“Donne non si nasce, si diventa”, come Simone de Beauvoir ha cambiato il femminismo

Lo scorso 9 gennaio Simone de Beauvoir avrebbe compiuto 116 anni. Scrittrice, filosofa, insegnante e femminista francese, de Beauvoir può essere considerata una delle menti più brillanti del Novecento

La sua opera più importante, "Il secondo sesso", già nel 1949 ha portato a una vera e propria rivoluzione nella filosofia di genere e nell’analisi della relazione di potere tra l’uomo e la donna. A Simone de Beauvoir si deve una consapevolezza ancora oggi radicata: l’uguaglianza giuridica non basta a garantire rapporti paritari tra uomini e donne, poiché le discriminazioni verso le donne restano profondamente radicate nel contesto culturale.

Penso che il femminismo sia una causa comune per l’uomo e per la donna, e che gli uomini riusciranno a vivere in un modo più equo e più valido soltanto quando le donne avranno uno status più equo e più valido

In queste parole che Simone de Beauvoir scrive in “Quando tutte le donne del mondo...” c’è tutto il pensiero della scrittrice che per prima ha rivoluzionato, in un’ottica completamente nuova rispetto alla prima ondata femminista, il concetto stesso di “femminile”.

La sua esistenza, come la sua immagine, è piena di contraddizioni e per questo affascinante: «Di me sono state create due immagini. Sono una pazza, una mezza pazza, un’eccentrica. Ho abitudini dissolute: una comunista raccontava, nel 1945, che a Rouen da giovane mi aveva vista ballare nuda su delle botti. Ho praticato con assiduità tutti i vizi, la mia vita è un continuo carnevale, ecc. Con i tacchi bassi, i capelli tirati, somiglio a una patronessa, a un’istitutrice - nel senso peggiorativo che la destra dà a questa parola -, a un caposquadra dei boy-scout. Passo la mia esistenza fra i libri o a tavolino, tutto cervello». È questo l'ironico ritratto che Simone de Beauvoir lascia di sé: a caratterizzare la sua vita, più di tutto, è la scrittura. Strumento potente per smascherare ogni pregiudizio di genere.

Ripensare il concetto di “donna”, a partire dalla propria vita

Simone de Beauvoir nasce a Parigi il 9 gennaio del 1908 da Georges e Françoise de Beauvoir. Sebbene la sua sia una famiglia alto borghese, de Beauvoir dovrà presto rimboccarsi le maniche in seguito alla bancarotta del nonno. A Parigi diventa una studentessa modello, particolarmente appassionata di letteratura classica francese: riceve un'educazione molto rigida all'istituto cattolico Désir ed è qui che conosce Elisabeth Mabille, detta Zaza, che diventa subito sua compagna inseparabile ed emblema di sorellanza capace di aprire a percorsi “altri": «Lei mi fece abbandonare il mio personaggio di bambina giudiziosa, mi insegnò l'indipendenza e l’irrispettosità» dirà la scrittrice, la cui vocazione ribelle viene alimentata da una madre con una morale tradizionale e in aperto contrasto con la realtà che la giovane Simone de Beauvoir incontra nei libri, nell’amicizia con Zaza e all’università.

Si convince allora che cominciare a lavorare per mantenersi in modo autonomo sarebbe stato il modo più rapido ed efficace per emanciparsi e fa di tutto per terminare l’università con un anno di anticipo rispetto ai suoi colleghi

Durante gli anni accademici ha l’occasione di confrontarsi con gli intellettuali di punta dell’epoca, da Merleau-Ponty a Lévi-Strauss, e soprattutto fa l'incontro della vita: quello con Jean-Paul Sartre, con cui vive una profondissima relazione d’amore e politica. Per oltre cinquant'anni diventa la sua consigliera, la sua critica e anche la sua interlocutrice preferita. Si racconta che Sartre le propose un patto, una sorta di accordo reciproco rinnovabile ogni due anni che stabiliva un rapporto privo di vincoli ma con alla base una fedeltà reciproca: le foto divenute iconiche raffigurano Simone de Beauvoir seduta con Jean-Paul Sartre e gli altri intellettuali nei caffè parigini di Saint Germain, avvolti in una nuvola di fumo davanti a un posacenere pieno di mozziconi e un cognac da sorseggiare.

