Chi è Benedetta De Luca, l’influencer che sfida pregiudizi e stereotipi sulla disabilità

Nata 34 anni fa a Salerno, è anche un'imprenditrice che ha costruito il suo brand su valori come l'inclusività, la bellezza reale e l'abbattimento delle barriere. E sul red carpet della Mostra del Cinema ha incantato e ispirato

«Non sono una modella, non ho mai fatto un programma tv e non ho mai interpretato un ruolo da protagonista in un film». Benedetta De Luca non sarà questo, ma è tanto, tanto altro. È una donna forte, fiera della sua femminilità e della sua personalità. È una influencer tra le più positive che si possa trovare, perché della sua disabilità ha fatto un manifesto di resilienza. Ed è un’imprenditrice di successo, perché ha fondato un brand (Italian Inclusive Fashion) finalizzato a realizzare capi pensati per valorizzare le donne, superando tutte le barriere: quelle architettoniche, fatte di acciaio e cemento, e quelle mentali, fatte di stereotipi e pregiudizi sulla disabilità.

Benedetta De Luca al Festival di Venezia

Nata a Salerno 34 anni fa, Benedetta De Luca era già nota e apprezzata sui social per i contenuti con cui affronta il tema della disabilità e smonta il mito della perfezione - stabilita da chi, poi - a tutti i costi: 122.000 follower su Instagram, altri 5.000 e più su Facebook, ai suoi follower ha sempre parlato con schiettezza e ironia, facendosi apprezzare proprio per questo. Il booster di popolarità, però, è arrivato con la Mostra del Cinema di Venezia, dove è arrivata per la prima del film “La scuola cattolica”, di Stefano Mordini, sfilando sul red carpet avvolta in un abito nero con scenografiche spalline rosse e un accessorio fondamentale: le sue stampelle. De Luca, infatti, è affetta da agenesia del sacro, una rara malformazione congenita che l’ha costretta a sottoporsi a 18 interventi chirurgici e a una dolorosa e difficile riabilitazione, e che lei affronta sfruttando stampelle e sedia a rotelle.

In Laguna è arrivata accompagnata dal fidanzato Piero Mascariello, e sul tappeto rosso si è mostrata in tutta la sua bellezza, nascondendo dietro un sorriso luminoso un po’ di “ansia da palcoscenico” perché «La disabilità non è solo tristezza. Credevo di non poter essere parte di questo mondo perché “troppo bassa”, con “ qualche chilo di troppo” e soprattutto, senza nasconderci dietro ad un dito, ho un’evidente disabilità. Ed invece lunedì ero lì, sfilavo orgogliosa su quel prestigioso tappeto rosso, ad una kermesse così importante - ha rivelato poi su Instagram - Non posso descrivervi le emozioni che ho provato perché ho ancora un senso di confusione mista a gioia. Ricordo il cuore a mille, al mio pensare a cosa dover fare una volta lì, a come mettermi in posa. Vedevo centinaia di fotografi che urlavano il mio nome per scattarmi delle foto, quelle luci abbaglianti ed io ero lì, fiera e sorridente. Ho posato orgogliosa, senza nascondere nulla di me, non temevo giudizi, non temevo di non essere all’altezza. Anzi, fremevo dalla voglia di mostrare al mondo quanto sia importante dar valore alla diversità, quanto sia bello poter far sentire rappresentate tante persone che vivono una situazione simile alla mia». 

Benedetta De Luca e la battaglia con l'agenesia del sacro

Un’esperienza che ha significato tanto non solo per le persone portatrici di disabilità, ma per la stessa De Luca, per cui Venezia è stata non tanto un traguardo, quanto un punto di partenza: «Ho capito di aver aggiunto un altro importante tassello a questo forte messaggio che, da tanti anni, con dedizione, impegno e ambizione, porto avanti - ha spiegato lei stessa - Lo dedico alla me bambina, sofferente in un letto di ospedale, alla me adolescente vittima di bullismo, a quelle porte in faccia, ai miei momenti no, alla mia salute labile e alla mia voglia di vivere , perché è grazie a tutto questo che sto costruendo la donna che sono oggi».

Benedetta è infatti nata con l’agenesia del sacro, malattia congenita che provoca anomalie nella parte inferiore del corpo, includendo (a seconda della gravità) le ossa del bacino e delle gambe, e che può manifestarsi con una serie di disturbi ad ampio spettro. Benedetta, che si è laureata in Giurisprudenza con la tesi “Diritti delle persone con disabilità e Costituzione”, si è sottoposta a una lunga serie di interventi chirurgici sin da quando era bambina, e nella sofferenza e nella resistenza ha forgiato il suo carattere: «Ho fatto della mia condizione uno punto di forza e di esempio per gli altri. Il mio non è un grido di pietismo o di favoritismi - spiega lei stessa - È solo un modo per trasmettere la mia voglia di vivere, di essere accettata dalla società e soprattutto la voglia di sentirmi femminile, sensuale e bella anche senza poter camminare indossando un tacco 12. Chi impone che la bellezza, la moda e la femminilità siano rappresentate solo dalla perfezione? E chi dice che una donna in carrozzina non possa essere femminile e sensuale e, perché no, perfetta?».

L'appello di Benedetta: «Vietato dire e pensare "non posso"»

«Vorrei inculcare questo mio senso di amore per se stessi a tante ragazze che non si accettano. Dobbiamo amarci allo specchio, nutrire il nostro ego ogni mattina - ribadisce De Luca - Valorizziamo i nostri punti forti, amiamo i nostri difetti. Non sarà una disabilità a limitare il mio amore infinito per la vita. La disabilità non è una condizione negativa fino a quando la società non la rende tale, basta pensare alle barriere architettoniche o al poco senso civico delle persone che parcheggiano l’auto in un posto disabili. Ma ho un senso di giustizia innato e continuerò a lottare per le ingiustizie e i soprusi, per l’integrazione e l’abbattimento non solo delle barriere architettoniche ma anche di quelle mentali».

Per farlo, Benedetta si è messa alla prova in ogni modo possibile. Nel 2014, per esempio, ha partecipato a un reality ambientato sull’isola di Tenerife, in Spagna, chiamato “L’isola sono io”, primo format dedicato ad abbattere le “barriere sociali” che circondano e spesso soffocano le persone con disabilità. Ha rappresentato la Costa d’Avorio all’Onu come delegata della Commissione UN Habitat, e poi ha percorso red carpet e partecipato a eventi mondani, ha sfilato in passerella, vinto premi e ricevuto riconoscimenti, ha portato avanti una campagna di sensibilizzazione sul turismo più sostenibile e le città accessibili. 

«Se ce l’ho fatta io, nonostante la mia disabilità, penso che chiunque possa farcela - chiarisce - Vietato pensare e dire: “non posso”. Basta armarsi di pazienza e volontà, prendere in mano le redini della propria vita e farne un capolavoro».

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