Elezioni USA e politiche ambientali: cosa aspettarsi (e temere) se Trump verrà rieletto

A qualche mese dalle elezioni americane, gli Stati Uniti si trovano a un bivio cruciale. Con la candidatura repubblicana che vede in corsa l’ex Presidente Donald Trump e il senatore J.D.Vance, gli ambientalisti e gli analisti politici provano ad analizzare cosa potrebbe significare un'amministrazione del genere per le politiche ambientali ed energetiche del Paese. In questo articolo analizzeremo insieme le loro azioni passate, le dichiarazioni pubbliche e le politiche proposte, provando a tracciare una traiettoria di quella che potrebbe essere la strategia ambientale Trump-Vance

Il possibile ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, unito alla scelta di J.D.Vance come vicepresidente, fa temere una drastica inversione di marcia nelle politiche ambientali, con ripercussioni globali.

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Durante il suo primo mandato, infatti, l’ex-presidente si è distinto per una serie di azioni che hanno indebolito le politiche legate ai cambiamenti climatici

Celebre è infatti la reazione di Greta Thunberg, nota attivista, all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2019, quando ancora sedicenne, ammonì Donald Trump che decise proprio in quegli anni di uscire dagli Accordi sul Clima di Parigi 2015. Questi accordi costituiscono ancora ad oggi un trattato internazionale fondamentale per la lotta al cambiamento climatico. Un gesto, quello di Trump, che ha isolato gli Stati Uniti dalla comunità globale impegnata a ridurre le emissioni di gas serra.

La scelta di Vance come candidato alla vicepresidenza, poi, rafforza ulteriormente le preoccupazioni per il futuro. Vance infatti si è schierato apertamente con le lobby americane dei combustibili fossili, dichiarando: ”Sono scettico sull'idea che il cambiamento climatico sia causato esclusivamente dall'uomo”, e supportando il fracking, ovvero la fratturazione del suolo per estrarre gas naturale e petrolio. Una pratica quest’ultima, che consiste nella ricerca dello shale oil negli anfratti sotterranei più profondi e che ha fatto diventare l’America una potenza energetica pari a un grosso paese OPEC. Del resto, rappresentando l’Ohio che è il sesto maggiore produttore di gas naturale dell’intero paese, Vance non poteva che essere sostenitore dell’industria del petrolio che, tra le altre cose, ha finanziato e investito ingenti somme di denaro nella sua campagna elettorale per il Senato nel 2022. Eppure, prima della sua carriera politica, Vance aveva espresso preoccupazioni riguardo al cambiamento climatico.

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Donald Trump insieme a J.D. Vance
Donald Trump insieme a J.D. Vance

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I possibili risvolti ambientali dell'elezione di Donald Trump

Considerati questi precedenti, gli analisti prevedono che la loro salita alla Casa Bianca potrebbe avere i seguenti risvolti:

  • Un’ulteriore deregolamentazione in materia ambientale, che concederebbe agli stati maggiore libertà in tema di Clean Air Act e Clean Water Act, insieme a un taglio o l'eliminazione dei sussidi alle fonti rinnovabili.
  • Un’indipendenza energetica ottenuta tramite combustibili fossili e tramite l’uscita (nuovamente) dagli Accordi di Parigi. Uscita che andrebbe a ostacolare gli sforzi internazionali per combattere il cambiamento climatico.
  • Incentivi fiscali per le aziende petrolifere, del gas e del carbone.
  • La revoca di iniziative molto importanti in tema di sostenibilità.
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L'Inflation Reduction Act del 2022, una pietra miliare dell'amministrazione Biden, ha destinato ingenti fondi alle energie rinnovabili e ai veicoli elettrici. Un'amministrazione Trump-Vance potrebbe cercare di abrogare o minare tale legislazione, dato che entrambi hanno già dimostrato in passato una certa avversione. Vance nella fattispecie, una volta approdato a Capitol Hill qualche anno fa, ha votato contro questa storica legislazione e ha scritto in un editoriale: “Biden sta facendo tutto il possibile per sovvenzionare fonti energetiche alternative e demonizzare le fonti di energia più affidabili della nostra nazione". Qualche settimana dopo ha poi aggiunto: “Mentre la maggior parte degli americani desidera guidare un’auto a benzina, l’amministrazione Biden persegue una politica esplicitamente progettata per aumentare il costo della benzina. Lo fanno in nome dell’ambiente, ma tutto ciò che fanno è arricchire l’economia più sporca del mondo (chiaro riferimento alla Cina) a spese dei lavoratori automobilistici in Ohio, Pennsylvania e Michigan”.

Gli americani voteranno il 5 novembre. Una settimana dopo inizierà a Baku, Azerbaigian, la 29° Conferenza ONU sul clima: la delegazione USA sarà ancora quella dell’Amministrazione Biden (visto che per l’insediamento del nuovo presidente si dovrà attendere gennaio) ma l’eventuale vittoria di Trump la renderebbe impotente e ininfluente.

Il mondo potrebbe quindi assistere a una drammatica inversione di tendenza nelle politiche climatiche ed energetiche

L'Unione Europea poi, già alle prese con le sfide del Green Deal, potrebbe trovarsi in difficoltà se dovesse confrontarsi con una nuova amministrazione americana meno interessata alla cooperazione internazionale sul clima. Inoltre, la Cina, il più grande inquinatore del mondo, potrebbe paradossalmente emergere come leader nella transizione energetica globale, come dimostrato dal suo recente record di installazioni fotovoltaiche.

Cosa aspettarci dunque? il finale è ancora tutto da scrivere, ma se la situazione dovesse prendere una certa piega, sappiamo già che saranno anni difficilissimi per la lotta al cambiamento climatico.


Federica Gasbarro collabora con The Wom in modo indipendente e non è in alcun modo collegata alle inserzioni pubblicitarie che possono apparire all'interno di questo contenuto.

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