La storia di Giovanna Grandón, la “zia Pikachu” che sta riscrivendo la Costituzione cilena
Prima di diventare il simbolo delle proteste che hanno cambiato profondamente la storia e la politica del Cile, Giovanna Grandón era una cittadina come tante: guidava scuolabus per lavoro (anche se in passato si era ritrovata a vendere scarpe, orologi e CD per strada per arrivare a fine mese) e viveva con il marito Jorge, ex guardia di sicurezza, e i suoi quattro figli a Peñalolén, un’area povera nella periferia est di Santiago.
Come molte altre famiglie cilene, anche quella di Grandón si era indebitata per sostenere le spese mediche di uno dei figli, mentre i risparmi che la donna aveva messo da parte per continuare a studiare da adulta erano serviti a garantire un’istruzione alla figlia. Ma è anche grazie a uno dei suoi figli, il minore, se oggi tutti la conoscono come “tía Pikachu”, o la zia Pikachu.
Da costume di Halloween a simbolo della rivoluzione
La storia della “zia Pikachu” inizia nel settembre del 2019, quando suo figlio si impossessa del cellulare del padre e spende circa 700 euro per acquistare una serie di oggetti sulla piattaforma di e-commerce AliExpress.
Grandón e il marito decidono di rivendere tutti gli acquisiti del figlio tranne un costume gonfiabile di Pikachu, che le sarebbe servito di lì a poco per festeggiare Halloween
In realtà, però, l’occasione giusta per sfoggiarlo arriva qualche giorno prima della data prevista: il 25 ottobre 2019 Giovanna Grandón e il marito scendono in piazza insieme a più di un milione di altri cittadini cileni per manifestare contro il governo dell’ex presidente Sebastián Piñera e lei sceglie di farlo vestita da Pikachu. Lo fa per gioco, e sempre con questo spirito si mette a marciare e ballare durante la protesta. A un certo punto inciampa e cade, ma nonostante il costume ingombrante riesce subito a rialzarsi e a continuare a ballare: la scena viene ripresa da un altro manifestante e diventa subito virale con il nome “Baila Pikachú”.
Alcune persone che hanno vissuto molto male i periodi di coprifuoco [dovuti alle proteste avvenute a fine 2019, ndr] mi hanno detto che il video le ha aiutate a non perdere la speranza
spiega Michelle, una delle figlie di Giovanna Grandón, al giornale The Clinic.
I manifestanti cileni continuano infatti a protestare per mesi contro la corruzione del governo, mentre la repressione delle forze dell’ordine diventa sempre più violenta causando la morte di circa trenta persone e ferendone più tremila. La “zia Pikachu” rimane fortunatamente indenne, anche se deve comprare altri quattro costumi per sostituire quelli rovinati durante le proteste.
Da semplice cittadina a membro dell’Assemblea costituente
In risposta alle intense proteste dei cittadini, il governo indice un referendum per riscrivere la Costituzione, che era stata redatta all’epoca della dittatura del generale Augusto Pinochet (1973-1990): nell’ottobre del 2020, il popolo cileno dice sì a una nuova Costituzione e decide di eleggere direttamente i 155 membri dell’organo che si occupa di scriverla, ovvero l’Assemblea costituente.
Poco meno di un anno dopo, Giovanna Grandón vince uno di quei seggi dopo essersi candidata assieme a una lista di candidati indipendenti (la Lista del Pueblo) e aver passato mesi a girare il Paese a bordo di uno scuolabus dipinto di giallo a raccontare la sua storia.
Non è semplicemente una persona che balla dentro a un costume: la zia Pikachu ha affrontato la polizia in strada per più di un anno, lottando ogni giorno e dando da mangiare ai bisognosi di tutto il paese. Non è una sorpresa se il popolo l’ha scelta per rappresentarlo durante la scrittura della nuova Costituzione. Tutti la conoscono perché rappresenta il contrario dei privilegi di classe che difende il presidente Piñera
ha commentato il responsabile della comunicazione della Lista del Pueblo al quotidiano spagnolo eldiario.es.
“Conosco qual è la situazione della popolazione perché ne faccio parte”, ha aggiunto Grandón, che fino al 2019 non si era mai occupata di politica e aveva votato una volta sola in vita sua.
Le donne sono le protagoniste del cambiamento in Cile
Da maggio 2021 Giovanna Grandón fa parte della prima Assemblea costituente al mondo che rispetta la parità di genere (dei suoi 155 membri, 77 sono donne e 78 uomini) e che per la prima volta nella storia del Cile prevede 17 seggi per rappresentare le dieci popolazioni indigene presenti sul territorio.
E se l'uguaglianza di genere è un obiettivo condiviso dai Paesi di tutto il mondo, per il Cile avere un’Assemblea paritaria vuol dire molto di più, dato che nessuna donna aveva partecipato alla stesura della Costituzione del paese nel 1980.
[All’epoca] è stata presa in considerazione solo la visione di un uomo e di un tipo d'uomo molto specifico, che era un uomo neoliberista, un uomo bianco, lasciando fuori altre prospettive come quelle delle donne
spiega a Euronews Natalia Bórquez, avvocata cilena specializzata in diritti umani.
La decisione di riscrivere la Costituzione è inoltre il punto di arrivo di un processo nel quale i gruppi femministi hanno svolto un ruolo fondamentale. Nel 2015 infatti le femministe cilene hanno fondato Ni una menos (Non una di meno), un collettivo che è riuscito ad attirare l’attenzione dei mezzi d’informazione sul femminicidio per poi diffondersi in tutto il mondo, Italia inclusa.
Quattro anni dopo, il collettivo Las Tesis ha riportato la violenza di genere al centro del dibattito attraverso la performance Un violador en tu camino, anch’essa ripresa dai collettivi femministi di tutto il mondo.
E la colpa non era mia né di dove stavo né di come vestivo. Lo stupratore eri tu
Recita la loro canzone, grazie alla quale il collettivo è stato inserito dalla rivista Time tra le 100 realtà più influenti del 2020.
Le donne dell’Assemblea costituente nel mirino
Dal giorno della sua elezione è ormai passato quasi un anno e la vita della “zia Pikachu” è cambiata molto: dalla scorsa estate si è momentaneamente allontanata dalla Lista del Pueblo, la coalizione che aveva sostenuto la sua candidatura all’Assemblea, per concentrarsi sulla scrittura della nuova Costituzione.
Pochi mesi fa alcuni manifestanti a favore della scarcerazione dei prigionieri dell’Estallido Social (il nome con cui i cileni chiamano le proteste del 2019) l’hanno insultata e aggredita nel centro di Santiago: un incidente simile a quello che ha visto come protagonista Elisa Loncón, la linguista nativa mapuche che è stata eletta nel 2021 come prima presidente dell’Assemblea costituente.
A poche ore dall’annuncio della sua vittoria erano infatti iniziati a circolare una serie di tweet discriminatori, messaggi in cui vari utenti si chiedevano se “questa indigena” sapesse leggere e fotografie false in cui Loncón veniva avvicinata alla figura di Pinochet.
La nuova presidente dell’Assemblea si era prontamente allontanata da queste accuse, affermando che nel “nuovo Cile che verrà” non ci sarebbe stato spazio per tali aggressioni: speriamo che anche la nuova presidente dell’Assemblea, María Elisa Quinteros, e il nuovo presidente del paese, Gabriel Boric, siano della stessa opinione.