Wall of Dolls: l’opera che denuncia la violenza di genere in città
Wall of Dolls: le origini dal 2014
Il primo Wall of Dolls è nato a Milano nel 2014 e, a comporre l’installazione, sono circa 400 bambole. A ideare questa opera è stata la cantautrice e conduttrice Jo Squillo, da sempre attiva contro la violenza di genere.
Al suo fianco diverse associazioni hanno supportato il progetto, tra cui Intervita e Donne in Rete. L’opera è stata inserita nel contesto cittadino con il patrocinio del Comune di Milano e della Camera Nazionale delle Moda (CNMI)
Il muro è stato inaugurato il 21 giugno 2014 in Via De Amicis 2, nel cuore del centro storico milanese in piena Fashion Week. Ogni bambola rappresenta una donna uccisa, rifacendosi a un’antica tradizione indiana. Un messaggio forte per ricordare a tutte le persone un problema grave in un momento di grande fermento cittadino come quello della settimana della moda.
All’inaugurazione hanno partecipato anche diversi brand fashion come Stella McCartney e Alberta Ferretti, che per l’occasione hanno creato e affisso le proprie bambole.
Oltre a loro, hanno contributo all’inaugurazione del Wall of Dolls anche alcune donne sopravvissute agli abusi, come l'avvocata Lucia Annibali e Valentina Pitzalis.
L’idea era che il muro rimanesse in città per tutta la durata di Expo e che poi fosse nuovamente arricchito in occasione della Giornata contro la Violenza sulle Donne.
Un cartellone campeggia al centro del muro, dove sono segnati tutti i nomi delle vittime e le loro foto, costantemente aggiornate. In fondo all'affissione si legge la frase
Il femminicidio è un crimine contro l’umanità
Otto anni dopo, le bambole non smettono di parlare
Forse nemmeno le persone che avevano dato vita al progetto si immaginavano che sarebbe diventato un qualcosa di più di una semplice installazione.
Il Wall of Dolls si è inserito perfettamente nel tessuto della città, diventandone parte integrante. Ora è impossibile per le persone che vi vivono immaginare il muro di Via De Amicis 2 senza le bambole
L’installazione risponde esattamente a quelle che dovrebbero essere le istanze dell’arte: dare voce a un tema importante, evolvendosi continuamente e dialogando con il tessuto sociale dove è inserita l’opera.
Le persone si recano al Wall of Dolls e aggiungono nuove bambole, a ricordo di nuove vittime, foto, pensieri fiori.
Lasciare un ricordo diventa così denuncia di un problema, la cui risoluzione appare ancora lontana. Una piaga che affonda le proprie radici nel substrato culturale italiano di stampo patriarcale, nei ruoli di genere, nel maschilismo tossico e nelle difficoltà che incontrano le vittime, anche quando decidono di denunciare.
Non solo Via De Amicis: i Wall of Dolls in Italia
VEDI ANCHE CultureMedusa: quando un trend TikTok aiuta a denunciare la violenza di genereQuello del 2014 a Milano non è stata la sola installazione. Le opere sono state replicate in diverse città italiane.
Attualmente esistono dei Wall of Dolls a Roma in Via degli Acquasparta, a Genova in Piazza De Ferrari, a Venezia presso i Musei Civici, a Brescia in Via Solferino, a Trieste in Via dei Navali e a Portogruaro in Piazza Marconi. La prossima inaugurazione è prevista a Vicenza.
Wall of Dolls è inoltre diventato una Onlus, grazie al alvoro di Jo Squillo e della giornalista Francesca Carollo. L’associazione che si occupa di diversi eventi e campagne di sensibilizzazione durante tutto il corso dell’anno.
Tra questi, ad esempio, una mostra fotografica dedicata alle artiste donne a supporto della creatività femminile, e un documentario presentato alla Festival del Cinema di Venezia.
Oltre a questo, la Onlus si occupa attivamente al supporto delle donne in situazioni difficili, tramite attività come gruppi di confronto o sostegno, in collaborazione con diversi centri antiviolenza situati sul territorio, come il CADMI, (Casa di Accoglienza delle Donne Maltrattate), il C.A.DO.M. (Centro Aiuto Donne Maltrattate) il Centro Violenza La metà di niente e il Centro Antiviolenza LiberaMente di Pavia.
Il claim della Onlus è “Silence is Violence”. Per questo l’obiettivo principale del progetto, oltre ad aiutare le vittime, è far conoscere il più possibile il fenomeno.
Un’opera viva, che continua a fare riflettere
Un messaggio forte, una doverosa azione creativa contro la violenza di genere per renderla sempre meno accettabile socialmente
Così viene descritto il progetto sul sito web della Onlus Wall of Dolls.
La percezione delle persone che si trovano di fronte al muro pare essere effettivamente questa. L’installazione di Milano è infatti situata nel centro storico, a fianco alla basilica di San Lorenzo, e passandoci di fronte, si possono sentire turisti commentare turbati dalla visione delle bambole appese al muro.
Anche le persone che già conoscono l’opera, passandoci davanti, sono portate a riflettere su questo muro così difficile da ignorare
Un’opera che per alcune persone reca anche un certo fastidio, come dimostrano i continui furti o atti vandalici che negli anni hanno colpito le installazioni. Il più clamoroso di questi avvenimento risale al 2020, quando le bambole sono state bruciate da persone sconosciute.
«È come se, con quel gesto ignobile, quelle donne fossero state uccise una seconda volta» commentò la politica Silvia Roggiani relativamente all’evento.
Le bambole, sempre più lise e rovinate dagli agenti climatici e dal trascorrere del tempo, sono un monito, testimoni di una violenza che ancora nel nostro Paese non si ferma.