Elena Militello, fondatrice di South Working: “Restituisco alla mia comunità di origine ciò che ho imparato altrove”
In questo periodo abbiamo e stiamo tutt’ora assistendo agli scioperi indetti dagli studenti e dalle studentesse di diverse università italiane, che richiedono affitti più bassi e che venga riconosciuto loro il diritto di accedere allo studio a prescindere dal loro punto di partenza.
Elena Militello è visiting scholar presso l’Università di Harvard e presidente e fondatrice di South Working, l’associazione no-profit che mira a migliorare l’economia delle regioni del Sud Italia e insieme a lei abbiamo cercato di capire se ci sia un modo per garantire a tutti, in tutta Italia, le stesse opportunità.
Quando e come è nato il progetto di South Working?
L’idea di South Working è nata a marzo 2020, durante il primo lockdown. All'epoca lavoravo in Lussemburgo come ricercatrice all’Università, poi sono riuscita a rientrare in Sicilia, dove ho svolto il resto del mio contratto a distanza. Durante questo periodo in Sicilia ho avuto l’intuizione di trarre qualcosa di positivo da questa esperienza di lavoro a distanza e di proporre dei periodi di lavoro da remoto anche per il futuro. Molti dei miei amici e familiari hanno dovuto andare via dalla Sicilia e poi dal Sud Italia per avere migliori opportunità di studio e di lavoro.
L’idea è nata da una consapevolezza del privilegio che mi ha permesso di andare via e trovare migliori opportunità di studio e lavoro. Da questa consapevolezza è nata la voglia di restituire qualcosa
Attraverso lo smart working ho pensato che non ci fosse più bisogno di aspettare il miglioramento di tutte le infrastrutture e delle imprese dei nostri luoghi di origine per decidere di rimanere. Proprio alla fine di quel viaggio, a fine marzo, ho cominciato a parlarne a tutta una serie di amiche e di amici che sapevo avessero iniziato a lavorare da remoto e avevano molto da dire in materia. Dopo un iniziale lancio del progetto, con i soci fondatori abbiamo presentato il progetto Global Shapers Palermo, una realtà legata al World Economic Forum per i soggetti sotto i trent'anni che si occupa di progetti locali per realizzare gli obiettivi di sostenibilità ESG dell'Agenda 2030 dell'ONU. Ne faccio parte dal 2019 ed è l'unico hub di Global Shapers in Sicilia. Abbiamo iniziato a strutturarci e a fare advocacy sensibilizzando le istituzioni ma anche i cittadini sul perché il South Working è un approccio di reciproco vantaggio fra datori di lavoro, dipendenti e territori.
Si tratta di un movimento dal basso per convincere le istituzioni ad ascoltare la voce di questi giovani professionisti che rappresentano un capitale umano molto significativo per il Sud
Qual è la differenza tra south worker e nomade digitale?
La categoria dei nomadi digitali esisteva già, seppure in numeri ridotti prima della pandemia e la loro filosofia si basa sull'idea di godersi la vita e cercare luoghi con un costo della vita meno elevato. Spesso però succede che questi gruppi non si integrino nella comunità locale in cui decidono di trasferirsi per un periodo. Ad esempio, questo è avvenuto in Indonesia a Bali e in Portogallo, dove ci sono stati grandi movimenti di contrasto alla gentrificazione da parte delle comunità locali. Il south worker, invece, lavora da dove desidera, cioè decide di trovare un luogo che ha scoperto in una visita turistica o in cui si immagina di vivere per un periodo di tempo più o meno lungo, ma al tempo stesso entra in contatto con la comunità locale e contribuisce al suo miglioramento e benessere. C’è poi una categoria di south worker di seconda e terza generazione, cioè soggetti che hanno un rapporto familiare, morale, sentimentale con i luoghi in cui scelgono di trasferirsi senza essere nati lì. Di solito sono nati nel Nord Italia e hanno parenti nel Sud Italia o nelle aree interne, così decidono di riallacciare i rapporti con quel territorio perché ritengono di avere un collegamento identitario. All’inizio rientrano per brevi periodi e poi si fermano per periodi più lunghi.
Cosa sono i presidi di comunità? E cosa significa comunità per te?
