Nasce “Volitìva”, il progetto di narrazione collettiva per la tutela del diritto all’aborto
Una call pubblica per raccogliere video di 1-2 minuti, in formato orizzontale, ma anche messaggi audio anonimi, che raccontino le esperienze di interruzione di gravidanza (IG) o di interruzione volontaria di gravidanza (IVG), insieme al punto di vista di medici, esperte, attiviste sul tema dell’aborto: l’obiettivo di Volitiva, l’iniziativa lanciata dal collettivo Tutte a casa, è un film partecipato a più voci per raccontare la necessità della tutela di questo diritto.
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Una rete di donne per “fare rete”, come nasce il collettivo “Tutte a casa”
Tutte a casa è un'associazione, un collettivo e una casa di produzione al femminile. Si compone di 12 professioniste del settore audiovisivo conosciutesi virtualmente a marzo 2020 in un gruppo Facebook dedicato alle lavoratrici di cinema e tv.
Nel 2020 il collettivo ha raccontato la pandemia dal punto di vista delle donne con il documentario "Tutte a casa - memorie digitali da un mondo sospeso”, un’opera collettiva realizzata attraverso gli oltre 8.000 video-diari prodotti dalle partecipanti.
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Con un archivio digitale composto da più di 8.000 video realizzati da quasi 500 donne diverse, l’associazione ha deciso di portare avanti anche altri progetti legati sempre al tema femminile, utilizzando il proprio archivio e la narrazione documentaristica.
«Oggi sentiamo la necessità di ampliare la riflessione sul presente, attraverso lo sguardo di una moltitudine – afferma il collettivo - È il momento di dar voce alle nostre esperienze, in questo momento critico in cui il dibattito pubblico intorno all'aborto è sempre più acceso. Ogni video conta, ogni voce fa la differenza».
Diritto all’aborto, l’importanza della narrazione collettiva
Partire dalle esperienze concrete, per difendere il diritto ad abortire in modo libero è sicuro, è fondamentale nella misura in cui l’unica storia possibile sull’aborto è quella autentica, soggettiva e personale.
La call, infatti, è rivolta sia a donne che hanno scelto l’interruzione volontaria di gravidanza (tra cui l'aborto farmacologico) sia a coloro che hanno subito un aborto spontaneo. L’obiettivo è quello di fare luce anche sugli stereotipi e le pressioni psicologiche che una donna libera di abortire incontra nel processo. Il diritto all’aborto è un tema laico. Tuttavia, per la stessa impostazione della legge 194 che lo tutela, la scelta di interrompere la gravidanza si focalizza sulla vulnerabilità del feto, invece che sull’autodeterminazione delle donne.
Ne sono una prova gli ostacoli sempre maggiori che trova l’applicazione della legge 194 e l’accesso all’aborto, chirurgico e farmacologico.
In Italia, infatti, abortire è una corsa a ostacoli: come emerge dal rapporto “Aborto farmacologico in Italia: tra ritardi, opposizioni e linee guida internazionali” di Medici del Mondo, sebbene l’interruzione volontaria di gravidanza sia una prestazione che il Servizio Sanitario Nazionale è tenuto a fornire, poco più della metà delle strutture ospedaliere la effettua.
Pur essendo definita dall’Oms una procedura sicura e raccomandata per le interruzioni di gravidanza, in Italia l’aborto farmacologico è in ritardo, perché la pillola abortiva è arrivata solo nel 2009. Ciò nonostante negli anni sempre più persone l’hanno preferita al metodo chirurgico, passando dallo 0,7% nel 2010, al 20,8% nel 2018, fino al 31,9% nel 2020.
Con 182 procedure di aborto medico ogni 1000 nati, l'Italia ha uno dei tassi di aborto più bassi d’Europa. La legge 194/1978 dovrebbe garantire libero accesso all’aborto chirurgico o farmacologico, ma sembra che in Italia nei fatti non esista un vero e proprio diritto all’aborto a causa dei significativi vincoli e limitazioni, come per esempio l’alto numero di obiettori di coscienza tra ginecologi (media nazionale del 63%, con picchi del 80% in alcune regioni), medici di base e farmacisti.
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Come partecipare alla call Volitiva
Documentare le scelte, le conquiste, i corpi e le storie è quello che le professioniste di Tutte a casa vogliono fare. Per prendere al progetto e diventare una delle voci che farà parte del film partecipato, basta voler contribuire. Come spiegano dal collettivo:
«Registra dei video diari per raccontare la tua esperienza, la tua storia, condividere le tue riflessioni e conoscenze sul tema dell’aborto, IG, IVG, il sistema dei consultori familiari, le conquiste del passato. Le testimonianze possono essere anche anonime».
Le indicazioni tecniche sono altrettanto accessibili:
- gira i video in orizzontale
- puoi girare con smartphone, reflex, cellulare, iPad
- scegli un ambiente silenzioso
- mettiti a favore di luce
- registra video di massimo 3 minuti
- registra un audio vocale
- inviali a: tutteacasa@gmail.com
Difendere i diritti, usando la propria storia e voce, è il primo passo per ampliarli. E, come testimoniano i progetti portati avanti dal collettivo, insieme è più facile.