Greta Tosoni, sex coach: “aiuto le persone a trovare il proprio benessere sessuale”
Che su Instagram si trovino piccoli microcosmi meravigliosi ormai è cosa nota, ma imbattersi in profili come @virginandmartyr rende bene l'idea di quanto i social possano diventare uno strumento per propagare idee e messaggi virtuosi, per fare informazione e connettere le persone.
Nato inizialmente come pagina Instagram da un'idea di Greta Tosoni, Virgin & Martyr si è evoluto in un'associazione culturale no-profit che ha l'obiettivo di "diffondere l’educazione sessuale, socio-emotiva e digitale" attraverso webinar ed eventi digitali, workshop e laboratori in presenza, conversazioni collettive, incontri per le scuole.
Tema centrale degli eventi - condotti da un team di attiviste, psicologhe, artiste e accademiche - è un concetto allargato di sessualità che abbraccia argomenti come l'immagine del proprio corpo, la cultura emozionale, la salute mentale, l'intelligenza emotiva, le barriere indotte dai condizionamenti sociali. Di tutto questo, Virgin & Martyr mira ad accrescere la consapevolezza, stimolando un processo di introspezione e di accettazione della propria sessualità, del proprio corpo, del proprio disagio psico-fisico. E a farlo sono anche post di ispirazione su Instagram. Perché l'aiuto può arrivare anche da lì.
Abbiamo fatto una chiacchierata con Greta per parlare della sua professione, di rivoluzione sessuale e di body positivity.
Ci racconti com'è nato il tuo percorso da sex coach? E che cosa fa, esattamente, un sex coach?
Sono venuta a conoscenza del sex coaching grazie al percorso di consapevolezza che ho incominciato fondando il progetto Virgin & Martyr. Ho passato i primi anni a studiare, ricercare, confrontarmi e formarmi in diversi modi sul vasto mondo della sessualità e tutto ciò che potesse riguardarlo, per cominciare a capirne la complessità, le criticità legate all’educazione sessuale che (non) riceviamo, e le possibilità che abbiamo - personalmente e collettivamente - per viverla al meglio. Questo mi ha permesso di decidere con coscienza di formarmi come sex coach in Spagna, dove la professione è più conosciuta e studiata, e in seguito di conseguire un titolo di Educatrice e Consulente Sessuale in Italia.
Per come lo intendo io, un sex coach è una persona preparata e non giudicante che accompagna le persone nel proprio percorso di benessere sessuale. È un processo in cui tramite l’ascolto attivo e la formulazione di un piano d’azione si possono raggiungere obiettivi concreti, ma che personalmente associo anche ad una parte fondamentale di educazione e consulenza sessuale. Il mio obiettivo come professionista è dare gli strumenti per poter avere più autoconsapevolezza di sé, di ciò che vogliamo e crediamo, per poter prendere scelte libere e vivere al meglio la sessualità secondo le proprie regole e potenzialità.
Il mio obiettivo come professionista è dare gli strumenti per poter avere più autoconsapevolezza di sé
In che modo è importante la figura del sex coach e come sopperisce alla mancanza di un'educazione sessuale (magari scolastica)?
Io credo che il sex coach, così come l’educatore e il consulente sessuale, siano figure “ponte” utilissime: servono proprio a “collegare” le persone con ciò che può essere loro utile per stare bene, che sia un’informazione o risorsa, altri professionisti o la consapevolezza per cambiare, evolvere e scoprirsi. Quando non riceviamo un’educazione sessuale aggiornata, completa e continua, queste figure ponte possono riempire un grande vuoto: non solo aiutano a decifrare, riconoscere ed eventualmente mettere in discussione le idee e i valori che in ogni caso ci siamo costruiti sulla sessualità, ma permettono di darsi tempo per parlare di questi temi e confrontarsi in uno scambio sicuro, accogliente e non giudicante.
