Alle origini del nutrimento con Selene Calloni Williams: “Il cibo è spiritualità”
Negli ultimi decenni le teorie sull’alimentazione si sono moltiplicate, lasciando spazio a grande confusione su cosa sia davvero benefico per il corpo. Mangiare è diventato spesso causa di frustrazioni, limitazioni e rinunce che generano un rapporto conflittuale e non sano con il cibo. Alcuni alimenti vengono demonizzati, altri osannati. In nessun caso, però, si pone l’accento sugli aspetti più sottili del nutrimento, sul suo carico spirituale e animico. Secondo Selene Calloni Williams, infatti, nutrirsi è molto più che mangiare. È prendersi cura del proprio corpo ma anche, soprattutto, della propria interiorità. È connettersi con sé stessi e con la natura, che è parte di noi e di cui noi siamo parte. “Mangiare è un viaggio di riunificazione”, scrive Selene Calloni Williams, e come tale necessita un approccio sacro.
Scrittrice e autrice di bestseller, psicologa, life coach e fondatrice della scuola di counseling Imaginal Academy, Selene Calloni Williams si è interrogata sul processo che nel corso dei decenni ha condotto il cibo a diventare un mero oggetto portatore di valori nutrizionali, ma non valori spirituali. Grande conoscitrice del mito, ha approfondito lo studio degli antichi rituali greci della scuola filosofica di Pitagora – "un uomo che fu capace di gettare il seme di una spiritualità scientifica” - per sviluppare un percorso di nove giorni per ritrovare la consapevolezza nell’atto di cibarci. Un percorso che, seguendo i principi della macrobiotica, intesa come arte spirituale, alterna pratiche meditative integrando un digiuno progressivo, programmato e consapevole.
Un modo per riappropriarsi della sacralità del mangiare e per prendersi cura di corpo e spirito. Una filosofia, quella espressa in Digiuno Immaginale, che diventerà anche spettacolo teatrale: il 21 giugno, al Teatro Manzoni di Milano, andrà in scena la premiere di Digiunare con gli Dei, il nuovo capitolo del Teatro Immaginale di Selene Calloni Williams che dopo il successo di Kintsugi, ripara le ferite dell’anima e rendi prezioso ogni istante della tua vita, messo in scena a maggio 2023, torna a comporre un viaggio emotivo che esplora le profondità dell'animo umano.
Le abbiamo chiesto di spiegarci meglio il suo approccio al nutrimento e perché secondo lei è necessario ricostruire il nostro rapporto con il cibo.
Perché hai sentito l'esigenza di scrivere questo libro?
Mi sono resa conto che viviamo in una società desacralizzata, e una delle prime conseguenze della desacralizzazione è la reductio ad objectum di tutte le cose: il corpo è un oggetto, il cibo è un oggetto, tutto è trasformato in oggetto. Ci sono tante teorie e moltissimi studi sul cibo, che però lo analizzano come oggetto, studiandone le calorie, le proprietà, le vitamine, le proteine. Mentre il cibo non è un oggetto, è molto di più. La mia necessità era quella di riportare la relazione di noi tutti con il cibo e con il corpo a una dimensione sacra.
Cibarsi è un grande atto sacro. Nessuna vita può esistere senza nutrirsi di altre vite e questa è la massima espressione del sacro
In che modo si può ripristinare questa dimensione sacra nel rapporto con il cibo?
Riappropriandosi del significato simbolico del cibarsi e abbandonando l’iperrazionalizzazione che ci impone la nostra società: solo così possiamo risvegliare un istinto consapevole. Mi spiego: la ragione spezza l’istinto umano, lo copre, lo obnubila. Ma ci permette anche di ritrovarlo consapevolmente. Quindi è necessario risvegliare un istinto consapevole, che è quello che il filosofo e pensatore Sri Aurobindo chiamava "il pensiero del cuore". Il pensiero del cuore è la capacità di pensare non dalla prospettiva dell'io e dell'individualità, ma dalla prospettiva della coralità, dell'unione. Quindi io mangio non solo dalla prospettiva del mio io e del mio corpo, ma anche dalla prospettiva della carota che sto mangiando e che sta compiendo il sacro.
