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Salute femminile: arriva l’intimo tech, la nuova frontiera della prevenzione

06-04-2022
Ogni donna, almeno una volta nell’arco della vita, contrae un’infezione vaginale. Come prevenirla? La tecnologia sperimentale Alma vuole rivoluzionare la diagnosi con il lancio di un sensore indossabile come un assorbente in grado di raccogliere dati sullo stato di salute del proprio fluido vaginale

«Alma è un progetto sperimentale per la salute intima femminile che combina strumenti educativi e tecnologici con l’obiettivo di destigmatizzare i tabù legati ai corpi delle donne e abbattere la cultura del silenzio», spiega Giulia Tomasello, interaction designer e co-founder di Alma. «Questo attraverso laboratori co-creativi che hanno coinvolto donne da tutto il mondo pensati per lo sviluppo di un linguaggio corporeo inclusivo e l’ideazione di un sensore che monitora i fluidi vaginali per prevenire le infezioni batteriche».

Antropologia, tecnologia e design insieme per innescare un cambiamento culturale radicale nella salute intima femminile

Giulia Tomasello riceve lo STARTS Prize da Roberto Viola (Director General DG Connect , European Com
Giulia Tomasello riceve lo STARTS Prize da Roberto Viola (Director General DG Connect , European Commission) durante il Gala of Ars Electronica, 2018.

Ma cos’è il sensore Alma? «Alma è un piccolo sensore indossabile come un assorbente non invasivo che aiuta le donne a prendersi cura di se stesse monitorando il ph e il microbiota del fluido vaginale. Potremo inserirlo nella nostra biancheria intima alla comparsa di sintomi come prurito o colore anomalo del muco», chiarisce Tomasello.

«La tecnologia - racconta - nasce nel 2018 in parallelo a Future Flora, mio progetto di tesi alla Central Saint Martins School di Londra del 2016, un kit fai-da-te per la cura delle infezioni vaginali. Il sensore, sua naturale prosecuzione, è stato ideato nei laboratori dell’Università di Cambridge insieme ai co-fondatori Tommaso Busolo, scienziato dei materiali, Ryo Mizuta, scienziato delle nanotecnologie, e Isabel Farina, antropologa medica. Anni di lavoro lo hanno reso un polimero organico flessibile, lavabile e riutilizzabile da inserire nelle mutande».

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«Alma sarà connesso a un’App dove potremo leggere i valori del pH e del microbiota del fluido vaginale così, finalmente, sarà per noi possibile combinare dati e sintomi. Andremo dal medico con uno stato d’animo diverso perchè avremo visione di quello che ci sta succedendo. In questo senso mi piace parlare di tecnologia come supporto per la nostra consapevolezza», continua, «e chissà che non potrà servire ai dottori per una prima analisi».

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Come prevenire oggi le infezioni vaginali

Dallo studio Infezioni vaginali e malattia infiammatoria pelvica di Oluwatosin Goje, specialista di malattie infettive ginecologiche, risulta che, negli Stati Uniti e in Europa, le vaginiti sono una delle cause più frequenti di consulto medico nelle donne e motivo di milioni di visite ogni anno.

Le vaginiti, in generale, possono essere di origine batterica. Tra le cause principali, vi è l’aumento del pH della vagina che provoca la diminuzione del numero di batteri protettivi che vi vivono normalmente e l’aumento di batteri che possono provocare infezioni. Il Centro Medico Santagostino rivela che ogni donna, almeno una volta nell’arco della propria vita, contrae una vaginite.

Tra le altre cose, per prevenire, alle donne oggi è consigliato indossare biancheria intima non aderente e traspirante, prendersi cura della propria igiene intima e seguire un regime di alimentazione corretto.

L’unico strumento in grado di diagnosticare un’infezione vaginale è il tampone vaginale, metodologia applicabile solo dai medici specialisti

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Cosa fare quando si sospetta una vaginite

In presenza di cambiamenti di colore, odore e/o quantità di secrezioni vaginali, prurito e/o bruciore, dolori o irritazione durante i rapporti sessuali, minzione dolorosa e sanguinamenti, è bene prenotare una visita da un medico specialista che, nella maggior parte dei casi, effettuerà un esame pelvico

Il trattamento dipende dalla causa e, per determinarla, medici e farmacisti eseguono un test anamnestico volto a raccogliere quante più informazioni mediche possibili. «Quando sospettiamo di aver contratto una vaginite, regnano confusione e frustrazione», dice Tomasello. «Cerchiamo informazioni online, ci confrontiamo con le amiche o con la famiglia. Chi può va dal dottore o in farmacia, altre usano metodi naturali e il problema, spesso, rimane».

Mentre esamina la vagina, il ginecologo rileva un campione delle secrezioni (se presenti) con un tampone e lo controlla al microscopio. Per stabilire se l’infezione è diffusa, il medico tasta utero e ovaie inserendo nella vagina l’indice e il medio protetti da un guanto e preme con l’altra mano la parte esterna inferiore dell’addome. Se questa manovra provoca dolore significativo o se è presente febbre, l’infezione può essere più o meno estesa.

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Perché non sentiamo mai parlare di infezioni vaginali 

Nel 1991, la cardiologa americana Bernardine Healy notò una forma di discriminazione di genere che aveva osservato nel suo Istituto di Cardiologia: le donne, rispetto agli uomini, risultavano meno ospedalizzate, meno sottoposte a indagini diagnostiche e terapeutiche e per nulla o poco rappresentate nelle sperimentazioni per introdurre nuovi farmaci e nuove tecnologie diagnostiche e terapeutiche.

Healy documentò questa tendenza diffusa da parte del personale medico a minimizzare l’importanza dei sintomi segnalati dal genere femminile e le diede un nome: sindrome di Yentl, citata per la prima volta sul New England Journal of Medicine in un articolo scritto da lei scritto che suscitò molta indignazione in tutto il mondo dando, però, un input alla Medicina di genere, lo studio dell’influenza delle differenze biologiche, socio-economiche e culturali sullo stato di salute e di malattia degli individui.

Ancora oggi, però, le infezioni vaginali non sembrano essere considerate un problema prioritario di salute pubblica

Il sesso femminile può attendere le terapie antalgiche di cui necessita più a lungo rispetto a quello maschile. Un'indagine, nata intorno a 92mila interventi effettuati nei pronto soccorso americani, ha dimostrato che i tempi di attesa sono, in linea generale, più lunghi per le donne. Dall’analisi è risultato anche che, a pari intensità dei sintomi dolorosi, le donne hanno meno probabilità di ricevere una terapia analgesica e, coloro le quali riescono a riceverla, aspettano più a lungo degli uomini.

Un’altra ricerca, addirittura, ha rilevato che le donne con sintomi dolorosi sono ancora vittime di “ritardi nella diagnosi, terapie improprie e di non dimostrata efficacia, mancanza di riguardo, disprezzo e discriminazione da parte del sistema sanitario". 

Alma vuole cancellare la cultura del silenzio creando uno spazio per un discorso aperto e senza pregiudizi sul corpo femminile e fornire alle donne uno strumento utile al monitoraggio della loro salute intima

Giulia Tomasello
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