Benedetta Balestri: “Le opportunità ci circondano. Dobbiamo solo vederle e coglierle”
“Credo nel talento e nel potere della gentilezza”: così scrive Benedetta Balestri, imprenditrice digitale, sul suo profilo Linkedin. Crede talmente tanto nei talenti da averne fatto la sua professione, come vedremo fra poco. Ma quello che colpisce è questa sua cieca fiducia nella gentilezza, la convinzione che sia un valore aggiunto enorme. Colpisce perché diciamolo: attualmente, non figura certo tra quelle riconosciute all’unanimità come le chiavi del successo. Invece per Benedetta Balestri lo è, eccome.
Classe 1993, è co-founder – con Eugenio Scotto e Matteo Maffucci – nonché managing director di One Shot Group, azienda specializzata in management e comunicazione digital con focus sulla Generazione Z. Si articola in quattro unità tra cui One Shot Agency, una talent agency che rappresenta molto dei più noti creator nostrani; ne fanno parte, tra gli altri, Elisa Maino, Paola Di Benedetto e Cecilia Cantarano. Altre unità sono StraEasy, specializzata nella progettazione di strategie digitali di influencer marketing; Streamland, hub per la produzione di contenuti social live streaming; Osa Lab, che supporta progetti musicali.
Com’è iniziata la tua avventura?
Non è stato un percorso lineare. Ho un background artistico, tra l’altro ho studiato pianoforte e danza. Sognavo di dedicare la mia vita all’arte. Ma avevo anche un piano B, e alla fine ho puntato su quello: ho frequentato Economia per arte, cultura e comunicazione all’Università Bocconi e mi si sono aperte nuove opportunità. Il mondo del digital marketing mi ha permesso di unire quell’ambizione al lavoro “dietro le quinte”. Era il periodo in cui Youtube macinava numeri incredibili, prendeva forma un nuovo modo di comunicare e raccontarsi. Un modo vantaggioso anche per le aziende, perché più veloce rispetto ai canali tradizionali come la tv.
Mi sono resa conto che i tempi e i costi possono essere un limite per le idee; che però si può abbattere grazie a internet, con una buona idea e un amplificatore. Cioè un creator. Così mi sono lanciata, insieme ai miei due soci.
Torniamo al potere della gentilezza.
È una colonna portante, il fil rouge del mio cammino imprenditoriale. Noi facciamo business, è vero; offriamo servizi alle aziende, ci occupiamo di pubblicità. Ma i creator non sono meri “spazi pubblicitari”: sono persone. E lo stesso vale per i componenti del team. Credo fortemente nell’importanza di costruire un rapporto umano e cerco di trasmettere questo insegnamento anche ai creator stessi. Perché sono giovani, in molti casi non hanno ancora esperienza. Ad oggi posso dire che la gentilezza, nel mio approccio, ha sempre vinto.
Cosa significa seguire un creator?
Fare un lavoro trasversale. Definiamo gli step, gli obiettivi. Una strategia è necessaria, ma voglio ribadire che la costruzione del rapporto umano è imprescindibile. I creator emergenti hanno bisogno di consigli e supporti su più fronti; per esempio li assistiamo anche per quanto riguarda la formazione, magari indirizzandoli verso lo studio della recitazione.
Li stimoliamo all’apertura, a un dialogo sincero basato sulla fiducia. Bisogna parlare e parlarsi. Imparare a confrontarsi in modo maturo con il mercato ma tenendo i piedi per terra. Solo in questo modo è possibile dare il via a un percorso consapevole e auspicabilmente di successo.
Come mantenerlo, il successo, in un settore che corre velocissimo?
Non perdendo mai di vista il pubblico e la community. Per molti versi Instagram è stato sorpassato da TikTok, ma resta sinonimo di grandi community che devono avere motivi – nel tempo – per continuare a seguire un talento. Penso a Elisa Maino: è esplosa su TikTok che aveva solo 13 anni, oggi ne ha 20. Nell’arco di questo tempo è diventata una donna. L’obiettivo era far sì che i follower crescessero con lei, senza perdere interesse nei suoi confronti. Ci è riuscita.
