Martina, che ha sfilato con gli abiti di quando hanno tentato di stuprarla: «Non esiste abbigliamento che incoraggia le molestie»
Niente costume intero, nessun outfit selezionato con cura “per valorizzare la figura”, niente fascia né ornamenti: sulla passerella Martina Evatore, 20 anni e una passione per il pattinaggio e la creazione di abiti, è salita con pantaloni neri, t-shirt, giacca mimetica e scarpe da ginnastica. Gli stessi vestiti che indossava quando, nel luglio del 2019, un uomo ha provato di violentarla in un sottopasso della stazione di Padova.
Martina il suo messaggio ha voluto lanciarlo nel corso della dodicesima edizione di Miss Venice Beach, nella tappa che sabato si è tenuta a Jesolo, in piazza Milano: davanti alla giuria la ventenne padovana ha scelto di “spogliarsi” degli abiti da miss e di indossare i suoi, quelli della giovane donna che a 17 anni ha rischiato di subire una violenza sessuale a pochi passi da casa sua, mentre andava a una festa di compleanno.
Quella sera un uomo l’ha notata, l’ha seguita e ha deciso di aggredirla approfittando di un tratto buio e poco frequentato: lei ha reagito, «come mi ha insegnato mio padre», racconterà poi, e menando pugni e calci si è liberata. L’uomo è scappato, lei ha fatto denuncia - cosa affatto scontata - ma tutto si è chiuso in un nulla di fatto. Martina, però, quella sera non l’ha dimenticata e mai la dimenticherà, e
ha scelto di sfruttare il palcoscenico per urlare a tutti che non c’entra nulla cosa indossi e come lo indossi: quando si tratta di molestie e violenze sessuali, il problema è solo chi guarda e il modo in cui ci guarda
«Volevo dire a voce alta che non esiste un abbigliamento che incoraggia le molestie - ha raccontato l’aspirante miss al Corriere - Puoi indossare la minigonna o i pantaloni, come nel mio caso: la differenza la fa la mente dell’aggressore, è lui che ha dei problemi, non chi si veste in un modo piuttosto che in un altro». Lo spunto, ha spiegato ancora Martina, è stata una frase detta da un’amica, un consiglio dettato dall’affetto e dalla preoccupazione più che dal giudizio: «Indossa una maglietta su quell’abito aderente», le ha detto, sapendo che avrebbe dovuto raggiungere il centro città di sera.
Le donne che si auto censurano, strette tra pregiudizi e paure
VEDI ANCHE CultureWomen in Run, il running network per la corsa in sicurezza delle donneUna frase che racchiude un mondo. Di pregiudizi e di paure, perché a furia di ascoltare discorsi sulle donne che provocano con abbigliamento e comportamento, e a furia di leggere notizie su sentenze in cui, addirittura, sono i giudici ad assolvere da un’accusa di violenza perché la vittima «aveva lasciato aperta la porta del bagno» in quello che è stato interpretato come una sorta di incoraggiamento (accade a Torino, e il provvedimento è stato emesso dalla Corte d’Appello in un processo per stupro), le donne finiscono per censurare e auto-censurarsi nel tentativo di proteggere e proteggersi.
Fanno squadra, fanno rete, si guardano le spalle a vicenda, e poco importa il modo in cui i concetti vengono espressi (e interpretati, anche, da chi li riporta), quello che conta davvero è che una giovane donna è stata aggredita da uno sconosciuto mentre andava a una festa, e che qualche anno dopo un'amica, sapendo quanto le è accaduto, le ha consigliato di coprirsi e di stare al telefono con lei mentre tornava a casa, rassegnata all'idea che se è successo una volta può succedere di nuovo. Lo sanno bene le ragazze di Donne x Strada, un'associazione che conta proprio su una rete di volontarie per supportare concretamente le donne in situazioni di rischio potenziale: «Se sei in strada e non ti senti al sicuro scrivici e una di noi farà partire una diretta Instagram @donnexstrada, pubblica o privata - spiegano - Questa possibilità è aperta per chiunque voglia compagnia durante il tragitto che sia breve o lungo, che sia di giorno o di notte».
Martina ha scelto di fare la sua parte a modo suo. Ha voluto sfruttare la notorietà garantita dal concorso per rivendicare le sue scelte, quelle di partecipare a un contest di bellezza e di camminare per strada vestita come più le pare e piace, senza timore di venire aggredita al primo angolo buio.
Ha voluto lanciare un messaggio a tutte le donne, con quella leggerezza mista a profondità di una ventenne che troppo presto ha provato sulla sua pelle cosa significa, a volte, essere donna: un gesto che le è valso un plauso generale e una valanga di complimenti per il coraggio e la dignità dimostrati. E che potrebbe tracciare una nuova strada per i concorsi di bellezza, fornendo alle partecipanti uno spazio pubblico in cui parlare di temi fondamentali e spesso considerati tabù in contesti di questo genere.