Ida B. Wells: chi era la giornalista e attivista per i diritti civili a cui Mattel ha dedicato una Barbie
Da bambola da agghindare con scarpine e abiti scintillanti a simbolo della forza e dell’emancipazione femminile. Da anni ormai Mattel ha deciso di intraprendere un nuovo percorso con Barbie, uno dei suoi prodotti iconici e forse il giocattolo più famoso al mondo, e l’ultima aggiunta al catalogo è quella dedicata a Ida B. Wells, la giornalista attivista per i diritti civili che, alla fine dell’800, divenne una leader del movimento per i diritti degli afroamericani e delle donne, rischiando anche la vita per mostrare ciò che accadeva nel profondo Sud americano, tra linciaggi e schiavitù. (Qui l'articolo sulla Barbie ispirata a Samantha Cristoforetti)
La Barbie dedicata a Ida B. Wells fa parte della collezione Inspiring Women, che rende omaggio alle donne che hanno fatto la storia, «donne coraggiose che hanno rischiato, cambiato le regole e aperto la strada a generazioni di ragazze»
Disegnata da Linda Jiang, indossa un tradizionale abito blu scuro con il colletto bianco, ha i capelli raccolti in una crocchia e tiene in mano un quotidiano, il “Memphis Free Speech”, il giornale fondato nel 1881 dal reverendo Taylor Nightingale. Ida Wells fu invitata a scrivervi nel 1889, ma rifiutò di farlo a meno che non venisse inquadrata come socia alla pari. Con l’approvazione di Nightingale e l’editore J. L. Fleming, Ida acquistò quindi un terzo delle quote, diventando lei stessa l'editrice mentre Fleming assunse il ruolo di direttore aziendale e Nightingale di direttore delle vendite.
Il lavoro al Memphis Free Speech
Come giornalista investigativa e attivista contro il linciaggio, Ida B. Wells scrisse numerosi articoli di denuncia, incluso un editoriale del 21 maggio 1892 in cui confutava quella che chiamava
la vecchia menzogna logora che gli uomini neri violentano le donne bianche. Se gli uomini del Sud non fanno attenzione si potrebbe saltare a conclusioni che sarebbero molto dannose per la reputazione morale delle loro donne
Meno di una settimana dopo, il 27 maggio 1892, una folla bianca saccheggiò la sede del giornale, distruggendo l'edificio e la redazione: «Allora pensai a causare la distruzione del mio giornale da parte della folla fosse stata la difesa cavalleresca sudista della popolazione femminile, anche se sapevamo che era stata detta la verità - scriverà poi Ida nel suo diario - Ora so che era solo una scusa per fare quello che avevano sempre voluto fare, ma non avevano osato fare prima perché non avevano una buona ragione».
Il giornalismo investigativo e i primi passi nella lotta alle discriminazioni razziali
Maggiore di otto fratelli, Ida B. Wells nacque schiava a Holy Springs, nel 1862, qualche mese prima che il presidente Abraham Lincoln firmasse il proclama di emancipazione per liberare gli schiavi negli Stati Confederati d’America. I genitori, entrambi schiavi e anche loro impegnati nella battaglia per i diritti civili, e il fratello minore morirono giovani durante un’epidemia di febbre gialla, e Ida si fece carico dell'intera famiglia, che riuscì a mantenere con uno stipendio da insegnante in una scuola elementare prima di cominciare a scrivere.
Ida frequentò proprio come il padre il Rust College, ma fu espulsa per quello che venne definito “comportamento ribelle” durante una discussione con il preside
Con la morte dei genitori e la scelta di occuparsi dei fratelli senza dividerli iniziò la lotte contro la discriminazione: il fatto che gli insegnanti bianchi venissero pagati quasi il triplo di lei scatenò la sua reazione indignata, ma la situazione degenerò nel 1884, quando
un capotreno della Memphis and Charleston Railroad le ordinò di abbandonare il proprio posto nella carrozza delle signore di prima classe e di trasferirsi nel vagone per fumatori, già affollato: quando rifiutò l’uomo la trascinò fuori
Ida fece quello che le riusciva meglio: denunciò l’accaduto con un articolo che fu pubblicato nel The Living Way di Memphis, un periodico ecclesiastico nero. Poi assunse un avvocato per citare in giudizio la ferrovia e quando capì che era stato corrotto non fece alcun passo indietro, e ne aggiunse un altro.
