Cambiamento climatico: I successi e i fallimenti della COP28

Dopo quasi una settimana dalla fine di COP28, possiamo tirare qualche conclusione sui successi e i fallimenti di questa conferenza sul clima. Nonostante l’accordo venga definito da alcuni come un “successo”, restano il malcontento generale e qualche ombra. Ecco perché

Ricapitolando, gli argomenti chiave di questa COP sono stati:

  • l’accordo sui combustibili fossili
  • il fondo per le perdite ed i danni
  • la valutazione dei progressi verso gli obiettivi dell’Accordo di Parigi ed il Global Stocktake

Per quanto riguarda il primo punto, purtroppo il termine “phase out” - ovvero l'uscita dal fossile - non è sopravvissuto, ma è stato sostituito con il termine “transitare fuori”, più morbido e annacquato.

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Il secondo punto, dedicato al fondo per le perdite e i danni che mira a fornire supporto finanziario alle comunità in balia delle conseguenze del clima, è stato approvato nelle prime ore successive all’inizio dei lavori, suscitando un iniziale senso di esultanza, seguito poi da alcune critiche. I danni stimati annualmente dovrebbero ammontare a circa 400 miliardi di dollari, mentre, nell’accordo, i Paesi si sono impegnati a stanziare 700 milioni di dollari. Decisamente una cifra inferiore rispetto al necessario! Mesi fa un gruppo di Paesi in via di sviluppo aveva chiesto di arrivare almeno a 100 miliardi.

Oltre alla semplice raccolta di impegni finanziari, i partecipanti al vertice hanno dedicato tempo alla discussione su come gestire in modo significativo il fondo. Il Consiglio di Amministrazione designato avrà un ruolo chiave nel definire il quadro operativo e avviare le operazioni. Per ora, a gennaio è previsto un incontro per far partire il processo volto alla gestione di questi soldi e fare in modo che sia trasparente ed efficiente.

Riguardo invece al terzo punto, le delegazioni hanno poi valutato in che modo sciogliere il nodo del Global Stocktake (GST), in italiano “bilancio globale” delle emissioni di gas serra. Il GST è stato approvato ed è contemplato dall'art.14 dell'Accordo di Parigi. Si tratta di uno strumento che prevede la revisione periodica, ogni 5 anni, degli impegni assunti dalle nazioni aderenti per la riduzione delle emissioni di gas serra.

L'obiettivo centrale è valutare l'ambizione delle azioni intraprese da ciascuna nazione e verificare se l'insieme degli impegni globali sono sufficienti per tenere il mondo entro il “limite di sicurezza” ed evitare il peggio. Tra gli obiettivi approvati c’è stato quello di triplicare la capacità di energia rinnovabile e raddoppiare la media globale del tasso annuo di efficienza energetica entro il 2030. Purtroppo, è stata abbandonata la formula dell'“eliminazione graduale” dei combustibili fossili, tranne che per il carbone. Ad entrare per la prima volta nel testo è poi l’energia nucleare.

A destare particolare perplessità è stato il modo con cui la conferenza si è chiusa: in 3 minuti e senza dare il tempo per eventuali “opposizioni” in sala

Pochi minuti dopo l'approvazione, la rappresentante di Samoa ha preso la parola per esprimere durissime critiche sulla procedura, dichiarando: "Signor presidente, ha fatto come se noi non fossimo nella stanza", esprimendo sconcerto per il modo in cui è stata condotta la plenaria finale al fine di raggiungere l'obiettivo prefissato, a tutti i costi. Per lei, una standing ovation di tre minuti, con applausi e urla da stadio, un evento raro in conferenze internazionali di questo genere.

Questa dimostrazione di appoggio potrebbe riflettere la tensione e il dolore accumulati durante il processo decisionale da parte di alcune regioni. Del resto, a causa del cambiamento climatico, diversi Paesi nel breve termine potrebbero non esistere più.


Federica Gasbarro collabora con The Wom in modo indipendente e non è in alcun modo collegata alle inserzioni pubblicitarie che possono apparire all'interno di questo contenuto.

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