Marta Silvetti, pilota di Vueling: “ragazze, l’aeronautica vi aspetta”

Sono ancora moltissimi i campi professionali dominati dagli uomini, più di quanto pensiamo. Tra questi c’è sicuramente il settore aeronautico. Eppure, pilotare un aereo non è, o meglio, non dovrebbe essere, una questione di genere. Abbiamo chiesto a Marta Silvetti, Senior First Officer della compagnia aerea Vueling, di raccontarci il suo percorso per diventare pilota. Un percorso che segue un sogno maturato durante l'infanzia

Quando prendiamo l’aereo, facciamoci caso: quante volte ci è capitato che a dare l’annuncio iniziale fosse un capitano donna? Poche, direte voi, quasi nessuna. Eppure, in un settore ancora oggi popolato principalmente da uomini, sono sempre più numerose le donne che abbracciano la professione del pilota. A raccontarci la sua storia è Marta Silvetti, Senior First Officer della compagnia aerea Vueling.

In che fase della tua vita hai sviluppato il pensiero di diventare pilota?

Sono nata e cresciuta a Verona, precisamente a Villafranca, quindi vicinissimo all’aeroporto. Tanto vicino da sentire gli annunci dei voli da casa mia e da vedere gli aerei dal giardino. Da che mi ricordo, ho sempre desiderato diventare pilota. Da bambina osservavo rapita gli aerei, sia civili che militari: il cielo mi ha sempre chiamata. Non saprei dire a che età esattamente ho capito che pilotare gli aerei sarebbe diventato il mio lavoro. Finito il liceo, però, avevo già preso questa decisione. Spinta dai miei genitori mi sono comunque iscritta all’università, alla facoltà di Economia Aziendale. Anche se all’inizio non ero convinta, è stato un processo formativo che mi ha arricchita moltissimo, anche a livello personale. Mi ha aiutata a maturare e a darmi una metodologia di studio. Successivamente alla laurea ho iniziato il percorso formativo per diventare pilota.

In cosa consiste questo percorso?

Il primo passo è quello di iscriversi a un corso biennale di pilota, che comprende lo studio di una parte teorica, costituita da 14 materie, e di una parte di addestramento in volo. L’addestramento dipende molto dalle condizioni metereologiche, per questo si tende a fare il corso in Spagna, dove l’ho fatto anche io e dove risiedo ora. Una volta che si ottiene il brevetto da pilota, però, non è possibile iniziare fin da subito a volare: ogni compagnia aerea ti forma poi sulla sua flotta di aerei.

Quante altre donne hai incontrato che condividevano il tuo stesso sogno?

Nel mio corso eravamo in due: io e una ragazza tedesca. Facevamo il corso in inglese ed eravamo tutti stranieri. Ho avuto la fortuna di avere due istruttrici donne spagnole, erano il mio punto di riferimento. Un modello da seguire, un’ispirazione.

Hai trovato barriere di genere nel tuo percorso?

No, mai. E questo ci tengo a dirlo: quando una donna in Europa inizia questo percorso non trova ostacoli. Non mi sono mai sentita discriminata né trattata diversamente. Certo, come in tutte le professioni, capita di trovare persone con più o meno affinità, ma le possibilità di arrivare dove si desidera ci sono. In Vueling noi donne pilota siamo tra il 5 e il 7%, però siamo in 50-60, non siamo in due. Ho fatto viaggi in cui eravamo tutte donne, anche l’equipaggio. Quello del pilota è un lavoro completamente procedurale, e la procedura trascende dal fatto di essere uomo o donna. Dal punto di vista lavorativo, quindi, non cambia assolutamente niente.

Come concili vita lavorativa e privata?

Ho due figli di 15 e 13 anni, ormai quasi autonomi quindi, e mio marito è un pilota, quindi ci capiamo profondamente. La nostra professione non è mai stata un impedimento in famiglia, e abbiamo adattato la nostra vita professionale alla genitorialità. Prima lavoravamo per una compagnia aerea che ci faceva dormire molte notti fuori al mese, oggi invece torniamo tutte le sere nella nostra città. Sono operativa dai 2 ai 4 voli al giorno, e ogni sera torno qui a casa, a Valencia, dove Vueling ha una delle sue basi. Gli aerei escono dalla città e tornano qui, quindi mi capita per esempio di fare la tratta Valencia-Londra Londra-Valencia, e poi Valencia-Parigi Parigi-Valencia. Io lavoro la mattina, mio marito il pomeriggio. Ci siamo organizzati perfettamente.

Pilotare gli aerei ti ha tolto il desiderio di viaggiare?

Assolutamente no! Ho sempre voglia di viaggiare. Essere pilota non mi ha mai tolto questo desiderio.

Che consiglio daresti a una ragazza che vuole avvicinarsi a questa professione?

Innanzitutto la rassicurerei sul fatto che non esistono barriere per veder realizzato il proprio sogno: se sei davvero motivata e hai le idee chiare, le difficoltà sono le stesse per uomini e donne. Il punto fondamentale è capire se si tratta di una vocazione oppure no. Bisogna chiedersi: mi piace questo stile di vita? Mi emoziona volare? Io per esempio mi emoziono ancora quando vedo un aereo. Dev’essere una cosa fisica, viscerale. Se invece il desiderio di diventare pilota è motivato da una moda, allora cercherei di interrogarmi in modo più profondo. Quello per diventare piloti è un addestramento difficile e lungo, bisogna essere molto motivati. In genere faccio il paragone con la facoltà di Medicina: bisogna sentirlo dentro. Ma in generale, essere donna, oggi, nel settore aeronautico, è un fattore più positivo che negativo. Quindi, avanti tutta!

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