Se avessimo un programma obbligatorio di educazione sessuale omnicomprensiva (che riguarda anche l’educazione socio-emotiva, affettiva e civica digitale con un approccio inclusivo e in continua evoluzione), non solo vivremmo con meno stigma, pregiudizi e stereotipi, ma non avremmo problemi a chiedere aiuto o accompagnamento ogni volta che sentiamo il bisogno di esplorarci più a fondo e stare meglio.
Se avessimo un programma obbligatorio di educazione sessuale omnicomprensiva, che riguarda anche l’educazione socio-emotiva, affettiva e civica digitale, vivremmo con meno stigma, pregiudizi e stereotipi
Chi sono, in generale, le persone che si rivolgono a te?
Tra i miei clienti di coaching e consulenza si trovano in particolare persone tra i 18 e i 35 anni circa. Una grossa parte è composta da persone che si identificano nel genere femminile e persone non-binarie, ma ho lavorato con persone di ogni genere.
Spesso portano in sessione temi legati alla vergogna, alle credenze di cui vogliono liberarsi (magari assimilate dalla famiglia o dalla cultura e in cui non si rivedono più), alla voglia di sentirsi soggetti sessuali e riscoprirsi, alle pressioni sociali e performative e alle difficoltà relazionali. In particolare è molto comune ricevere una persona per un motivo specifico, e poi ritrovarsi a parlare di tutt’altro: questo avviene perché alla base la più grande necessità e difficoltà che ho notato essere molto condivisa è quella di conoscersi, ascoltarsi e quindi capire chi siamo, come e cosa vogliamo o meno, e imparare ad accettare la nostra e altrui complessità.
Se potessero, penso si rivolgerebbero a me anche molti più ragazzi minorenni, che spesso per questioni di indipendenza economica o di ostacoli familiari non ne hanno ancora possibilità.
Quali sono, secondo te, le barriere che ancora oggi non consentono di accettare la propria identità sessuale? E come si possono abbattere?
Ci sono tanti ostacoli che ancora si interpongono tra noi e la scoperta della nostra identità sessuale: la paura dell’ignoto, dell’incertezza e della complessità. Ma anche la tendenza a semplificare tutto, a vivere secondo copioni prestabiliti e non farsi domande; il rischio di far crollare ogni certezza o base solida che pensavamo di avere; la mancanza di confronto onesto e umano, la poca accessibilità a informazioni e consapevolezze. Oppure il timore di non essere riconosciuti, accettati, o banalmente di riconoscersi diversi, cambiati o parte di un gruppo sociale che ancora molte società discriminano.
Il mio primo TEDx “Riscoprire i confini della sessualità” parla anche di questo tema, e suggerisce le due maggiori vie di risoluzione: una personale - di approccio gentile e non giudicante nei propri confronti da costruire e allenare - e una collettiva - che si lega inestricabilmente all’educazione e al confronto.
Ci sono tanti ostacoli che ancora si interpongono tra noi e la scoperta della nostra identità sessuale: la paura dell’ignoto, dell’incertezza e della complessità
Generazione Z e sessualità: sta accadendo una rivoluzione? In che modo?
Da una parte credo che siamo sempre nel mezzo di una rivoluzione, se solo ci permettiamo di sfidare la norma del nostro spazio-tempo, mettere in discussione gli standard e riscrivere una narrativa fuori dalla tradizione. La Gen Z, dalla sua, sta avendo diverse (e in un certo senso maggiori) possibilità di fare tutto questo, grazie per esempio all’evoluzione di internet e della tecnologia: non solo è ora possibile scambiare informazioni e riflessioni tra culture e paesi, aumentandone anche esponenzialmente la diffusione, ma anche di mettere in condivisione esperienze che permettono di evolvere la concezione collettiva della sessualità e di tutti i suoi aspetti in qualcosa di più libero, fluido e - ancora - complesso.
Quindi, se abbiamo l’impressione che i giovani e giovanissimi vivano il sesso, le relazioni, la propria identità in maniera “diversa” da quella delle generazioni precedenti, è sicuramente vero, ma non perché siano “speciali” o “più avanti”: piuttosto stanno (e stiamo) crescendo in condizioni che ci portano a farci più domande, a soffrire le limitazioni del modo “giusto” o “normale” di essere e vivere e non accettarle più silenziosamente.
