Niñas Amazonas, le ragazze che lottano contro il gas flaring e per i diritti delle popolazioni indigene
Sono nove, e solo una di loro ha superato i 18 anni, anche se quando ha iniziato era ancora minorenne. Eppure la loro forza e determinazione eguagliano quelle di un esercito: se l’Europa ha Greta Thunberg, l’America Latina ha loro, le “Niñas Amazonas”, un gruppo di giovanissime attiviste che lottano per la difesa dell’Amazzonia. Che è sì la loro terra, ma è anche una risorsa preziosissima e fondamentale per l’intero pianeta.
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Jamileth Jurado, 16 anni, Leonela Moncayo (13), Rosa Valladolid (13), Skarlett Naranjo (11), Kerly Herrera (11), Denisse Núñez (16), Dannya Bravo (11), Mishell Mora (19) e Jeyner Tejena (17) sono state ribattezzate, appunto, le “ragazze dell’Amazzonia”, e sono tutte originarie di Lago Agrio, nella provincia di Sucumbios, regione dell’Ecuador al confine con la Colombia, terra dei popoli Kichwa, Shuar e Siekopai e luogo ospitante la riserva biologica Limoncocha.
La riserva Limoncocha e i "mecheros" delle compagnie petrolifere
Si tratta di uno dei territori che rappresenta la maggiore biodiversità al mondo, e nel 1998 è stata dichiarata sito Ramsar, ovvero una zona umida di importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar perché decisiva per il funzionamento degli ecosistemi. Secondo l’Unione delle persone colpite dalle operazioni petrolifere della Texaco (Udapt), è anche un’area in cui migliaia di barili di petrolio vengono lavorati ogni giorno e sono operativi centinaia di bruciatori, i cosiddetti “mecheros”, responsabili del cosiddetto gas flaring.
La riserva è infatti una zona ricchissima di giacimenti petroliferi, e sin dagli anni Sessanta è sfruttata dalle compagnie petrolifere - Chevron-Texaco in primis - che attraverso i processi estrattivi la stanno distruggendo. Nell’area sono presenti centinaia di mecheros che bruciano i gas in eccesso della produzione petrolifera, immettendo milioni di tonnellate di CO2 nell’atmosfera. A questo si aggiungono gli effetti che questi gas hanno sulla salute, devastanti soprattutto per le donne. Uno studio condotto dall'Udapt testimonia come l'incidenza del cancro sia 2,6 volte più frequente nelle donne che negli uomini che popolano la riserva.
La storia delle Niñas Amazonas
Jamileth, Leonela, Rosa, Skarlett, Kerly, Denisse, Dannya, Mishell e Jeyner Tejena si sono conosciute diversi anni fa grazie a Clínica Ambiental, una ONG che promuove il diritto alla salute e alla vita delle comunità indigene, e da lì hanno unito le forze: «Lì si lotta per il benessere dell’ambiente e anche per la nostra salute. I medici vengono e curano le persone con malattie oncologiche - ha spiegato Jamileth a El Pais - In Amazzonia non esiste un ospedale specializzato, nonostante il livello di esposizione agli effetti dell’estrazione del petrolio».
La loro battaglia è iniziata nel febbraio del 2020, quando hanno presentato una causa contro il Ministero dell'Energia e delle Risorse Naturali Non Rinnovabili e il Ministero dell'Ambiente, dell'Acqua e della Transizione ecologica per la combustione del gas da parte dell'industria petrolifera. Nel luglio 2021, come detto, il tribunale ha dichiarato che «lo Stato ecuadoriano viola i diritti alla vita in un ambiente sano ed ecologicamente equilibrato, alla salute, all’acqua e i diritti della Natura». I giudici hanno ordinato l'eliminazione di tutti i mecheros che impattano sulle popolazioni e una serie di studi per determinare quali siano le fonti d'acqua contaminate e l'impatto degli idrocarburi tossici sulla salute umana.
Le Niñas Amazonas, scendendo in piazza e facendo sentire la loro voce, sono dunque diventate il simbolo della lotta per la salvaguardia dell’ambiente e delle popolazioni indigene che abitano la riserva, ottenendo una sentenza storica che nei fatti non ha però cambiato di molto le cose: sempre secondo l’Udapt, attualmente sono in funzione 486 mecheros.
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Minacce e ritorsioni per convincerle ad abbandonare la lotta
Nonostante ciò le Niñas, supportate da ONG e organizzazioni che si battono per il clima, non cedono di un millimetro. Si informano quotidianamente anche a livello legislativo per capire quali strumenti hanno a disposizione, e hanno ricevuto le scuse pubbliche da parte del governo quando, nel 2022, hanno incontrato un portavoce. La sentenza però è stata ignorata, e le ragazze hanno dovuto far fronte ad attacchi, minacce e ritorsioni per la scelta di combattere pubblicamente per l’ambiente e la salute. Non solo: cinque di loro sono state arrestate nel marzo scorso mentre stavano viaggiando da Sucumbíos a Quito per un sit-in davanti alla Corte Costituzionale.
La Polizia Nazionale e i militari non ci hanno permesso il passaggio per arrivare a Quito, dove avremmo tenuto una conferenza stampa, un forum e diverse marce - ha denunciato Leonela, 13 anni, in un video - si sono giustificate sostenendo che, a causa dello stato di emergenza in vigore in Ecuador, gli agenti in uniforme dovevano ispezionare il veicolo».
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A questo si aggiungono i commenti "umilianti e degradanti" testimoniati anche dall’Onu, che ha preso le difese dei giovani attivisti che ogni giorno combattono per la salvaguardia del pianeta. Nonostante tutto questo le Ninas non si fermano, e promettono di continuare a lottare sino a quando «anche l’ultimo mecheros non verrà eliminata dall’Amazzonia».