Abbiamo da sempre puntato sulla creazione di luoghi di aggregazione, quindi spazi di lavoro condiviso, spazi di coworking che abbiamo definito presìdi di comunità proprio perché non sono spazi pensati esclusivamente per il singolo lavoratore da remoto che ha esigenze di infrastrutture minime, come una buona connessione ad Internet o un collegamento relativamente veloce con un aeroporto o con una stazione. Partendo da quella fascia che abbiamo definito privilegiata, che può pretendere dalle amministrazioni comunali delle risposte, arrivano poi a beneficiarne tutte le altre fasce. Nel lungo termine li immaginiamo come aperti ai più giovani, quindi con la creazione di asili nido di prossimità o comunque prossimi al presidio di comunità stesso o centri di attività per anziani e biblioteche per studenti universitari. Parliamo di un'offerta culturale e di servizi per tutta la comunità con dei momenti di aggregazione networking e mentoring. Una delle proposte era legata al finanziamento di spazi di coworking per comuni che non avevano le disponibilità internamente a livello finanziario o di personale.
Cosa proponi nel seminario che hai elaborato per l’Università di Harvard?
Ho elaborato una proposta per tutto il Sud Europa che consiste nell’andare a sollecitare i governi sull'attribuzione dei fondi del Recovery Fund del PNRR. Quest'ultima è stata inizialmente misurata sui divari territoriali e su come migliorare la coesione fra regioni dell'Europa, ma col passare del tempo questa iniziale vocazione si è un po’ persa: alcune amministrazioni locali non erano pronte a gestire i fondi, e quindi in gran parte stanno andando ad amministrazioni che erano già sviluppate e avevano già progetti nel cassetto. Inoltre le regioni del sud Italia, insieme a Grecia, Spagna e Portogallo e ai Paesi dell'Est Europa sono le più povere e hanno il più basso PIL pro capite di tutta Europa. L'Italia, insieme alla Grecia, ha uno dei tassi più bassi di occupazione e a questo si accompagna un divario di genere molto elevato.
Qual è la situazione per quanto riguarda il tasso di disoccupazione giovanile in Italia? Quanto è difficile trovare lavoro?
Nel sud Italia, la situazione è critica se si parla di tasso di disoccupazione giovanile. La Sicilia ha un tasso di disoccupazione del 40%, per esempio.
Le statistiche che ho elaborato riportano che anche con una laurea è difficile trovare lavoro in Italia. Il tasso di occupazione dei laureati è del 33%: solo uno su tre trova lavoro in un anno
Tutto questo si riflette in una fuga dei cervelli dall'Italia verso l’estero. Il nord ovest è quello che perde più soggetti che vanno all'estero, perché da Milano spesso si va ancora ancora più lontano. Anche i tassi di migrazioni interne sono elevatissimi e sono in perdita di numeri molto maggiori rispetto all'emigrazione verso l'estero. La nostra è un'emigrazione storica, che in passato è partita dalle fasce più basse della popolazione e soltanto negli ultimi trent’anni si rivolge in maniera così massiccia a chi ha già gradi elevati d’istruzione e formazione. Preferisco parlare di migrazioni intellettuali, che è il termine accademico.
Studiando il fenomeno tramite il nostro centro di ricerca ci siamo resi ulteriormente conto della necessità di portare capitale umano sui territori. La sua presenza è collegata alla possibilità di innovazione e di fermento culturale
Non è necessario che una persona ci viva dodici mesi l’anno, anche solo la presenza costante di tante persone con background diversi possono contribuire a portare nuove idee a livello di realtà locali a supporto dei giovani soprattutto. Avere un presidio di comunità significa anche riattivare l’offerta culturale sul territorio.
Quali sono alcune delle iniziative che portate avanti per le giovani generazioni?
A Palermo abbiamo un progetto chiamato 4.0 con l'Ufficio scolastico regionale per mettere insieme i south worker e gli studenti degli istituti tecnici e professionali, così da fornire una serie di competenze digitali. Il nostro obiettivo è di creare dei progetti del genere in ogni luogo in cui c'è un presidio di comunità. Siamo sempre aperti e disponibili a tesi di laurea e internship di giovani che vogliono partecipare a specifici progetti. Uno degli ultimi progetti è quello con Liminal, un network multidisciplinare di giovani professionisti che si impegnano a rivalutare le aree rurali e le regioni interne.