A Milano si fa polemica sulla statua di una donna che allatta

Da qualche giorno si dibatte della decisione della Commissione Comunale, composta da esperti di belle arti, di rifiutare il posizionamento in piazza Duse dell'opera della scultrice Vera Omodeo, donata alla città

Anche la toponomastica e i monumenti sono le specchio della società, e succede sempre più spesso che stimolino il dibattito e, in alcuni casi, anche le polemiche. È successo recentemente a Milano per una particolare statua che ritrae una donna a seno nudo che allatta un neonato. Scolpita dalla scultrice Vera Omodeo, scomparsa quasi centenaria nel 2023, e donata alla città, avrebbe dovuto essere posizionata in piazza Eleonora Duse su richiesta dei figli di Omodeo, ma la Commissione Comunale di esperti incaricata di valutare le proposte di collocazione dei manufatti negli spazi pubblici cittadini ha rifiutato la richiesta. Questo perché l’opera, intitolata Dal latte materno veniamo, "rappresenta valori rispettabili ma non universalmente condivisibili".

La Commissione ha quindi suggerito che la statua venisse donata a un istituto privato, "ad esempio un ospedale o un istituto religioso, all'interno del quale sia maggiormente valorizzato il tema della maternità, qui espresso con delle sfumature squisitamente religiose". Un consiglio che ha acceso ancor più il dibattito, tanto da spingere il sindaco Beppe Sala a intervenire e perdere una posizione: «Chiederò di riesaminare la questione, perlomeno ascoltando il mio giudizio, perché non penso che urti alcuna sensibilità», ha detto il primo cittadino. 

Più tranchant i consiglieri comunali del Pd Alice Airneta e Luca Costamagna, che hanno definito le motivazioni addottate dalla commissione “inaccettabili” sottolineando che «la maternità come scelta di amore e libertà è un bene da valorizzare». L’assessora alla Cultura della Regione Lombardia, Francesca Caruso (FdI), si è offerta di ospitare in Regione appunto la statua, e Sala è nuovamente intervenuto per gettare acqua sul fuoco delle polemiche proponendo un’altra collocazione.

«Mi ha scritto Enrico Mentana, milanese vero, proponendomi di collocarla alla Mangiagalli, dove lui è nato, come tanti altri milanesi - ha scritto il sindaco - Mi sembra un bella idea, magari collocandola nei giardini che circondano l’ospedale. Sarebbe un gesto oltremodo simbolico, proprio in questo momento storico in cui la denatalità è uno dei problemi principali del nostro Paese. È sarebbe anche un omaggio ai sacrifici, non riconosciuti a dovere, che milioni di donne affrontano ogni giorno per crescerci. E questo sì che è un valore universale. Chiederò quindi alla Commissione di esaminare la mia proposta».

La statua della donna che allatta potrebbe insomma trovare una nuova collocazione presto, anche se si levano sempre più voci contrarie alla decisione della Commissione. C’è chi chiama in causa una sorta di “cancel culture” che, nell’ostinato tentativo di non offendere sensibilità, finisce (per eccesso di zelo) per fare il gioco di chi invece censura con cognizione di causa, e c’è chi ricorda che l’allattamento non ha e non deve avere alcun tipo di accezione politica o religiosa. 

«Essere o non essere, allattare o non allattare - è la riflessione condivisa da Serena Omodeo, la figlia della scultrice - sdraiarsi nella narrazione patriarcale che ha sempre "ridotto" le donne alla maternità, o riconoscere la potenza femminile e femminista intrinseca alla capacità generatrice e di cura, credere alla panzana dell'invidia del pene o essere coscienti dell'invidia dell'utero. Intanto sullo sfondo il rischio eterno di cedere un tema universale alla strumentalizzazione delle destre e dei misogini». 

In Italia meno di 200 statue dedicate alle donne

C’è poi chi sottolinea l’importanza di dare spazio alla statua di una donna scolpita da una donna. A Milano la prima statua dedicata a una donna è stata inaugurata appena 4 anni fa: era il 2021, e in piazza Belgioioso il sindaco Beppe Sala tagliava il nastro della statua di bronzo dedicata a Cristina Trivulzio di Belgiojoso, un bronzo dell'artista bresciano Giuseppe Bergomi che celebra una figura straordinariamente significativa del Risorgimento e della Milano dell’800. La successiva, annunciava Sala, sarebbe stata una statua dedicata a Margherita Hack, una promessa mantenuta. Nel 2022 una statua di bronzo raffigurante la celebra astrofisica e accademica, ritratta con lo sguardo rivolto verso il cielo, è comparsa in via Richini.

I monumenti dedicati alle grandi donne del passato in Italia restano comunque molto poche. L’associazione Mi Riconosci?, che riunisce professioniste dei beni culturali, nel 2021 ha pubblicato un censimento e una mappa interattiva, accertando che all’epoca erano i monumenti e le statue dedicati a donne realmente vissute, a personaggi letterari o leggendari e a figure anonime collettive che si trovano in spazi pubblici come piazze, giardini e strade erano 171 in tutto il Paese. Dall’elenco sono state escluse le figure allegoriche come la Patria o la Vittoria, le figure mitologiche come Venere, la Madonna e le statue che si trovano in cortili privati e pubblici (anche di scuole e ospedali) e cimiteri. Soltanto a Milano le statue dedicate a personaggi maschili storici sono 125.

Il precedente: le polemiche sulla “Spigolatrice di Sapri”

Non è inoltre la prima volta che una delle (poche) statue che raffigurano personaggi femminili finisca al centro delle polemiche. Nel settembre del 2021 a Sapri la statua della "Spigolatrice”, simbolo del Risorgimento e omaggio allo spirito patriottico italiano, aveva scatenato un aspro dibattito. Non tanto per la scelta del personaggio: la “Spigolatrice di Sapri” è la protagonista di una poesia di Luigi Mercatini, colei che, assistendo impotente alla sconfitta dei 300 uomini della spedizione di Carlo Pisacane, arrivati a Sapri nel 1857 per innescare una rivoluzione antiborbonica nel Regno delle Due Sicilie, abbandona il lavoro nei campi per seguire gli eroi del Risorgimento e unirsi alla lotta, diventando appunto un simbolo. 

Ciò che scatenò le proteste furono le fattezze della statua realizzata dall’artista Emanuele Stifano e posizionata sul lungomare: le curve del suo corpo evidenziate da una veste semitrasparente, il fondoschiena cesellato, le spalle nude e la testa voltata verso il mare a lanciare quella che a molti è sembrata un’occhiata civettuola. Tantissime le voci contrarie che si erano levate, tra cui quelle dell’allora senatrice Monica Cirinnà, che ne aveva chiesto la rimozione definendo la statua «uno schiaffo alla storia e alle donne che ancora sono solo corpi sessualizzati», e di Laura Boldrini, che si era chiesta «come possono perfino le istituzioni accettare la rappresentazione della donna come corpo sessualizzato? Il maschilismo è uno dei mali dell'Italia».

Riproduzione riservata