Sara Poma

“Prima”, un anno dopo: intervista all’autrice Sara Poma

A un anno dalla sua uscita su Spotify, il podcast ideato da Sara Poma per parlare di Mariasilvia Spolato, la prima persona lesbica a fare coming out pubblico in Italia, continua a essere molto discusso e apprezzato. Ma in che modo portare alla luce questa storia ha cambiato (e unito) il destino di queste due donne?

«La storia di Mariasilvia Spolato è sempre stata lì: era molto conosciuta all’interno dei gruppi LBGTQIA+ e soprattutto dalle persone lesbiche di una certa generazione, solo che era spesso raccontata in maniera bidimensionale. Il mio obiettivo è sempre stato invece provare a restituirne o immaginarne l’aspetto umano e uscire dalla retorica della martire», racconta Sara Poma, Head of Branded Content di Chora Media e ideatrice di due podcast di grande successo, Carla e Prima.

Mariasilvia Spolato, che è la protagonista di Prima, viene ricordata infatti per essere stata la prima donna ad aver fatto coming out come lesbica in pubblico. Lo ha fatto nel 1972, a Roma, durante la manifestazione dell’8 marzo organizzata dalle femministe di via Pompeo Magno a Campo dei Fiori. Anche Mariasilvia è lì: da qualche anno infatti è entrata in contatto con i primi gruppi omosessuali italiani ed europei e ha cominciato la sua militanza all’interno del Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano, nato a Torino nel 1971.

Sul cartello che tiene in mano c’è scritto: “Liberazione omosessuale”

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«All’inizio ero alla ricerca di una persona che fosse vissuta nello stesso periodo storico di mia nonna Carla, a cui è dedicato il mio primo podcast, ma che avesse un orientamento sessuale diverso dal suo. Non cercavo necessariamente una donna, anzi: come racconto in uno degli episodi del podcast, all’inizio stavo seguendo la pista di un altro protagonista, un uomo», spiega Poma.

Ma la storia di Mariasilvia Spolato aveva e continua ad avere così tanti chiaroscuri che è difficile resisterle. Dopo essere scesa in piazza con quel cartello, Spolato perde il lavoro per la sua militanza e nel giro di pochi anni si ritrova a vivere per strada.

Sara Poma
Sara Poma

Volevo capire che cosa fosse stata la sua vita al di là di quel gesto, di quel cartello

spiega Sara Poma, che nel suo podcast cerca di ricostruire anche i periodi meno documentati della vita di Spolato inseguendone le tracce in tutta Italia.

Un anno di messaggi, incontri e belle coincidenze

La cosa che mi stupisce di più di questo podcast è il fatto che mi capita di parlarne ancora oggi, a un anno dalla sua pubblicazione

Mi stupisce anche la grande quantità di persone che mi scrivono per dirmi che l’hanno ascoltato: persone di tutte le età - alcune molto giovani, altre anche molto più in là con l’età e che sono arrivate a Prima dopo aver ascoltato Carla - e che non fanno necessariamente parte del movimento LGBTQIA+», commenta Poma, che nello scorso anno è stata invitata a parlare di Prima e della storia di Spolato in molte occasioni diverse.

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«Qualche mese fa ero a Firenze a un convegno organizzato in occasione della Giornata della visibilità lesbica e c’era anche un’attivista di circa sessant’anni che per poco non aveva incrociato Mariasilvia. È stata proprio lei a raccontarmi che in fondo in quegli anni non era così raro abbracciare uno stile di vita nomade, anzi: molte persone avevano deciso di vivere in movimento, e lei stessa l’aveva fatto», spiega Poma.

«Questo breve aneddoto mi ha lasciata con un punto interrogativo in più e mi ha fatto pensare a quanto ci sarebbe ancora da scoprire su questa storia. E a quanto gli anni Settanta siano un momento storico che sembra vicino, ma che in fondo per certe dinamiche è profondamente lontano da noi», spiega Sara Poma.

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Per provare a gettare un ponte tra passato e presente, le associazioni Arcigay Tralaltro Aps, Boramosa Aps e Sat Pink Aps in collaborazione hanno aperto un centro antidiscriminazione e antiviolenza LGBT+ intitolato a Mariasilvia Spolato a Padova, che è la sua città di origine. Un progetto molto importante, dato che si tratta di una delle poche case d’accoglienza in Italia per le persone LGBTQIA+ vittime di discriminazioni, maltrattamenti, violenze e abusi, nonché la prima in Veneto per le persone che subiscono transfobia.

Il progetto di questo centro esisteva da prima dell’uscita del podcast e si è trattato di una bella coincidenza. Tra l’altro, una delle promotrici del centro è una grande appassionata di podcast, quindi mi ha contattata e sono stata a Padova per un incontro in comune con gli attivisti e con l'Assessora alle Politiche Sociali, Marta Nalin. Ecco una delle grandi cose che mi ha regalato questo podcast: un anno di incontri straordinari di cui sono molto grata».

Trovare la propria voce (e la propria storia)

«Ho lavorato a Carla nel primo lockdown e pensavo che l’avrebbero ascoltato solo i miei parenti e i miei amici stretti. Non è stato così e anzi, Carla mi ha aiutato ad avvicinarmi a fare la cosa che amo a tempo pieno, ovvero lavorare con i podcast», spiega Poma, che dopo aver lavorato per MTV e Twitter è approdata a Chora media, la podcast company diretta da Mario Calabresi.

«Prima invece mi ha aiutato a realizzare di avere una voce, a sentirmi meno timida nell’usarla, a capire che valeva la pena insistere e lavorarci su», racconta Sara Poma a proposito del suo modo molto personale di raccontare storie e trasformarle in podcast. «Prima non è una serie sui diritti civili o un progetto di memoria. È un esperimento di memoria collettiva, così come Carla era un esperimento di memoria personale. In entrambi casi, sono storie che mi sono servite per chiedermi chi sono oggi e sono felice che allo stesso tempo abbiamo risuonato in così tante persone».

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