Michela Murgia, la famiglia queer e cosa ci ha insegnato sull’importanza dei legami

Michela Murgia è morta a 51 anni il 10 agosto per un carcinoma al quarto stadio. Negli ultimi mesi della sua vita ha vissuto in una grande casa romana con tutti i membri della sua famiglia "ibrida e allargata"

«Nella queer family che vivo non c’è nessuno che non si sia sentito rivolgere il termine sposo/sposa in questi anni. Dopo lo sconcerto dei non sardi, ha vinto l’evidenza: l’elezione amorosa va mantenuta primaria, perché nella famiglia cosiddetta tradizionale i sentimenti sono vincolati ai ruoli, mentre nella queer family è esattamente il contrario: i ruoli sono maschere che i sentimenti indossano quando e se servono, altrimenti meglio mai. Usare categorie del linguaggio alternative permette inclusione, supera la performance dei titoli legali, limita dinamiche di possesso, moltiplica le energie amorose e le fa fluire».

Così Michela Murgia, lo scorso 12 maggio, spiegava la sua concezione di “famiglia”, “una queer family”, appunto, definizione ombrello in cui rientrano «tutte le forme di relazione che vanno oltre il modello riconosciuto dalla legge italiana». A distanza di tre mesi Murgia, tre le intellettuali femministe e umaniste più illuminate d’Italia (e non solo) è morta a 51 anni per un carcinoma al quarto stadio con metastasi al cervello, alle ossa e ai polmoni. L’annuncio della malattia era arrivato a maggio, e la scrittrice aveva anticipato che i mesi che ancora aveva da vivere erano pochi, ma la notizia della morte è comunque arrivata sferzante come un fulmine e devastante come un tornado. Soprattutto perché sino all’ultimo ha continuato a battersi per ciò in cui credeva, e a usare le parole come strumenti chirurgici per veicolarlo.

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Parlando della sua malattia, e della sua inesorabilità, Murgia ha voluto anche parlare della sua concezione di famiglia, e mostrare come la sua queer family l’abbia supportata e le sia rimasta accanto negli ultimi mesi di vita, puntando così i riflettori sugli stereotipi e pregiudizi che ancora incombono, granitici, sulla famiglia cosiddetta “tradizionale”, l’unica a oggi legalmente riconosciuta. L’unica, dunque, che porta con sé intrinsecamente i diritti. Lo ha fatto sposando, lo scorso 15 luglio, Lorenzo Terenzi, attore, regista e sceneggiatore conosciuto nel 2017 durante uno spettacolo teatrale, e chiarendo che “non è una festa”, ma un modo per tutelarsi in un momento così complesso dalle sua vita, perché “lo Stato alla fine vorrà un nome legale che prenda le decisioni”.

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Il matrimonio con Lorenzo Terenzi

Murgia e Terenzi si sono sposati “in articulo mortis”, un atto compiuto da persone in pericolo di vita, “perché ogni giorno c’è una complicazione fisica diversa, entro ed esco dall’ospedale e ormai non diamo più niente per scontato. Lo abbiamo fatto controvoglia - aveva spiegato - se avessimo avuto un altro modo per garantirci i diritti a vicenda non saremmo mai ricorsi a uno strumento così patriarcale e limitato, che ci costringe a ridurre alla rappresentazione della coppia un’esperienza molto più ricca e forte, dove il numero 2 è il contrario di quello che siamo. Niente auguri, quindi, perché il rito che avremmo voluto ancora non esiste. Ma esisterà e vogliamo contribuire a farlo nascere. Tra qualche giorno nel giardino della casa ancora in trasloco daremo vita alla nostra idea di celebrazione della famiglia queer”. 

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I “quattro figli d’anima”

“Sposo un uomo, ma poteva essere anche una donna”, aveva detto Murgia parlando di Terenzi, compagno nella vita e membro della queer family. Né da lui né da Manuel Persico, con cui è stata sposata dal 2010 al 2014, aveva avuto figli biologici, ma di figli la scrittrice ne aveva. Quattro, definiti “figli d’anima”, entrati nella sua vita in momenti diversi, tasselli fondamentali di quella famiglia allargata, ibrida, «fondata sullo ius voluntatis, sul diritto della volontà», che va oltre i legami di sangue. 

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I “figli d’anima”, definizione da lei stessa coniata in uno dei suoi romanzi più noti, “Accabadora”, sono Raphael Luis, Francesco Leone, Michele Anghileri e Alessandro Giammei. Raphael Luis è il più piccolo, 21 anni, entrato nella sua vita a 9 anni: con la madre di Raphael, Claudia, architetta, Murgia ha vissuto sino alla morte nella grande casa di Roma, formando una coppia omogenitoriale. Poi ci sono Leone, cantante lirico, Giammei, professore a Yale, e Anghileri, attivista. 

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Gli altri membri della famiglia queer

A far parte della famiglia erano poi altre persone che nella vita di Murgia hanno portato amore e affetto al di là delle convenzioni: le scrittrici Chiara Tagliaferri (co-creatrice dell’iconico podcast Morgana, diventato poi un libro), Chiara Valerio e Teresa Ciabatti, e ancora Roberto Saviano e l’avvocata Cathy La Torre.

Non mi considero una sposa - spiegava ancora la scrittrice il 22 luglio, raccontando come Maria Grazia Chiuri abbia voluto disegnare l’abito da sposa - Il fatto che tutt3 continuino a romanticizzare la questione e farci le congratulazioni non cambia la realtà: io e Lorenzo abbiamo firmato un contratto con lo Stato per avere diritti che non c’era altro modo per ottenere così rapidamente. Sappiamo che abbiamo fatto uso di un privilegio: mutuo, adozioni, agevolazioni fiscali, sono tutte cose che, se le chiedessimo ora, ci sarebbero concesse in quanto due e in quanto maschio e femmina, ma per questo abbiamo dovuto ricorrere allo strumento del binarismo eterosessuale come norma naturale dei rapporti, cioè quello contro cui ci siamo sempre battut3”. 

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Vorrei rendere politico il nostro vissuto per mostrare che abbiamo trovato un altro modo per stare insieme - concludeva - un modo che il governo vorrebbe ridurre a stranezza sociale da perseguitare e invece è già la vita normale di tante persone”.

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