Com'è nato il progetto Virgin & Martyr?
Virgin & Martyr nasce come pagina Instagram nel gennaio 2017. Tutto è partito dalla voglia di creare inizialmente un luogo online condiviso che rappresentasse un archivio fotografico di corpi veri, di ogni tipo. Il punto era proprio permettere alle persone di riprendere le redini della propria immagine, condividendola in questo spazio sicuro e non giudicante, confrontandosi su cosa volesse dire avere un corpo, prendersene cura e interagire con gli altri.
Da questa scintilla, grazie alla community numerosa e affiatata che si è creata, e ad una rete di attivisti, divulgatori, esperti e professionisti su cui poter contare, il progetto negli anni è evoluto in quella che oggi abbiamo l’onore di chiamare la nostra associazione culturale no-profit, impegnata nella diffusione e nel rinnovo dell’educazione sessuale, socio-emotiva e digitale. Lavoriamo online e offline con iniziative di vario tipo per contribuire a una cultura più libera da tabù e stereotipi, che celebri e rispetti l’unicità di ogni persona e i suoi diritti sessuali e civili.
Il progetto al momento conta 5 persone curatrici, 7 preziosi collaboratori e il fondamentale supporto e sostegno di tutte quelle persone che credono nei nostri valori e obiettivi e che ci danno una mano a portarli avanti.
Virgin & Martyr si è evoluto in quella che oggi abbiamo l’onore di chiamare la nostra associazione culturale no-profit, impegnata nella diffusione e nel rinnovo dell’educazione sessuale, socio-emotiva e digitale
Body positivity: stiamo davvero facendo passi avanti? Qual è la tua esperienza?
Partiamo dal fatto che le origini della body-positivity, che permetterebbero di riconoscere la vera anima di questo movimento sociale e politico, sono ancora sconosciute a molte persone.
In breve, la body-positivity nasce da concetti diffusi dal movimento per la fat acceptance nato negli Stati Uniti in ambienti femministi, neri e queer, con l’obiettivo di diffondere il messaggio per cui ogni corpo (a prescindere dallo stato di salute, dal peso, dall’abilità, dal colore della pelle o dall’identità) è valido e meritevole di rispetto, rappresentazione e dignità.
Il fatto che un movimento così complesso venga adottato da aziende commerciali il cui obiettivo primo è vendere, non può che portare ad un conseguente appiattimento del messaggio. Certo, ora quasi ogni persona conosce la parola “body-positive”, ma è probabile che l’associ a concetti più semplicistici e anche potenzialmente critici come il “bisogna amarsi per come si è” (che uno può anche provarci, ma come la mettiamo con una cultura che non te lo permette davvero?) o “celebriamo la bellezza vera” (che ancora una volta crea uno standard di cosa sia più o meno “vero” e quindi valido).
In sostanza, ritengo importante che questi discorsi escano dalla “bolla” da cui si generano e che prendano la forma di veri e propri movimenti, ma per fare reali passi avanti non serve che ce li raccontino i brand, piuttosto serve più dialogo ed educazione anche al corpo e all’immagine di sé nelle scuole e tra le persone in generale.
Cosa stai progettando per il futuro?
Al momento ho particolarmente a cuore l’evoluzione del progetto Virgin & Martyr, con sempre più incontri nelle scuole, sempre più iniziative di scambio e divulgazione sul territorio e, sognando in grande, la creazione di spazi concreti in giro per l’Italia dove portare avanti questa missione.
Ho in cantiere anche progetti legati alle consulenze e alla formazione in senso ampio, sia per professionisti e addetti ai lavori, che per genitori e insegnanti, così come progetti più creativi di laboratori e campagne di sensibilizzazione sui temi che più mi stanno a cuore.
Una cosa è certa: non smetterò di imparare, conoscere e scoprire con curiosità cosa vuol dire essere umani, e come possiamo prendere parte alla creazione di un futuro più accogliente e che ci rispecchi davvero.