Giornata della Libertà di stampa: chi era Matilde Serao, prima donna ad aver diretto un quotidiano
Secondo l’organizzazione Reporter senza frontiere, in oltre 130 Paesi nel mondo l’esercizio del giornalismo viene totalmente o parzialmente bloccato. Una libertà condizionata soprattutto per le donne, il cui ruolo nei mezzi di informazione è ancora soggetto a forti ridimensionamenti: come emerge dai risultati del Global Media Monitoring Project, la presenza delle donne come soggetti e fonti delle notizie risulta pari al 26% fra le 980 persone nelle notizie. 24% nei media tradizionali e 28% nei media digitali.
Il 25% dei soggetti femminili compaiono nelle notizie come vittime di violenza (contro il 4% degli uomini). Al contempo, una donna su 4 viene identificata in relazione allo status familiare (contro il 4% degli uomini)
Non va meglio nel campo di chi l’informazione la fa: secondo quanto emerge da uno studio condotto del Reuters Institute e dall’Università di Oxford, su duecento grandi organi d’informazione presenti in quattro continenti, la maggior parte dei direttori delle testate del campione sono uomini. Inoltre, ci sono meno donne nei ruoli apicali rispetto alla percentuale di donne impiegate nel settore come redattori ordinari.
Per questo, ripercorrere la storia di Matilde Serao, la prima giornalista italiana ad aver fondato e diretto un quotidiano, Il Corriere di Roma, significa acquisire gli strumenti e la consapevolezza per squarciare la grave e persistente invisibilità che le donne subiscono nel mondo dell’informazione.
Matilde Serao: rompere le convenzioni
Innovatrice instancabile, capace di rompere tutte le convenzioni: Matilde Serao è stata una giornalista e scrittrice napoletana che, mettendo a segno numerosi primati, ha aperto la strada della libertà – professionale e personale - per tante donne. Nel 1882 è la prima donna redattrice nella storia del quotidiano romano Capitan Fracassa. Prima italiana ad aver fondato e diretto un quotidiano, Il Corriere di Roma, esperienza successivamente ripetuta con Il Mattino e Il Giorno. Negli anni venti fu candidata sei volte, senza mai ottenerlo, al Premio Nobel per la letteratura.
Coraggiosa, irriverente della morale del tempo, raggiunse ambiziosi traguardi professionali inaugurando un nuovo modo di fare giornalismo inteso come vocazione e strumento di formazione e testimonianza:
Giornale è tutta la storia di una società. E, come la vita istessa, di cui è l'immagine, ha in sé il potere di tutto il bene e di tutto il male. Il giornalista è l’apostolo del bene, il giornale è la più nobile forma del pensiero umano. L’avvenire è del giornale
Fedele testimone del suo tempo e profonda conoscitrice delle mode e degli stili di vita dell’alta società, Matilde Serao nacque a Patrasso da Paolina Borely, nobile greca decaduta, e da Francesco Serao avvocato e giornalista esule in Grecia perché antiborbonico. Con l’Unità d’Italia la famiglia Serao ritornò in patria fissando la propria dimora prima a Carinola e poi a Napoli dove Matilde ha compiuto i suoi studi, dopo i quali, per necessità economiche, si impiegò come ausiliaria presso i Telegrafi di Stato.
Il suo amore per la scrittura la spinse presto ad abbandonare l’impiego per dedicarsi, a tempo pieno, alla stesura di articoli e di alcune novelle che le aprirono le porte delle testate giornalistiche
Il giornalismo come impresa e vocazione
Il giornalismo era, per Matilde Serao, terreno di osservazioni e costumi: al racconto di moda, cibi, sport, eventi mondani e le novità del progresso, si accompagnava un’attenzione particolare a fatti e avvenimenti sociali, costituendo la misura del suo stile.
Trasferitasi a Roma nel 1882, collabora per oltre cinque anni con il Capitan Fracassa trattando con medesima padronanza e disinvoltura argomenti diversi, dalla cronaca rosa alla critica letteraria. L’anno successivo viene pubblicato il suo romanzo Fantasia (1883) aspramente criticato da Edoardo Scarfoglio che, nel 1885, diviene suo marito e compagno di ambiziosi percorsi professionali. Tra Matilde Serao e Edoardo Scarfoglio non ci fu soltanto un’unione sentimentale, ma anche un sodalizio professionale.
VEDI ANCHE CultureRecuperare il senso politico dell’amore: 4 coppie che lo hanno fatto (provando a cambiare il mondo)Insieme fondarono il Corriere di Roma, nel 1885. Né l’attività giornalistica presso la redazione del Corriere di Roma, né la nascita dei figli, Antonio, Carlo, Paolo e Michele, le impediscono di dedicarsi alla scrittura: vedono così la luce La conquista di Roma (1885), Il romanzo della fanciulla (1886), Vita e avventure di Riccardo Joanna (1887) che Benedetto Croce definisce «il romanzo del giornalismo».
