Un amore ideale: la fotografa Jamie Diamond indaga il desiderio di maternità
Jamie Diamond, fotografa newyorkese, indaga da anni il rapporto tra autenticità e finzione all’interno del complesso sistema dei valori su cui fondiamo i legami affettivi.
Fotografia: tra documentazione e narrazione
La fotografia e l’immagine hanno un ruolo importante nella costruzione delle storie e delle memorie personali. In particolare, le foto che documentano momenti intimi contribuiscono a consolidare le narrazioni sociali in cui siamo cresciutə.
Eppure, queste storie possono essere riprodotte, costruite e, proprio per questo, decostruite. È quello che cerca di fare Jamie Diamond - fotografa che vive e lavora a Brooklyn - indagando lo spettro tra ciò che è autentico e quanto invece è una nostra proiezione, quanto è finzione e quanto invece rappresentazione: quello che resta come costante è il desiderio umano di intimità, che però può essere reale e immaginaria, organica o, addirittura, sintetica.
Attraverso la fotografia e l’intimità messa in scena, quello che Diamond vuole fare è mettere in discussione i valori sociali esistenti e le aspettative di genere che abbiamo ereditato
Declinazioni insolite dell’amore materno
All’interno del tema universale dell’amore familiare, romantico o erotico, Diamond esplora i legami emozionali più insoliti, meno codificati, come ad esempio quello instaurato con una rappresentazione assolutamente artificiale dell’essere umano.
Cos’è l’amore? Qual è il confine tra realtà e immaginazione? Quale quello tra immaginazione e finzione?
Nelle serie Forever Mothers (2012-2018) e Nine Months of Reborning (2014), Jamie Diamond documenta la vita di una comunità outsider di artiste autodidatte chiamate Reborners, che realizzano e collezionano bambole iperrealistiche con cui interagiscono per soddisfare il proprio desiderio di maternità:
Lavorare con questa comunità mi ha permesso di esplorare la zona grigia tra realtà e artificio, dove si costruiscono relazioni con oggetti inanimati, tra umano e bambola, tra artista e opera d'arte, tra inquietante e reale
Spesso, le Reborners sono donne con storie traumatiche alle spalle, e sono madri a tutti gli effetti: come recita il titolo della serie, sono madri per sempre, che hanno dato vita a una maternità sintetica ma non meno sentita.
In questa maternità non ci si sottopone fisicamente al parto, e sono assenti i problemi economici che un figlio comporta. Come afferma Diamond stessa, questa tematica ci pone davanti alla questione dell’Intelligenza artificiale:
di fronte alla possibilità di creare un surrogato che ci ami come vorremmo, abbiamo qualche obbligo nei suoi confronti?
Una buona madre: esplorare gli steretotipi sociali con la fotografia
In un altro progetto dal titolo I Promise to be a Good Mother (2007-2012), Diamond impersona la madre perfetta, indossando gli abiti di sua madre e interagendo con Annabelle, una bambola reborn. Ispirato a un diario che l’artista teneva da bambina, il progetto si è poi evoluto in una complessa esplorazione degli stereotipi sociali e delle convenzioni culturali che circondano la relazione tra madre e figlio. La quotidianità dei ritratti, scattati in un bar, in una giornata di sole al lago, su un treno, ci porta a riflettere sul desiderio di maternità e sul suo rapporto con il desiderio di esistenza in senso più ampio.
VEDI ANCHE LifestyleA Bologna, una rassegna tra arte e teatro prova a riformulare il significato di maternitàDiamond ha anche partecipato all’Eye Mama Project, lanciato nell’aprile del 2021 dalla fotografa Karni Arieli: una profilo Instagram collettivo, dove vengono pubblicate immagini della maternità realizzate durante il lockdown da fotografə di tutto il mondo che si identificano come madri. Dice Arieli: «Ho voluto coinvolgere tutte le culture, le etnie e le sessualità diverse, includendo persone che hanno perso un figlio, che hanno figli in affido o adottati, che hanno avuto figli grazie alla fecondazione assistita, genitori single, genitori divorziati, tutte le diverse varianti della maternità».
Quando è scoppiata l’emergenza da Coronavirus, nel marzo 2020, Diamond era incinta: «ero perennemente spaventata, e la mia mente era consumata dai pensieri dei peggiori scenari possibili che sarebbero potuti accadere in ospedale. Ho cominciato a scattare autoritratti come un modo di combattere l’ansia».
Grazie a progetti come questo, lo sguardo si allarga, e le narrazioni si moltiplicano.
I legami familiari e l’intimità: metterne in discussione l'immaginario
Quello che interessa a Diamond è la messa in discussione degli stereotipi sui legami, sui rapporti e sull’intimità, nell’ottica di evidenziare il nostro pregiudizio.
Per esempio, la serie Constructed Family Portraits consiste in ritratti di famiglia scattati in una stanza d’hotel a persone selezionate da Diamond, che non si erano mai incontrate prima tra di loro e che, probabilmente, non si sarebbero più riviste: il risultato consiste in una serie di immagini estremamente convincenti, e aderenti ai valori convenzionali di intimità e unione familiare.
L’immaginario della famiglia, del ritratto di famiglia in particolare, risponde a una precisa mitologia e a ideali stereotipici della vita felice: i ruoli di questa famiglia sono assegnati, quasi fossero una performance.
Mettendo in atto una vera e propria performance, quello che Diamond intende fare è dimostrare l’arbitrarietà di questi legami, che non riflettono la complessità dei rapporti esistenti
Secondo Diamond, la famiglia è impermanente tanto quanto una stanza d’hotel: eppure, la fotografia la fissa per sempre, unendo nel ricordo i destini delle persone ritratte.
Questa è una responsabilità ma anche una possibilità: attraverso la fotocamera e la sua complessa prospettiva, Diamond può lavorare tra i generi del documentario e dei tableaux, cioè delle scene costruite appositamente per lo scatto. Questo le permette di mettere in discussione il nostro immaginario.
Sull’intimità, per esempio, una solida narrazione di purezza fa sì che la pensiamo come impossibile da riprodurre. Per questa ragione, una prestazione non sessuale ma intima non potrebbe mai essere a pagamento. Eppure, in Giappone e in America sono già attivi veri e propri servizi: alcunə professionistə, chiamatə professional cuddlers, offrono l’opportunità di ricevere un contatto e un’interazione umana reale e platonica, prestando molta attenzione a limiti e consenso.
Dal momento che la natura dell’intimità evolve, anche il paradigma tradizionale della nostra soddisfazione emozionale è messo alla prova