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Riconoscere il washing: Ginevra Candidi racconta il marketing che ci meritiamo

È giusto cambiare il logo della propria azienda durante il mese del Pride? Come si riconoscono le aziende che promuovono davvero la parità di genere? La social media manager e digital strategist Ginevra Candidi risponde a queste e altre domande spinose sul rapporto tra aziende e attivismo attraverso Il lato b del marketing, il progetto che racconta il marketing che ci meritiamo

«Ho impiegato un po' di tempo a capire dove volevo andare, ma da quando ho conosciuto il marketing non ho avuto dubbi: questa era la mia strada», racconta Ginevra Candidi, digital strategist inclusiva e fondatrice del progetto Il lato b del marketing.

«Dopo e durante gli studi ho avuto la possibilità di svolgere diverse mansioni per il settore del giornalismo e delle ONG. Per molto tempo, però, sentivo un certo grado di frustrazione», racconta Candidi, che ha una formazione in scienze politiche e diritto internazionale. Poi è arrivata l’illuminazione:

Durante la pandemia, ho capito che il leitmotiv che aveva guidato la mia vita e le mie passioni fino a quel momento era principalmente uno: la comunicazione

Poco dopo aver capito quale fosse la sua strada, Candidi decide di unire la sua passione per la comunicazione con i suoi studi sui diritti umani e crea Il lato b del marketing, un progetto editoriale e imprenditoriale che vuole aiutare le aziende e le persone a comunicare in maniera più inclusiva.

https://www.instagram.com/p/CdyHrIBgiqU/

La comunicazione ha un ruolo fondamentale nella percezione che abbiamo del mondo: da una parte descrive quello che è la realtà (anche se spesso in modo parziale); dall’altra, spiega e racconta quale sia il modo giusto di essere

spiega la fondatrice del progetto. E aggiunge: «Tuttavia, quando questo racconto è fatto di stereotipi, pregiudizi e assenza di rappresentazione, i problemi diventano enormi, facendoci credere che se non siamo come quelle persone lì siamo sbagliate, o peggio, non esistiamo».

Come riconoscere il marketing inclusivo fatto bene

Il lato b del marketing nasce nel 2020 come un esperimento social in cui Candidi potesse mettere in pratica ciò che aveva imparato della comunicazione e dimostrare che il marketing inclusivo esiste, anche se non tutte le aziende scelgono di crederci fino in fondo.

In questi ultimi anni, le aziende sono diventate molto brave a raccontare una realtà che purtroppo non esiste

Tramite campagne, progetti e comunicazioni sporadiche, sono diversi i brand che hanno provato a dimostrare il proprio supporto per una causa sociale come la parità di genere o il cambiamento climatico», spiega Candidi, secondo cui il vero marketing inclusivo è una strategia che coinvolge l’azienda sia all’interno che all’esterno. Se lo sforzo è completamente rivolto verso l’esterno, senza nessuna ripercussione sull’organizzazione e i valori dell’impresa, allora siamo davanti a un caso di washing.

https://www.instagram.com/p/Cd59GNlMQpw/

Distinguere tra realtà e washing non è semplice, ma ci sono alcuni accorgimenti che possono aiutarci. La strategia è sempre la stessa: farsi tante domande.

Non bisogna infatti mai dimenticare di chiedersi che tipo di azienda si ha di fronte e di cercare informazioni online per controllare se i messaggi lanciati durante le campagne o nei comunicati rispecchiano effettivamente le priorità dell’impresa.

Una regola fondamentale del marketing inclusivo è: alle parole devono seguire i fatti. Dichiararsi attenti, inclusivi, a favore di una causa sociale non serve a nulla se poi non mettiamo in pratica quello che promettiamo

spiega Candidi, che, come esempio positivo, segnala Patagonia, un marchio di abbigliamento che produce facendo attenzione allo spreco di acqua e risorse e che dal 1985 devolve l'1% delle proprie vendite alla tutela e al ripristino dell'ambiente naturale, facendo seguire alle parole i fatti.

https://www.instagram.com/p/CeWDY1GARKD/

Il lato b del marketing: da esperimento social a marchio registrato

Negli ultimi due anni, Il lato b del marketing è passato da esperimento social a un progetto molto più strutturato, grazie al quale Candidi ha costruito il suo personal brand e partecipato a diversi incontri e talk.

«Il lato b del marketing ha portato cose incredibili nella mia vita. Ci sono tanti incontri che mi hanno cambiato la vita, uno tra questi è sicuramente Chiara Landi. Il lato b esisteva da poco su Instagram, ma lei fin da subito mi ha dato il suo supporto e mi ha chiesto se volessi partecipare a Social Women Talk, un evento dedicato al marketing femminista che organizza insieme a Noemi Giammusso», racconta la fondatrice del progetto. Oggi Il lato b del marketing è un marchio registrato e Candidi si dedica a svolgere consulenze di marketing inclusivo per aiutare le aziende a creare una strategia di comunicazione positiva e d’impatto.

https://www.instagram.com/p/Caow1fpAz0p/

Nonostante gli sforzi, però, non mancano le persone che credono che in fondo marketing e inclusività siano due mondi paralleli destinati a non incontrarsi mai.

Le linee di argomentazione sono spesso due: non si può più dire niente e tanto è tutto falso, una facciata,

spiega la digital strategist. Alla dittatura del ‘politicamente corretto’, Candidi risponde dicendo che in realtà non siamo mai stati così liberi e libere di dire ciò che pensiamo. «Negli anni 60, i pubblicitari (il maschile è voluto) potevano vendere un rossetto in modo abbastanza semplice: con questo rossetto sarai più sexy per tuo marito. Ora questa cosa non è più ammissibile», spiega Candidi.

Vuol dire che non possiamo parlare di essere sexy o non possiamo più vendere rossetti? Assolutamente no. Vuol dire solamente che dobbiamo trovare modi più creativi (e rispettosi) per farlo

https://www.instagram.com/p/CZrl8raA98Z/

D’altro canto, i casi di greenwashing, rainbow e pinkwashing esistono, ma secondo Candidi «vedere finalmente coppie omosessuali, persone trans* o persone nere in tv e nelle comunicazioni mainstream è un passo avanti importante.

Le aziende davvero attente alle tematiche sociali devono dare il buon esempio e dimostrare che quello che oggi chiamiamo marketing inclusivo, domani sarà semplicemente l’unico modo per fare marketing

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