Il Festival di Sanremo è lo specchio della società (patriarcale) italiana?

09-02-2023
In occasione della seconda giornata del Festival di Sanremo siamo passati dalle critiche al monologo di Chiara Ferragni e l’indignazione per il gesto di Blanco, all’ascolto partecipato di discorsi come quelli di Francesca Fagnani, giornalista e conduttrice del programma Belve, e di Pegah Moshirpour, attivista per i diritti umani

Va premesso che, ad ora, tutte le donne salite sul palco di Sanremo hanno in qualche modo dovuto dimostrare di meritarlo quel palco attraverso le loro parole e le loro riflessioni. Non si è ancora vista una donna viversi il Festival per quello che è, senza il carico ingombrante delle aspettative da parte del pubblico, del Festival stesso, della società.

Ecco perché Sanremo lo si può considerare uno specchio della società in cui viviamo, patriarcale ma con le sue sfumature, per quanto spesso si voglia vedere tutto bianco o nero, spinti dalla necessità quasi primordiale di suddividere tutto tra bene e male. Ma la vita è un po’ più complessa e interessante di così.

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In questo panorama di diatribe emergono Drusilla Foer, co-conduttrice della scorsa edizione di Sanremo e nota anche per le sue battaglie per una società più inclusiva e Pegah Moshirpour, attivista. Moshipour sale sul palco e inizia il suo discorso spiegando che in Iran non avrebbe potuto parlare di diritti umani in questo modo e che ha deciso di dare voce a una generazione cresciuta sotto il regime del terrore.

Il discorso si basa sul testo della canzone “Baraye” del musicista iraniano Shervin Hajipour, arrestato dopo averla scritta, per denunciare i diritti negati in Iran. Di seguito alcune parti del testo:

Per poter ballare per strada
 In Iran si rischiano fino a 10 anni di prigione se si balla per strada o si ascolta musica occidentale 
Per paura di baciarsi 
In Iran è proibito baciarsi e stare mano nella mano con la persona che ami
Per mia sorella, tua sorella e le nostre sorelle
In Iran si paga con la vita il desiderio di esprimere la propria femminilità Per l’imbarazzo e la vergogna
Più di 20 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà, senza soldi per mangiare
Per i bambini che perdono i loro sogni
Sono moltissimi i bambini sfruttati, che chiedono l’elemosina e vivono raccogliendo i rifiuti 
Per gli intellettuali imprigionati nella prigione di Evin ci sono più di diciottomila tra intellettuali, dissidenti e prigionieri politici che spariscono nel silenzio
Per i bambini rifugiati afghani In Iran ci sono più di 1 milione di profughi afgani, perseguitati senza possibilità di ricostruirsi una vita Per la ragazza che desiderava essere un ragazzo
In Iran essere omosessuali è punito con l’impiccagione Drusilla
Per donna, vita, libertà Insieme
Per la libertà Per la libertà Per la libertà Per la libertà

L’intervento si colloca in un contesto mediatico in cui di Iran si è smesso di parlare da un po’ di tempo, o quantomeno non se ne parla abbastanza, visto che le proteste e le ingiustizie stanno proseguendo tuttora

«Quando si parla di diritti umani non si parla sono dell’Iran, perché noi siamo cittadini del mondo e questo non ce lo dobbiamo dimenticare». È così che l’attivista Moshirpour ringrazia nelle sue storie su Instagram chi l’ha sostenuta ieri sera.

A sorprenderci ulteriormente è Francesca Fagnani, che con autorevolezza e apparente semplicità dà voce a chi non ne ha abbastanza: i giovani detenuti nelle carceri minorili. Sul palco di Sanremo porta un testo scritto con i minori reclusi nel carcere di Nisida.

Francesca Fagnani sul palco dell'Ariston
Francesca Fagnani sul palco dell'Ariston

Il tema della vita nelle carceri non è quasi mai appetibile per i media italiani e tantomeno comodo da trattare, per questo le parole che ha indirizzato allo Stato, che “non può esistere solo attraverso le forze di polizia” sono un potente booster per la consapevolezza di ogni persona in ascolto

«In Italia la prigione serve solo a punire e non a rieducare». «Chi esce dal carcere deve uscirne meglio di come è entrata». Un gesto potente e intriso di impegno civico.

A seguire tanta bellezza è arrivata la pioggia di paragoni con il monologo di Chiara Ferragni della serata precedente. Ma si tratta di due persone diverse, che nella vita percorrono strade differenti, crea davvero valore fare un confronto?

A coronare la serata è Rosa Chemical, precedentemente accusato di contribuire a rendere il Festival “l’appuntamento più gender fluid dell’anno” (e anche se fosse?). Dedica la sua canzone “a chi per una volta nella vita si è sentito sbagliato e invece era solo diverso”, creando una forte empatia con il pubblico, o almeno con quella parte di pubblico che non si è sempre sentita in accordo con i canoni proposti dalla società. Probabilmente si tratta di un pubblico molto più ampio di quello che vediamo esprimersi sui social, ma per arrivare ad ammettere un sentimento di questo tipo sono necessarie introspezione e una certa dose di sofferenza, che non tutti sono disposti a provare. E dire che è l’unico modo per crescere come individui.

In generale, tema del privilegio è quello emerso maggiormente in questi giorni: da un lato c’è chi dimostra di saperlo usare e dall’altro chi sembra non esserne del tutto consapevole.

È importante ricordare, però, che il palco dell’Ariston è un palco privilegiato. Da Sanremo non ci si aspetta un cambiamento della società, tantomeno una rivoluzione del pensiero

Abbiamo di fronte uno specchio di quello che viviamo tutti i giorni, di quello che accettiamo, di quello che ci viene fatto credere e di quello in cui scegliamo di credere. Quello che ci si può aspettare, però, è di rifletterci sopra.

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