Mariasilvia Spolato nel 2018

La storia di Mariasilvia Spolato, la prima donna ad aver fatto coming out in Italia

Ci sono persone che lottano per i loro diritti affinché le generazioni future non debbano più farlo. Una di queste è stata Mariasilvia Spolato, prima donna lesbica italiana a fare coming out in Italia. È anche grazie a lei se molte persone della comunità LGBTQIA+ non devono più nascondersi: per questo è importante ricordarla.

È l’8 marzo del 1972 e, a Roma, si sta svolgendo la manifestazione per la Giornata internazionale dei diritti della donna. È un corteo grande e partecipato: pare ci siano ventimila persone in piazza, anche se le fonti sono contrastanti. Tra le manifestanti c’è anche Jane Fonda. L’attrice americana sfila orgogliosa e viene immortalata in un’iconica foto con il pugno alzato.

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Ma quella di Jane Fonda non è l’unica foto che viene scattata quel giorno.

C’è un’altra donna che catalizza l’attenzione dei reporter. In mano porta un cartello con scritte queste parole: Liberazione Omosessuale. Quella donna è Mariasilvia Spolato

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Nei giorni successivi la foto verrà pubblicata sulla rivista Panorama. A causa di questa esposizione mediatica, Spolato sarà vittima di gravi discriminazioni che la porteranno a perdere il lavoro, la casa, la famiglia e la salute.

Chi era Mariasilvia Spolato

Mariasilvia Spolato nasce nel 1935 a Padova, da una famiglia benestante. Può permettersi di studiare e si laurea in matematica nel 1961. Dopo qualche anno di lavoro alla Pirelli di Milano, si dedica all’insegnamento della matematica e nel 1970 si trasferisce a Roma.

Spolato, secondo le testimonianze di amici e compagni di attivismo, aveva una duplice anima. Era una donna molto colta, amante di una materia razionale come la matematica, ma al tempo stesso aveva un temperamento originale e talvolta eccentrico.

Di lei dicono che fosse una persona di grande intelligenza, una donna originale e fantasiosa oltre che caparbia e molto indipendente

L’attivismo e il Fronte Liberazione Omosessuale

Nel suo periodo a Roma, Spolato entra in contatto con i gruppi femministi dell’epoca. Proprio in questo contesto nota che il punto di vista delle donne lesbiche non era quasi mai preso in considerazione. Le battaglie femministe degli anni ‘70, a suo parere, risultavano piuttosto eterocentriche, focalizzate sul ruolo della donna nel matrimonio.

Partendo da queste osservazioni decide di fondare il F.L.O. Fronte Liberazione Omosessuale.
L’assunto di base di questo movimento è che le donne lesbiche debbano liberarsi dalla “doppia oppressione” che subiscono in quanto donne e omosessuali.

Così recita il manifesto del F.L.O.:

Il Fronte di Liberazione Omosessuale si allea naturalmente con tutti i gruppi che combattono contro i razzismi sociali, ideologici e sessuali. Noi siamo per la libera espressione della sessualità, così come ogni altro mezzo comunicativo della persona umana. Ci opporremo con tutti i mezzi alla violenza attuata dalla società repressiva contro l’amore fra le persone

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Spolato si unisce inoltre al gruppo Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano (FUORI) fondato da Angelo Pezzana – un altro attivista di rilievo nella comunità LGBTQIA+ degli anni ‘70.

Arriva l’8 marzo 1972 e la pubblicazione della sua foto su Panorama: Spolato è ritratta nel suo cartello-sandwich con la scritta Liberazione omosessuale. Non sarà solo Panorama a portarla all’attenzione dell’opinione pubblica. Nello stesso periodo infatti, il Corriere della Sera la citerà con nome e cognome tra le persone partecipanti alla manifestazione del 5 aprile 1972 a Sanremo, considerato il primo Gay Pride della storia italiana.

La prima grave conseguenza di questa esposizione mediatica avviene con la perdita del posto di lavoro: Spolato viene accusata di “indegnità” all'insegnamento e per questo licenziata.

Ai tempi ancora nessuna donna italiana si era pubblicamente dichiarata lesbica. La normalità era vivere nell’ombra, per proteggersi dallo stigma sociale

Fino al 1973 l’omosessualità era presente nel DSM, il manuale che cataloga distubi psichici.
Non essere una persona eterosessuale era ritenuta una devianza, una patologia, una pervesione ed era questa la visione trasmessa dai giornali e dai media dell’epoca.
Bisognerà aspettare fino al 1990 perché l’OMS decida finalmente di depennare l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali.

Dal 1972 al 1974, nonostante la perdita del lavoro e le prime difficoltà economiche, Mariasilvia Spolato rimane ancora attiva nel mondo della politica. Ha ancora una casa, ma sempre meno soldi. La famiglia le volta le spalle senza darle alcun tipo di supporto

Questo è il periodo in cui Spolato scrive il volume I movimenti omosessuali di liberazione. Documenti, testimonianze e foto della rivoluzione omosessuale, che ancora oggi è considerato un testo di riferimento per i diritti civili. La prefazione è di Dacia Maraini, scrittrice che conosce all’interno dei circoli femministi.

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L’oblio e la riscoperta

Col passare degli anni la situazione di Mariasilvia Spolato diventa sempre più difficile. Perde la casa e per un po' è ospitata dalle persone a lei amiche, altre attiviste. Poi, pian piano di lei si perdono le tracce. Per procurarsi un posto dove dormire viaggia sui treni notturni, facendo la spola tra Roma e Bolzano.
Racconterà:

Il mio schierarmi politicamente dava fastidio, ho perso così il posto, pian piano ho finito i soldi, e da lì sono cominciate le mie storie. Dormivo da amici, perché non ero più in grado di pagarmi l’affitto. Vagavo di qua e di là, di città in città. La mia casa erano diventati i treni

Dalla metà degli anni ‘70 non si sa più nulla di lei. Diventa di fatto una persona senza fissa dimora e non partecipa più alle manifestazioni o alle riunioni. Durante gli anni ‘80 e ‘90, decenni molto importanti per la comunità LGBTQIA+, non farà mai sentire la sua voce.

Nel 2006, a seguito di problemi di salute, viene ricoverata in una casa di cura per anziani, Villa Armonia di Bolzano. È qui che nel 2018 il fotografo Lorenzo Zambello la conosce e la immortala in quelle che sono le ultime immagini che abbiamo di lei. Morirà infatti il 31 ottobre dello stesso anno.

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A seguito della sua morte, l’importanza della sua figura è tornata gradualmente alla luce. Questo è stato possibile anche a seguito delle foto di Zambello e a progetti più recenti come il podcast Prima di Sara Poma.

È anche grazie a Mariasilvia Spolato, al suo coraggio e a ciò che ha sacrificato in nome della libertà, che sono stati fatti dei passi avanti nella lunga lotta per i diritti civili. Tuttavia, anche se ora vi è più attenzione e rispetto, le discriminazioni nei confronti della comunità LGBTQIA+ sono ancora molto diffuse.

Per questo, è importante ricordare le persone come Mariasilvia Spolato: per capire da dove veniamo e decidere quale futuro vogliamo costruire

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