Quali sono i quid che fanno la differenza?
Una motivazione forte, una grande spinta interiore. Per esempio l’esigenza di uscire dalla propria zona di comfort o addirittura da un contesto che si percepisce come “prigione”. Oppure di raccontare un contenuto nel quale si crede fortemente. Se invece l’intento è avere soldi e popolarità, in base alla mia esperienza dico che non ce la si fa.
Diciamo la verità: fare imprenditoria, per una donna, significa ancora scontrarsi con diffidenza e pregiudizi. A te è successo?
Io ho avuto una grande fortuna: incontrare Eugenio e Matteo, che sono soci ma anche sostenitori. Sono la più giovane, eppure fin da subito mi hanno dato completa fiducia per giocare questa partita insieme.
D’altra parte, confermo: essere donna e giovane è un mix che in tanti contesti continua a generare forti resistenze. Le cose stanno cambiando, lo dimostrano le numerose founder donne, ma c’è ancora parecchia strada da fare per abbattere il cliché dell’imprenditore uomo.
Insieme a Giallo Zafferano, One Shot Agency è co-founder di Zenzero, talent agency che gestisce alcuni dei food creator più seguiti.
Non potevamo rinunciare a quest’occasione: il food è un settore vivace, che si reinventa sempre e può allargarsi a tutte le piattaforme. Basti pensare ai talent show, giusto per fare un esempio, o alla capacità di legarsi ai mondi dell’intrattenimento e della moda. E poi abbatte qualsiasi target, in senso anagrafico; le creator giovanissime sono seguite anche da mia madre e mia nonna, trovo sia una cosa bellissima.
Sei volontaria di Progetto Itaca e hai partecipato allo sviluppo di Itaca Lab, un percorso di formazione per giovani creator digital. L’obiettivo è fornire gli strumenti per affrontare pubblicamente i temi legati alla salute mentale e sensibilizzare la community.
Io per prima ho sentito l’esigenza di formarmi su un tema che considero importante per me e determinante a livello generazionale. Oggi si stra-parla di salute mentale, ma spesso senza cognizione di causa e banalizzando percorsi singoli che invece non possono essere generalizzati. È stata questa la molla che mi ha portato a iniziare il percorso con progetto Itaca.
Si aggiunge il fatto che tempo fa ho sofferto di disturbi alimentari. E che sono sempre stata in contatto con il mondo dell’adolescenza. Ecco, tutte queste cose hanno tenuto alta la mia attenzione sull’argomento. Ho frequentato un corso di formazione di un anno che mi ha permesso di rivedere la mia storia personale e aperto gli occhi su tanti aspetti che non avevo considerato. Sono volontaria della linea di ascolto, ma a un certo punto mi sono chiesta come potessi contribuire con il mio lavoro. Da qui a Itaca Lab, il passo è stato naturale.
Sono coinvolti anche talent della vostra agenzia.
Sono 10 creator, di cui 7 seguiti dalla nostra agenzia. Storie molto diverse, dove il disturbo della mente fa un po’ da filo conduttore. Insieme al coraggio di raccontarsi. È importante rivelare determinate realtà, si crea un’empatia decisiva.
È importante anche prepararsi e acquisire le giuste competenze, sapere come raccontarsi. Promuovere figure come quella dello psicoterapeuta e dello psichiatra, far capire che possono salvare la vita. Fornire punti di riferimento, diffondere la consapevolezza che si può trovare supporto ed essere accompagnati in un porto sicuro.
Cosa vuoi dire a chi sta leggendo quest’intervista?
Di non fissarsi su un percorso predefinito, pensando sia indispensabile. Di tenere gli occhi aperti, perché le opportunità ci circondano: dobbiamo solo vederle e coglierle. Credo davvero che abbiamo molteplici vite di fronte a noi, mettiamo da parte l’ansia di scegliere per forza cosa fare. E fare per forza quello. Possiamo reinventarci sempre. A prescindere dall’età.