scuola

Secondo un sondaggio condotto su 3.484 docenti provenienti da tutta Italia, la parità di genere è un tema che interessa quasi la metà della componente studentesca (40%) e soprattutto le studentesse (39%). Allo stesso tempo, l’80% dei docenti considera il tema della parità di genere importante o molto importante e si impegna a portarlo in aula seguendo approcci e metodi molto diversi tra loro.

Più della metà infatti cerca di inserire la parità di genere all’interno degli apprendimenti “di materia” (57%), mentre un terzo sceglie di dedicare momenti specifici a questo tema (30%) e solo il 12% dichiara di affrontare raramente la questione

scuola

Per la maggior parte dei professori e delle professoresse, le nuove generazioni si dimostrano molto più consapevoli rispetto al passato (70%), mentre una piccola percentuale ritiene persino che il concetto di genere debba essere superato da quello di fluidità (9,5%).

Con “fluidità” s’intende infatti l’idea che non esista una divisione netta tra i generi (maschile/femminile), che invece vanno considerati i due poli opposti di una linea continua (o continuum) all’interno della quale ogni individuo può situarsi e, all’occorrenza, spostarsi. Lo stesso vale per l’orientamento sessuale (eterosessualità/omosessualità) o l’identità di genere (cisgender/transgender).


La fluidità e in generale il cambiamento si riflettono anche nel linguaggio, che porta a risposte molto più contraddittorie: infatti il 56,02% dei docenti pensa che i giovani utilizzino un linguaggio appropriato rispetto al concetto di parità di genere, mentre il restante 43,98% no

fluidità
Getty images

Infine, il sondaggio evidenzia che la maggior parte degli studenti e delle studentesse sente parlare di parità di genere a scuola (71%), sui social network (65%) e in famiglia (45%).

Meno pregiudizi (inconsapevoli), più diversità

Nonostante i risultati siano incoraggianti, nelle scuole italiane rimane ancora molto lavoro da fare: i pregiudizi inconsapevoli infatti non risparmiano neanche i docenti più attivi e volenterosi. Questi pensieri – come ad esempio credere che le ragazze siano naturalmente meno portate per le materie STEM o per alcuni tipi di sport – sono “la risposta immediata del cervello a persone e situazioni sulla base di esperienze precedenti e sono influenzate dal nostro background e dalla nostra cultura”, ricordano gli esperti che hanno curato la sezione teorica del volume #GenerazioneParità.


In aula, i pregiudizi inconsapevoli possono influire sul contenuto dei programmi (che riflettono i pregiudizi di chi lo prepara), sui materiali utilizzati per insegnare (che rispecchiano i pensieri di chi li ha scritti, illustrati e pubblicati) e sui metodi di insegnamento

“I pregiudizi inconsapevoli sono dunque alla base delle disuguaglianze educative, e dato che tali disuguaglianze cominciano ad apparire molto presto nel percorso scolastico, tendendo a consolidarsi e ampliarsi nel tempo, è importante intervenire il prima possibile”, ricorda il comitato scientifico.

https://www.instagram.com/p/CahujcuKqNc/

Per combatterli, la soluzione più efficace è utilizzare metodologie didattiche che stimolino studenti e studentesse a partecipare attivamente attraverso giochi di ruolo, brainstorming, l’analisi critica di pubblicità, serie TV, canzoni e l’utilizzo di tecnologie digitali.

Un buon esempio di didattica innovativa e inclusiva viene da Diversity@School, il primo videogame sulla diversità dedicato ai ragazzi e alle ragazze delle scuole primarie e secondarie di primo grado, che nasce dalla collaborazione tra il Gruppo Hera e Work Wide Women.

diversity
Diversity@School

All’interno del videogioco, una voce narrante descrive una tipica giornata di scuola di due giovani studenti, Davide e Serena, durante la quale vengono proposte diverse situazioni sulle quali chi gioca dovrà agire.

L’obiettivo dell’esperienza è stimolare alla riflessione sulla diversità come valore, per sconfiggere la paura che molto spesso accompagna la diversità di genere e di culto, il body shaming e le disabilità

Secondo Rosangela Paparella, insegnante, formatrice ed ex-Garante per l’infanzia e l’adolescenza nella Regione Puglia, infatti, “non basta lavorare con intenzione sulla parità di genere, [ma] bisogna tenere conto degli intrecci tra tutte le diversità che possono essere fonte di discriminazione, pensate alle differenze di tipo etnico, di classe, di religione, di abilità, di età. Questo per me è in prospettiva l’approccio più utile, più interessante”.

Andare per mano verso il futuro

Il messaggio è chiaro e il 2030 è dietro l’angolo: a detta degli esperti selezionati da Pearson,

abbiamo bisogno di lavorare per identificare e combattere i pregiudizi e gli stereotipi, aiutando prima di tutto bambine e bambini, ragazze e ragazzi, a diventare sempre più consapevoli della propria esistenza e preparandoli ad affrontarla

Per spiegare meglio l’importanza di questo tema non solo per le grandi organizzazione intergovernative, ma anche per la vita quotidiana di milioni di persone, gli specialisti portano un esempio semplice, ma efficace:

Non ci affidiamo al caso quando le nostre figlie e i nostri figli attraversano la strada, diciamo loro che è pericoloso, e li accompagniamo per mano per molti anni prima di lasciarli fare da soli. Dovremmo fare lo stesso con gli stereotipi di genere e aiutarli a entrare nella vita preparati ad affrontare il traffico in arrivo

Riproduzione riservata