Aya Mohamed, tra moda e attivismo: «Il personale è sempre politico»
«Grata di poter portare la mia identità e la mia voce in questo spazio di cinema e resistenza». Così Aya Mohamed, meglio conosciuta soprattutto sui social come MilanPyramid, ha celebrato il suo terzo anno di fila sul red carpet del Festival del Cinema di Venezia, dove è arrivata per assistere alla proiezione di Ainda Estou Aqui, film del regista brasiliano Walter Salles che racconta la storia di una madre che, nel Brasile sotto dittatura del 1971, lotta per dare giustizia ai suoi figli.
Classe 1996, nata in Egitto e cresciuta a Milano, Aya è un’attivista, femminista e influencer di fede musulmana tra le più seguite nel panorama italiano: oltre 31.700 follower su Instagram, si definisce “una creativa poliedrica”, e il suo lavoro di sensibilizzazione si concentra soprattutto sull'industria della moda per cercare di diffondere il più possibile un messaggio di inclusività, combattendo i pregiudizi legati al velo e in generale alla religione. Non è un caso che il suo nick name su Instagram sia MilanPyramid, la "crasi" delle sue radici: Milano, dove è cresciuta appunto, e l'Egitto, dove è nata.
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L'impegno per una società più inclusiva
Tra i temi maggiormente trattati da Aya ci sono dunque diversità, islamofobia, razzismo e femminismo. Laureata in Scienze Internazionali e Istituzioni Europee, come recita la descrizione sul sito sito, dove si spiega che «ora mira a fungere da catalizzatore della comunità, riunendo artisti provenienti da contesti SWANA (Asia sud-occidentale e Nord Africa) per impegnarsi per la rappresentanza nello spazio italiano. Il suo percorso artistico ha alimentato una passione per la fotografia, la direzione artistica e la produzione, concentrandosi su progetti che mettono in luce la cultura araba. Inoltre, Aya fa parte del comitato consultivo per Diversity, Equity, and Inclusion (DEI) presso Soho House».
Nel curriculum di Aya ci sono diverse collaborazioni con brand di moda come Prada e Gucci (a invitarla a Venezia è stato Cartier), a dimostrazione di uno dei principali obiettivi che persegue con il suo lavoro, il suo volto e la sua voce: cambiare la narrazione che ruota intorno alle donne musulmane e alla scelta di indossare l’hijab. E il messaggio lo ha portato anche sul red carpet della Laguna, indossando una candida creazione di Salvatore Vignola composta da maxi gonna, corsetto e lungo velo a cingere i capelli scuri. La collaborazione tra lo stilista e Aya è iniziata a febbraio 2024 in occasione della presentazione alla Milano Fashion Week della collezione “You Must Live”, dedicata alla Palestina, di cui Mohamed è stata curatrice. Una sfilata che si è trasformata in una performance audiovisiva cui hanno partecipato artisti palestinesi, arabi e italiani, che ha riscosso un grande successo.
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«Era la prima volta che curavo un evento di moda, ed è stata la più dura per me per il significato di questo evento nel mio cuore, ma dopo aver visto l'enorme feedback che abbiamo ricevuto mi sento molto orgogliosa di ciò che abbiamo fatto. Abbiamo realizzato tutto questo in due settimane e c'è una lista enorme di persone straordinarie che hanno reso tutto questo possibile».
L'esperienza al Festival di venezia
Al Festival di Venezia Mohamed è arrivata con lo stesso spirito e la stessa emozione, decisa a portare sul red carpet moda, inclusività, lusso e attivismo. Temi che secondo lei sono del tutto compatibili e coesistenti, oltre che potenzialmente rivoluzionari, a patto di essere sostenuti dai giusti valori.
«Essere sul red carpet di Venezia è sempre un onore, ma quest’anno è stato particolarmente speciale. Ho avuto l’opportunità di assistere al capolavoro di Walter Salles, “Aunda Estou Aqui” - ha detto Mohamed - Un lungometraggio che ci ha tenuti con il fiato sospeso per poi riempire la sala di lacrime. Ambientato nel Brasile del 1971, con intensità e delicatezza fa conoscere la storia vera di una familia che è stata strappata dalla dittatura militare. È un potente promemoria di come il personale sia sempre politico».
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