Chi è Shirley Jackson, la maestra del brivido che ha ispirato Stephen King
Forse non tutti sanno che Shirley Jackson è considerata da Stephen King, uno dei più grandi maestri contemporanei della letteratura horror, la sua principale ispirazione.
I libri dell’autrice vedono le protagoniste, sempre donne, in conflitto con ombre minacciose: da diversi studi le sue storie sono considerate l’emblema del conflitto con la società patriarcale e rappresentano un’accurata analisi delle tematiche relative ai disagi del femminile - ancora attuale.
La vita di Jackson: il rifugio nella scrittura
Shirley Jackson nasce a San Francisco il 14 dicembre del 1916. Già a 12 anni vince il suo primo premio letterario con il racconto The Pine Tree.
Dopo due anni di università la giovane Jackson si ritirò dagli studi per problemi di natura psicologica, probabilmente depressione, per poi riprenderli e laurearsi in Giornalismo nel 1940.
Negli anni universitari fonda con il futuro marito Stanley Hyman la rivista The Spectre, dove pubblica diversi articoli a difesa dei diritti civili. Nel 1941 pubblica la sua prima novella, My Life With R. H. Macy, sulla rivista The New Republic.
Jackson è una scrittrice prolifica e metodica che seguirà per tutta la sua vita una precisa routine di scrittura che prevede almeno mille parole al giorno
La donna ha un animo tormentato a causa della sua storia familiare. L’ambiente in cui è cresciuta era infatti soffocante e conservatore. Inoltre, la madre attuava sulla scrittrice dei veri e propri abusi psicologici dimostrandosi nei confronti della figlia sempre anaffettiva, critica e crudele.
Per tutti questi motivi si comprende bene come per la Jackson la scrittura fosse una vera e propria via di fuga, un’alternativa alla realtà, un luogo sicuro in cui rifugiarsi
Il matrimonio con Hyman non è felice, sebbene dalla loro unione nascano quattro figli e in casa il clima sia sempre molto stimolante intellettualmente – anche grazie agli ospiti colti che frequentavano la casa. Tuttavia, Jackson si sente sempre ingabbiata nel ruolo di moglie, complici i ripetuti tradimenti del marito.
Nonostante tutto mantiene sempre un animo ironico. Celebre la sua iconica frase che recita:
La cosa più bella dell’essere una scrittrice è che puoi permetterti di abbandonarti alla stranezza quanto vuoi
Le opere e la poetica: i lati oscuri del femminile
Tutte le ombre che facevano parte della vita della scrittrice prendono vita nei suoi testi. Jackson inserisce in tutte le sue opere delle protagoniste femminili che sono solitamente orfane di madre o che hanno madri che odiano le figlie. Il matricidio è anch’esso un tema molto ricorrente.
Jackson convive fin da giovane con problematiche di salute mentale. Nel 1962 questi problemi si acuiscono portandola a non riuscire ad uscire di casa per sei mesi e a rifugiarsi in alcool, anfetamine e tranquillanti.
Queste difficoltà hanno senza dubbio influito sulle sue opere: non a caso i disturbi mentali sono spesso presenti all’interno dei suoi testi. Si può infatti notare come le sue protagoniste siano perse, con identità fragili e frammentate, in balia di ombre e sentimenti di alienazione.
Nell’opera Lizzie, la protagonista ha delle personalità multiple che prendono il sopravvento su di lei, portandola all’oblio. Tra le opere più celebri dell’autrice ci sono La lotteria e Abbiamo sempre vissuto nel castello.
La lotteria è un racconto breve pubblicato per la prima volta nel 1948 sul periodico statunitense New Yorker. È forse il testo più conturbante di Jackson, che parte da un’atmosfera idilliaca di un rispettabile paesino americano, fino ad arrivare, attraverso un climax incalzante, all’orrore finale che alberga nelle menti dei membri di quella comunità.
Un racconto che in poche battute riesce a condensare una feroce critica sociale del clima conservatore, patriarcale e benpensante dell’America anni ’50.
Abbiamo sempre vissuto nel castello (1962) è un caposaldo della letteratura gotica del XX secolo. Questa volta, a fare da sfondo alla vicenda, è una casa, altro tema molto caro alla scrittrice, all’interno della quale le sorelle Blackwook, rimaste orfane per un terribile incidente, passano le loro giornate in solitudine, a proteggersi da un mondo esterno ostile.
Sono così le eroine di Jackson: in bilico tra ragione e follia, cercano un loro posto nel mondo tormentate da inquietudini e ombre
L’emblema non solo di quelli che erano i tormenti della scrittrice, ma anche della situazione e della quotidianità di molte donne del suo tempo, ingabbiate in ruoli di genere soffocanti.
The Haunting of Hill House: riscoperta di un’autrice
"In ricordo di Shirley Jackson, che non ha mai avuto bisogno di alzare la voce": con questa epigrafe Stephen King, nel suo romanzo L’incendiaria del 1980, omaggia Shirley Jackson, da lui ritenuta sempre la sua maestra. La scrittrice morirà a soli quarantotto anni a causa di un’insufficienza cardiaca.
Nonostante i suoi libri siano da sempre considerati dei capolavori del settore dalla nicchia di amanti del genere, come King, l’autrice rimase per molto tempo poco conosciuta dal grande pubblico.
In Italia i suoi romanzi hanno avuto una riscoperta solo recente, grazie alle ristampe dei volumi e al lavoro del professor Carlo Pagetti, critico letterario e storico della letteratura, specializzato in particolare in fantascienza e letteratura anglo-americana
In particolare, il romanzo più famoso è The Haunting of Hill House, che tratta le vicende di Eleanor, una ragazza che si trova suo malgrado in una casa inquietante ed infestata e scivola man mano nell’abisso della follia.
Dal romanzo è stata tratta la serie Netflix The Haunting: Hill House, che ha ulteriormente acceso l’interesse su questa autrice.
E così “La strega del Vermont”, come alcuni la chiamano, è riuscita non cadere nell’oblio a cui, ingiustamente, pareva essere stata destinata.