Mangiare è dissolvere la bellezza, e quando si dissolve la bellezza si sprigiona una magia, un incantesimo
Quando hai iniziato a studiare i rituali pitagorici? E in che modo ci possono aiutare a riappropriarci del significato simbolico del cibo?
Sono sempre stata fortemente attratta dal mito, soprattutto da quando ho conosciuto il filosofo e psicoanalista James Hillman, che ha aperto un ponte tra Oriente e Occidente proprio attraverso il mito. Ciascuno di noi vive mettendo in scena un mito, e ciascuno di noi si risolve quando comprende il mito che sta mettendo in scena. Per noi occidentali, la conoscenza del mito greco è fondamentale, anche per comprendere meglio le tradizioni orientali, come quella del buddismo. Tutte le tradizioni sapienziali usano il mito, ma ognuna usa ovviamente il mito della propria cultura. Per noi il mito greco è fondamentale. Pitagora poi è un simbolo sempre attuale per la sua capacità di unire matematica e esoterismo, scienza e misticismo, rappresenta un autentico bisogno della nostra cultura, nella quale è necessaria un’unione tra scienza e spiritualità. Pitagora chiamava i suoi seguaci alla dieta di purificazione dei nove giorni, quale indispensabile chiave di accesso all’iniziazione laica che li attendeva. Il digiuno immaginale che presento nel mio libro prende spunto proprio da quel rituale pitagorico e ha lo scopo di rendere corpo e mente puri canali di rivelazione.
In che modo hai tratto spunto dai rituali pitagorici per sviluppare un percorso nuovo?
Insieme a mio figlio Michelangelo abbiamo iniziato una serie di ricerche sui rituali pitagorici, fino ad arrivare a un rituale di disintossicazione del corpo e della mente che comportava anche il digiuno. Partendo da qui ho ideato un percorso di nove giorni che rieditata addirittura il Ciceone, la bevanda rituale degli antichi che ci permette di assicurarci tutte le sostanze utili all’organismo nei tre giorni in cui assumiamo solo liquidi. Il risultato è che in ogni step del digiuno immaginale si acquisisce sempre più energia, e questo è un feedback che ho ricevuto da tutti coloro che l'hanno fatto. Ed è un’energia che rimane, poiché il libro è anche ricco di ricette che si possono continuare a fare anche dopo i nove giorni.
Per Pitagora cibarsi era un atto anche politico. Perché lo è tuttora?
Pitagora viveva in una società fondata sul sacrificio animale: essere vegetariano era sicuramente un atto politico fortissimo, ma lo è anche per noi oggi, perché viviamo in una civiltà che è fondata sullo sfruttamento sistematico della natura e degli animali.
Mangiare cibo non processato, integrale, semplice, vegano, è uno dei più grandi atti di ribellione che si possano compiere
Quali sono gli altri?
Avere fede nel mistero, per esempio. La fede è un atto gigantesco di ribellione: non significa credere in questo o in quello, ma avere fede nel divenire e nella vita, è sentirsi nel posto giusto al momento giusto. Hai fede nella vita e smetti di controllarla, quindi ritorni a essere parte della natura.
Perché parli di digiuno immaginale? Perché usi questa parola?
Immaginale era una parola molto usata da quello che io considero il mio maestro occidentale, James Hillman. L'immaginale è la grande terra di mezzo, è la soglia tra conscio e inconscio, è lì dove nascono tutte le immagini che poi diventano realtà. Immaginale fa anche riferimento al fatto che viviamo nello stato di sogno, che tutto ciò di cui possiamo fare esperienza è solo come se fosse vero, ma in realtà è un'immagine, una proiezione. L'immaginale ci ricollega al concetto di vuoto, alla vacuità. Un concetto molto complesso da interiorizzare in una civiltà fondata su un sistema economico che ha bisogno dell'oggettività per esistere e prosperare. Ma si può provare a comprenderlo anche attraverso un nuovo approccio alla nutrizione, ritornando a infondere spiritualità in ogni gesto della vita. Questo è quello in cui credo.