Quello stesso anno vinse la causa, ottenendo un risarcimento di 500 dollari
E anche se la compagnia ferroviaria si appellò alla Corte suprema del Tennesse, che nel 1887 ribaltò la sentenza parlando di “desiderio di portare scompiglio”, la reazione di Ida divenne il simbolo della lotta agli abusi di potere e alla discriminazione.
Le denunce sul linciaggio e le ritorsioni
Nel corso degli anni successivi Ida B. Wells continuò il suo lavoro di denuncia specializzandosi in giornalismo investigativo, con un focus sulla “lynch law”, i linciaggi appunto ai danni di cittadini afroamericani, all’epoca legalizzati. Si concentrò sul modo in cui venivano praticati e sui motivi con cui venivano giustificati, abusi sessali o violenze contro donne bianche di cui trovò pochissime prove.
Ebbe conferma, invece, che il linciaggio veniva sfruttato per il controllo sociale ed economico e la prevaricazione
Pubblicò i suoi studi e le sue scoperte in un pamphlet intitolato “Southern Horrors: Lynch Law in All Its Phases”, “Orrori del Sud: la legge del linciaggio in tutte le sue fasi”, e continuò il suo lavoro contro le ingiustizie razziali nonostante le minacce di morte e gli attacchi alla sede del giornale. In parallelo portò avanti diverse iniziative tra cui la fondazione di un club Repubblicano femminista in Illinois per sostenere le donne che avevano da poco ottenuto il diritto di voto e la possibilità per le donne di candidarsi a incarichi nelle università. È stata anche co-fondatrice della National Association of Colored Women's Clubs e della National Association for the Advancement of Colored People.
Divisa tra lavoro, attivismo e famiglia fu tra le prime a tenere il suo cognome
A inizio del ‘900 Ida si trasferì definitivamente a Chicago, dove investì tempo ed energie per migliorare le condizioni di vita della comunità afroamericana che dal Sud rurale si stava trasferendo verso le città industriali in cerca di lavoro. Collaborò alla riforma urbana della città, cercando di bilanciare carriera, impegno politico e sociale e famiglia.
Nel 1895 si sposò infatti con Ferdinand Lee Barnett, vedovo con due figli: anche in amore fece una scelta che attirò critiche, diventando una delle prime donne statunitensi sposate a mantenere il proprio cognome oltre ad acquisire quello del marito
Ida nella coppia non cercava il romanticismo, quanto piuttosto un’intesa mentale su cui costruire qualcosa di solido e duraturo. Da Ferdinand ebbe quattro figli, Charles, Herman, Ida e Alfreda, e loro si dedicò negli ultimi anni della sua vita, parlando della difficoltà, per una donna, di bilanciare il lavoro e l’impegno politico con l’essere moglie e madre. Negli ultimi anni della sua vita si dedicò alla sua autobiografica, “Crusade For Justice”, “Crociata per la giustizia”. Fu pubblicata postuma, non venne mai finita: Ida Wells morì di uremia il 25 marzo 1931, a 68 anni, e venne sepolta nel cimitero di Oak Woods.
L’eredità di Ida B. Wells
Tanto era stata significativa in vita, tanto più lo è diventata dopo la morte.
In suo nome furono istituiti numeri premi giornalistici, in particolare quelli legati al giornalismo investigativo, a lei è stato dedicato un francobollo celebrativo nel 1990 e un intero distretto abitativo a Chicago
Nella sua città natale, Holy Springs, è stato fondato un museo in suo onore che svolge anche il compito di centro culturale sulla storia afroamericana.
Nel 2006 inoltre la Harvard Kennedy School dell’Università di Harvard ha commissionato un ritratto di Ida, e al suo nome sono legati una fondazione e un museo nati per proteggere, preservare e promuovere la sua eredità. Per Molefi Kate Asante, capo dipartimento di studi afroamericani alla Temple University e tra i più grandi esperti al mondo di questioni legate alla popolazione africana e afroamericana,
Ida B. Wells è stata una delle più grandi persone afroamericane della storia