Nel 1887, chiuso il Corriere di Roma perché gravemente indebitato, la coppia si trasferisce a Napoli dove, grazie all’aiuto finanziario del banchiere livornese Matteo Schilizzi, nasce il Corriere di Napoli che ha in Matilde la vera animatrice e sulle cui pagine escono contributi a firma di Giosuè Carducci e Gabriele D’Annunzio
Nel 1891, lasciato il Corriere di Napoli, non senza un cospicuo ricavo, la coppia fonda Il Mattino di cui la Serao è anche co-direttrice. Ad impedirle di godere appieno dell’entusiasmo per la nuova avventura editoriale, la relazione tra il marito e la cantante Gabrielle Bessard che dà ad Edoardo una figlia e poi si toglie la vita, esasperata dal fermo proposito dell’uomo di non lasciare la moglie: la bambina abbandonata dalla madre morente sull’uscio di casa Scarfoglio viene amorevolmente accolta da Matilde.
Alla fine della relazione si accompagna, qualche anno dopo, il volontario allontanamento da Il Mattino, coinvolto dalla commissione Saredo nello scandalo dell’amministrazione Sulmonte. I tentativi denigratori diretti al giornale di Scarfoglio non risparmiano Serao, al centro di infamanti accuse di corruzione.
L’incontro con Giuseppe Natale, avvocato e giornalista, segna però una nuova positiva stagione e una nuova convivenza, nonché la fondazione di un nuovo giornale, Il Giorno.
Il femminismo antifemminista di Matilde Serao
Sia la critica letteraria, sia parte degli studi di genere, hanno spesso messo in luce come la concezione delle donne che emerge dalla sua attività giornalistica sia una visione conformista e borghese, molto simile all’immagine femminile veicolata da scrittori uomini: in realtà, pensare che Serao non abbia indicato una strada di emancipazione significa limitarsi a una lettura superficiale dei suoi scritti.
La sua proposta era fortemente e giustamente condizionata dalla realtà in cui era immersa: a differenza di molte altre femministe del tempo, Serao sembra paventare un movimento dal basso verso l’alto, che riducesse a monte le cause di esclusione delle donne dalla sfera pubblica, per poi procedere sul più difficile percorso dell’uguaglianza.
VEDI ANCHE CulturePerché “le donne possono fare tutto” non è uno slogan femminista: il carico mentale nel 2022Particolarmente indicative sono le pagine de Il Ventre di Napoli: un j’accuse sullo sfruttamento e sullo stato di profonda povertà e miseria in cui viveva la maggioranza della popolazione napoletana, capace di sottolineare come il genere femminile versasse in una situazione ancora più disperata a causa del doppio compito svolto dentro e fuori l’ambito familiare, insistendo sul tema dell’istruzione soprattutto per le ragazze più indigenti. E ancora: in tre articoli apparsi nel luglio 1886 nel periodico L’Istitutore, Serao documenta le condizioni di disperazione e miseria in cui vivevano le maestre di scuola dell’Italia post-unitaria, rivolgendosi direttamente al ministro della Pubblica istruzione Michele Coppino.
In un mondo dominato dagli uomini, quello di Serao viene definito un femminismo antiemancipazionista: nei suoi numerosi articoli giornalistici, esprime la sua posizione contro in divorzio, il diritto di voto alle donne e le suffragette. Eppure, nei suoi romanzi e nelle sue novelle, a essere centrali sono le protagoniste femminili oppresse dalla società patriarcale che le costringe a vivere secondo i dettami imposti. Uno “sdoppiamento” interpretato come un modo per proteggersi: dietro queste posizioni conservatrici, Serao poteva mantenere più facilmente la propria collocazione lavorativa fino ad allora tipicamente maschile e ottenere quello che sosteneva e, nei fatti, otteneva:
Assicurare alla donna il diritto sacrosanto di vivere e darle i mezzi per esercitarlo sottraendola alle necessità di un controllo o di un appoggio maschile. Questo, se accetto la parola, è femminismo
A Parigi, Serao conosce il premio Pulitzer Edith Wharton, che la descrisse così: «Tra le donne che ho incontrato là, la più straordinaria è stata senza dubbio Matilde Serao, la scrittrice e giornalista napoletana. […] Con il suo abbigliamento e la sua cadenza stridenti, appariva assurda in quel salotto, dove tutto era in penombra e in semitono – ma quando incominciava a parlare era padrona del campo».