«Dipingo perché sono una donna»: Marlène Dumas in mostra a Venezia
«Sono cresciuta in una tenuta vinicola in Sudafrica. Da bambina disegnavo ragazze in bikini sul retro dei pacchetti di sigarette dei visitatori. Ora sono una madre e vivo in un altro luogo che mi ricorda molto una fattoria – Amsterdam. Se ci penso, mi occupo ancora di quel tipo di immagini e immaginazione», scriveva l’artista Marlène Dumas nella sua poesia in prosa Woman and painting, pubblicata nel 1993.
Da qualche mese anche il pubblico italiano può vedere con i suoi stessi occhi che in fondo questa "ragazza di campagna" non è cambiata molto, mentre attorno a lei è cambiato quasi tutto. Marlène Dumas nasce infatti nel 1953 a Cape Town, in Sudafrica, dove cresce e studia belle arti. A 23 anni si trasferisce ad Amsterdam per proseguire gli studi, dove ancora oggi vive e lavora.
Potrei dire che il Sudafrica è il mio contenuto e l’Olanda la mia forma, ma le immagini che tratto sono familiari per chiunque, in ogni luogo. Tratto immagini di seconda mano ed esperienza di prima mano,
recita una sua poesia citata all’interno della guida al visitatore di open end, la sua prima mostra personale in Italia, i cui testi sono scritti e raccolti da Dumas e Jolie van Leeuwen in collaborazione con Roger Willems. Tra queste esperienze di prima mano figura l’apartheid, la politica di segregazione razziale in vigore in Sudafrica dal 1948 al 1991, a cui Dumas dedica numerose opere, tra cui The White Disease, dipinto nel 1985.
Il titolo metaforico The White Disease assimila il suprematismo bianco a una malattia fatale dello spirito che portò a discriminazione e indicibile crudeltà,
si legge nella guida. A pochi passi da questo dipinto si trova poi una parete bianca tappezzata di ritratti di persone bianche e nere che Dumas dipinse nel 1994 a partire da una vasta gamma di immagini fotografiche che ritraevano artisti, amici, e persino il volto di qualche nazista. In alto a sinistra svetta il ritratto di una rana, un presagio funesto che ben si sposa con il titolo dell’opera: Betrayal, tradimento.
In ogni parte del mondo il razzismo è ancora una storia al presente indicativo. Le persone bianche condividono una colpa collettiva che non sarò mai perdonata,
spiega Marlène Dumas.
Dalla Palestina alla Russia per dipingere le ingiustizie
Le disuguaglianze, e in particolare quelle sociali e di genere, sono un tema che Dumas non metterà mai da parte, come dimostrano alcune delle sue opere più recenti dedicate alla realtà dei migranti o dei civili durante periodi di guerra o conflitti internazionali.
Ne sono un esempio Canary Death, morte alle Canarie, un dipinto ispirato a una fotografia di giornale che raffigurava un migrante affogato mentre tentava di raggiungere le isole Canarie e portato a riva dalla corrente, o Figure in a Landscape, un enorme quadro che rappresenta uno dei muri che dividono i territori palestinesi da quelli occupati dalla popolazione israeliana.
Allo stesso conflitto Marlène Dumas dedica poi Death by Association, un primo piano di un giovane palestinese morto in circostanze violente e Blindfolded, il ritratto di un altro palestinese bendato dall’esercito israeliano. In altre opere Dumas ritorna sulla triste quotidianità dei civili durante la guerra, ritraendo un giovane ragazzo che si alza la maglietta per far vedere che non indossa una cintura esplosiva (No Belt) o un altro che alza le braccia per segnalare la sua presenza ai soldati in arrivo (Child Waving).
Questo è per i morti, quelli uccisi, per noi, e da noi. Per chi sta morendo adesso. Per gli ‘incidenti’ che si verificano. Le occupazioni che vanno avanti. L’irragionevole incensamento delle soluzioni militari. […] Non puoi colonizzare una terra se la definisci vuota ma quando ti metterai a far la conta dei caduti, ne troverai in abbondanza,
scriveva l’artista nel 2006. Nel 2014, in occasione della biennale europea itinerante d’arte di San Pietroburgo, Dumas decide poi di sfidare la legge russa contro la propaganda dell’omosessualità entrata in vigore nel 2013 realizzando ed esponendo 16 ritratti di famosi uomini gay o bisessuali degli ultimi due secoli, tra cui lo scrittore Oscar Wilde e il suo amante Lord Alfred Douglas, il matematico Alan Turing, il ballerino Rudolf Nureyev e il veterano statunitense Leonard Matlovich, che sulla lapide scelse di scrivere: "Quando ero nell’esercito mi hanno dato una medaglia per aver ucciso due uomini e il congedo per averne amato uno".
(Ri)portare le donne al centro dell’arte e della storia
Dipingo perché sono una donna. (È una necessità logica). Se la pittura è donna e la follia è una malattia femminile, allora tutte le pittrici sono matte e tutti i pittori sono donne,
afferma Marlène Dumas nella sua poesia Woman and painting. Una provocazione che acquisisce un enorme senso se si ripercorre la sua carriera fin dagli inizi, dalla sua prima mostra intitolata MD-light e ispirata alle fotografie pubblicate dalle riviste pornografiche.
Perché uso immagini tratte da riviste pornografiche come modelli per le mie figure, se non è la pornografia a interessarmi? È perché non riesco a vedermi quando faccio quel che faccio, non so che aspetto ho quando ti guardo,
spiega la pittrice, che nel 1995 dedica anche un’enorme tela a un gruppo di lavoratrici del sesso in attesa di un ‘visitatore’ (il titolo del quadro è infatti “The Visitor”, e non un più comune “The Client”, il cliente). Un’opera che è un perfetto esempio di female gaze, o sguardo femminile, dato che Dumas non ritrae le donne di fronte – come fece invece Picasso nelle sue “Demoiselles d’Avignon” - ma di spalle, come se chi osserva il quadro facesse parte del gruppo di sex worker in attesa, e non il ‘visitatore’ che sta per arrivare.
Picasso e altri ‘mostri sacri’ tornano spesso nelle opere di Marlène Dumas, ma sempre in maniera decisamente inconsueta: lo dimostrano Dora Maar (The Woman Who saw Picasso cry), un ritratto della celebre fotografa che ebbe une lunga e sfortunata relazione con Picasso, che le dedicò il quadro Crying Woman del 1937, e i ritratti del registra e scrittore Pierpaolo Pasolini, del poeta Charles Baudelaire e delle donne che, in qualche modo, li resero i grandi artisti che furono: l’attrice Anna Magnani e la madre Susanna Colussi Pasolini per il primo, l’attrice, cantante e ballerina Jeanne Duval per il secondo.
Tra le figure femminili più care a Dumas troviamo inoltre Maria Maddalena, discepola di Gesù e l’attrice Marylin Monroe (rigorosamente ubriaca o morta), nonché molte altre donne meno conosciute, tra cui la figlia Helena.
Nella serie Underground, la stessa Helena si trasforma addirittura in co-autrice dei quadri di Dumas, decorando con matite, brillantini e accessori i ritratti in bianco e nero della madre. All’epoca, infatti, Helena aveva cinque anni e questo gesto di ribellione infantile ben riassume il rapporto che Dumas ha con i suoi quadri e l’arte in generale:
i dipinti per rivelare i propri segreti hanno bisogno di una persona che li ami, come le rane hanno bisogno di baci per rivelare la loro natura. Non tutte le rane sono principi, però, e non tutti i dipinti meritano una persona che li ami