Aria, a Genova il progetto di bigiotteria stampata in 3D per aiutare le detenute a ricominciare

Aria è nata da un'idea di quattro donne attive nel sociale. Abbiamo parlato con una di loro, Lucia Brunelli, che ne è cuore e anima: «Da sola vai più veloce, ma non ti arricchisci e non cresci»
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«Il nome Aria è venuto per caso: ci stavamo chiedendo come chiamare il progetto: la prima detenuta che ha partecipato si chiama Ilaria, così mi è venuto spontaneo ispirarmi. Ho notato dopo come fosse appropriato anche il concetto di leggerezza e libertà». Nella voce della genovese Lucia Brunelli si intuisce il sorriso quando parla della sua “creatura”, il progetto Aria appunto, nato per agevolare il reinserimento lavorativo delle detenute del carcere femminile di Pontedecimo, a Genova.

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Il progetto è nato ormai diversi anni fa ed è finalizzato a fornire un percorso di sostegno all’istruzione e al lavoro, con le detenute impegnate a realizzare bigiotteria in resina stampata in 3D che viene poi venduta attraverso l’associazione. L’obiettivo è sviluppare un'impresa sociale autosufficiente attraverso due laboratori artigianali, uno dedicato alla bigiotteria, appunto, e uno di sartoria, coinvolgendo non solo la sezione femminile del carcere di Genova ma anche alcune persone fragili o inviate dalla salute mentale. 

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«Scopo finale è riunire entrambi i laboratori - spiega Brunelli - Grazie anche al progetto Aria le persone iniziano a entrare in contatto con la realtà lavorativa e hanno un punto di riferimento quando escono dal carcere, quando spesso si ritrovano sole. È nato all’interno del Centro di Solidarietà della Compagnia delle Opere della Liguria, la cui missione è appunto l’inserimento lavorativo di persone con fragilità ma non solo. Il cuore di questa associazione è composto da quattro donne. Riceviamo attraverso il centro per impiego tutte segnalazioni relative a persone che cercano lavoro e ci occupiamo di tutto, facendo formazione e inserimento. L’avventura è iniziata oltre 10 anni fa, quando siamo entrate in un patto legato al mondo della giustizia e delle carceri».

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Circa 12 anni fa, infatti, la direttrice dell’associazione è entrata nella sezione femminile del carcere di Pontedecimo, avviando un laboratorio di rieducazione al lavoro: «Inizialmente le detenute facevano lavoretti a punto croce e piccole cose di sartoria - spiega Brunelli - L’obiettivo era far uscire le donne dalle celle, dare loro un riscontro economico sostenuto da noi e anche uno spazio di dialogo e confronto». Dal punto croce si è passati alla bigiotteria base, con corsi di formazione sull’utilizzo di pinze, fili e altro materiale: «Abbiamo avuto da una grossa ditta la richiesta di confezionare dei lavori e poi venderli - prosegue Brunelli - e da lì è partito il laboratorio vero e proprio, con la realizzazione di collane, anelli e bracciali».

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Il periodo della pandemia di Covid-19 è stato l’occasione per specializzarsi. Brunelli e le detenute che partecipano al progetto hanno partecipato a un corso di formazione per stampa 3D a resina, e il progetto Aria ha preso la forma che ha oggi: oltre al laboratorio nella Casa Circondariale di Pontedecimo, un altro nella sede dell’associazione a Villa Ronco, Sampierdarena, e un altro ancora nella sede di Gente di Mare, alla Maddalena, nel centro storico di Genova. In questi tre luoghi i gioielli vengono progettati, realizzati e confezionati per essere poi venduti.

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L’obiettivo adesso è trasformare Aria in un’impresa sociale: «Chiaramente le nostre esigenze e le nostre tempistiche sono più lunghe - sottolinea Brunelli - più del 70% delle persone che lavora nei laboratori ha fragilità di diversa natura e non abbiamo una produzione come un negozio normale, ma il lavoro è lo strumento, non il fine. Per me questo lavoro è diventato a tempo pieno, sono sempre stata attiva spontaneamente nel sociale come istruttrice sportiva, poi come counselor. Quando mi hanno offerto questo lavoro nelle carceri ho subito accettato: era il mio sogno. Essere inseriti all’interno di un patto che oggi conta su 90 enti è un’evoluzione estremamente positiva del progetto perché così è possibile fare davvero rete. Da solo magari vai più veloce, ma non ti confronti e non ti arricchisci».

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