Afghanistan: la storia di H., insegnante che lotta per l’istruzione femminile (rischiando la vita)
Mi chiamo H., ho 26 anni, sono nata in una provincia occidentale dell’Afghanistan. Oggi vivo a Kabul e non posso dire il mio nome e dare molti dettagli della mia vita presente e passata perché potrei essere arrestata e uccisa. Sono un’insegnante e ho lottato molto nella mia vita per diventarlo. Da quando nell’agosto scorso i Talebani hanno ripreso il potere nel mio paese, dopo 20 anni di tregua, sono costretta a insegnare in scuole clandestine.
Questa che leggerete di seguito è la mia storia. Ed è la storia di tante donne che negli ultimi anni hanno visto una speranza e un futuro migliore rispetto a quello delle generazioni precedenti e che oggi, come me e come le generazioni precedenti, si trovano ad affrontare uno dei periodi più bui della storia. Loro, come me, non smettono di resistere e sperare in un futuro di libertà.
Fare l’insegnante al tempo dei Talebani
Con questa classe, il mio lavoro clandestino è cominciato due mesi fa, a inizio aprile. Da allora tengo lezioni regolari, tre volte a settimana.
Con il nostro lavoro abbiamo più di un obiettivo. Il primo è riflettere insieme sulla situazione delle donne in Afghanistan, capire cosa stia accadendo e perché, fare resistenza
Da una parte miriamo a far maturare la consapevolezza sulla situazione sociale e politica del Paese, dall’altra forniamo elementi affinché le donne si istruiscano, imparino a leggere, a contare. Qui siamo partiti dal livello più elementare, con l’alfabeto, con le regole della lingua. Le allieve sono tutte donne, non più ragazze. È importante che anche loro capiscano le insegne, così che possano muoversi con più sicurezza in città. Poi facciamo matematica, perché è importante che conoscano i numeri, che sappiano far di conto, così da essere autosufficienti.
VEDI ANCHE CultureStorie dall’Afghanistan. La vita di Reha Nawin, attivista fuggita dai TalebaniOgni persona ha un obiettivo di vita e crescendo deve poter maturare la propria consapevolezza. Io ho scelto di fare l’attivista a favore delle donne perché è importante che metà della popolazione contribuisca alla direzione che prende la società, che sia una parte attiva e non passiva
Le donne con cui ho lavorato si sono dimostrate molto interessate. In questi due mesi è già cresciuta la voglia di imparare e di capire. Per noi è importante concentrare il lavoro sulla consapevolezza delle donne. Le incoraggiamo a discutere di affari nazionali e internazionali, a ragionare sulle notizie del giorno, sulle scelte e sulle restrizioni dei Talebani, su quale futuro ci viene offerto e su quale vogliamo noi.
Non è solo importante che siano alfabetizzate, che abbiano una conoscenza di base, che sappiano leggere e fare i conti, ma che siano consapevoli, che abbiano una coscienza politica. D’altronde ci sono anche donne istruite che sostengono i Talebani: l’istruzione da sola non basta, serve la coscienza politica. In passato ho lavorato in una scuola pubblica, governativa. Era molto diverso, perché insegnavo ai bambini, il ruolo era ordinario. Qui le mie studentesse, che sono donne adulte, non hanno alcuna base di istruzione.
All’inizio è stato difficile convincerle a venire in classe. Molte non erano in grado di pronunciare il loro nome, per insicurezza, perché non erano abituate. Oggi si confrontano, scambiano opinioni e idee
La loro attenzione è cresciuta molto. Credo sia importante investire nell’istruzione e nella consapevolezza politica. I Talebani sono dei reazionari, dei fondamentalisti, sono attori di una guerra per procura: è naturale che vogliano richiudere le donne in casa, limitare la nostra presenza all’interno della società. Sanno che se le donne sviluppano maggiore consapevolezza, a loro volta quella consapevolezza l’avranno anche i loro figli, e poi tutta la società cambierà come effetto della consapevolezza delle donne. Il cambiamento sarà più profondo, se le donne diventano consapevoli dei loro diritti e di quel che possono fare.
I Talebani sono contro di noi. Ci insultano, provano a ostacolare e impedire la nostra presenza in pubblico. Ma resisteremo, ci mobiliteremo, faremo battaglie tutte insieme
Quando c’è più consapevolezza, battersi per i propri diritti è naturale.
A cura di Giuliano Battiston. Un progetto editoriale di Mondadori in collaborazione con la campagna "Emergenza Afghanistan" di COSPE.