Edna O’Brien, è morta la scrittrice ma le sue ragazze rimangono: il desiderio femminile non smette di parlarci
La notizia della sua morte è stata data da PFD e da Faber, la sua agenzia letteraria e il suo editore: Edna O’Brien è morta dopo una lunga malattia, ma non sono stati dati altri dettagli. Il presidente della Repubblica d'Irlanda Michael Higgins l’ha definita «una delle prime autrici a dare una vera voce alle esperienze delle donne in Irlanda» e, tra i vari riconoscimenti che le sono stati assegnati, nel 2015 c’è stato quello di Saoi of Aosdán: la più alta onorificenza conferita dall’associazione delle artiste e degli artisti irlandesi.
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Le "ragazze di campagna", oggi come ieri
È il 1960, Edna O'Brien dall’Irlanda si trasferisce a Londra e scrive in poche settimane il suo "scandaloso" romanzo, Ragazze di campagna: il libro racconta la storia di due ragazze, Caithleen, che sogna di innamorarsi, e Babà, desiderosa di fare esperienze sessuali. Entrambe lasciano il collegio di suore nella campagna irlandese dove vivono per fuggire a Dublino.
Dopo la sua pubblicazione, in Irlanda i preti chiedono a cittadini di raccogliere il maggior numero di copie per bruciarle in piazza
Il padre di O'Brien, contadino, si rifiuta di leggerlo, mentre la madre strappa la pagina dei ringraziamenti in cui si ritrova citata aggiungendoci affianco delle parole minacciose. Il desiderio, anche sessuale, delle donne fa paura, e O'Brien lo impara subito a sue spese: le reazioni alla sua scrittura appaiono contrastanti. Da un lato inizia a profilarsi una critica cattolica che l’accusa di essere troppo esplicita (in Irlanda il libro rimane censurato per vari decenni), mentre dall'altra parte dell'oceano, scrittori come Philip Roth, la elogiano: «È la donna più capace a scrivere letteratura in inglese» dirà di lei.
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Ripubblicato di recente da Einaudi, Ragazze di campagna raccoglie per la prima volta in un unico volume le tre storie della trilogia: l'omonimo primo romanzo, pubblicato in Italia nel 1961, La ragazza sola e Ragazze nella felicità coniugale. Letti insieme, i testi dimostrano il loro valore di romanzo di formazione: settecento pagine capaci di raccontare in modo attento e minuzioso che cosa significhi intimamente crescere come giovane donna.
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«Ogni libro bello dev'essere autobiografico»: la storia di Edna O'Brien nelle sue pagine
Quando scrive, Edna O'Brien racconta anche di lei: attraverso le sue esperienze riesce a dar voce ai tormenti del cuore, al racconto dei rapporti sessuali dal punto di vista femminile, al processo di appropriazione e riappropriazione della vita delle donne.
«Ogni libro bello dev'essere autobiografico, in una certa misura, perché non possiamo fabbricare le nostre emozioni» dirà la scrittrice, aggiungendo: «Penso che molto del materiale della mia vita sia stato perfetto per la letteratura, ma una disabilità per quella che sorridendo chiamiamo vita».
La vita della scrittrice, infatti, è stata tutt’altro che lineare: «Problemi di soldi, problemi di alcol, tutti i tipi di problemi» scriverà di lei riassumendo la sua vita. Nasce nel 1930 in una contea irlandese molto rurale, la sua famiglia era composta da molti fratelli, una madre dittatoriale e un padre che amava bere e scommettere.
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Si laurea in farmacia perché era quello che volevano i genitori, sposa subito uno scrittore pur di andar via dal tetto domestico: «Sono andata da loro a lui, da una casa del controllo a un'altra».
In tutti i modi, durante la sua vita, Edna O'Brien proverà a sottrarsi allo scrutinio mediatico, lasciando la sua storia nel mistero
In un'intervista rilasciata al New York Times, dirà: «Non mi importa raccontare di chi sono stata innamorata. Sono molto salda nel mondo. L'idea che qualcuno entri ed esca dal letto è molto volgare. Credo nell'amore, non nella promiscuità, non credo siano due cose che stanno bene insieme. Sono molto romantica. Siamo molto saggi, ma i nostri cuori sono molto turbolenti».
Proprio come le protagoniste dei suoi libri, anche Edna O'Brien non ha mai smesso di riappropriarsi continuamente della sua vita: vivendo nella sua casa londinese, accogliendo amanti o inviti a club letterari, ma soprattutto scrivendo di quelle “ragazze di campagna” che oggi arrivano sino a noi per parlarci ancora.