Simone de Beauvoir e Jean Paul Sartre
Simone de Beauvoir e Jean Paul Sartre

Dopo la carriera accademica, la vita di Simone de Beauvoir fu segnata dal suo successo come scrittrice e dalla militanza politica, risvegliata dalla deriva della Seconda guerra mondiale e dalle sue conseguenze. Nel 1943 pubblica la sua seconda opera, intitolata "L'invitata", che registra un grande successo editoriale e la porta a dedicarsi alla scrittura a tempo pieno. Nel 1945 fonda con Sartre e Merleau-Ponty la rivista politica "Les temps modernes" (Tempi moderni), in omaggio all'opera di Charlie Chaplin. Nei suoi saggi si conferma come una fervente sostenitrice del pensiero marxista ed esistenzialista e dell'ateismo come unica visione del mondo spirituale. Dedita al suo ruolo di scrittrice e pensatrice, insieme a Jean Paul Sartre cominciò una serie di viaggi in cui conobbe grandi personalità del XX secolo legate al comunismo, come Fidel Castro e Che Guevara a Cuba e Mao Zedong in Cina.

Il secondo sesso e la rivoluzione di Simone de Beauvoir

«Il mondo è sempre appartenuto agli uomini»: esordisce così "Il secondo sesso", l’opera che Simone de Beauvoir pubblica nel 1949 e che nelle sue quasi mille pagine contiene tutto ciò che significò la terza ondata del femminismo. Scrive l’autrice:

C’è una strana malafede nel conciliare il disprezzo per le donne con il rispetto di cui si circondano le madri

«È un paradosso criminale negare alla donna ogni attività pubblica, precluderle la carriera maschile, proclamare la sua incapacità in tutti i campi, e affidarle l’impresa più delicata e più grave: la formazione di un essere umano».

Le idee rivendicate dal testo, pubblicato più di settant'anni fa, sono ancora pienamente attuali. «Donna non si nasce, lo si diventa», afferma de Beauvoir, dando vita a uno slogan del femminismo ancora valido e utilizzato. Nel libro l'autrice spiega che il sistema ha creato una costruzione sociale dell'idea della donna basata sulla biologia, i cui principi di differenza tra i sessi sono usati per giustificare una presunta debolezza femminile.

De Beauvoir sostiene che le donne devono mettersi sullo stesso piano dell'uomo, definendo così il concetto alla base della teoria femminista: la soluzione passa per l'emancipazione delle donne, in cui il concetto di libertà riveste un ruolo centrale ed è direttamente legato all'esistenzialismo latente in tutta la sua vita e la sua opera.

Poiché non ci sono differenze tra i generi, sostiene la filosofa, non si tratta di uno scontro tra i sessi, ma di un livellamento, ovvero di mettersi sullo stesso piano degli uomini.

Che cos’è la “via della trascendenza” descritta da Simone de Beauvoir

Per le sue tesi sovversive, nel 1956 “Il secondo sesso” fu inserito dal tribunale del Sant’Uffizio nell’Indice dei libri proibiti, uno degli ultimi prima della sua soppressione. Il libro, infatti, è preciso nelle sue analisi già a partire dal titolo: il primo sesso corrisponde al Soggetto, all’Uno filosofico, ovvero l’uomo. Mentre il secondo sesso non può che essere l’Altro rispetto all’Uno. Ovvero la donna. «Il dramma della donna - scrive de Beauvoir - consiste nel conflitto tra la rivendicazione fondamentale di ogni soggetto che si pone sempre come essenziale e le esigenze di una situazione che fa di lei un inessenziale».

Per secoli si è pensato che questa condizione subordinata della donna fosse causata da un destino biologico, psicanalitico oppure economico. In realtà, spiega la scrittrice, non c’è un destino comune a tutte le donne - come sosteneva la psicanalisi che faceva da padrone sulla scena culturale - ma un “eterno femminino” insuperabile, alla stregua di un “prezzo” da scontare. Le donne sono oppresse per loro scelta: hanno scelto la via dell’immanenza e non hanno il coraggio di intraprendere quella della trascendenza. De Beauvoir però – e qui sta il limite più grosso al suo pensiero – non sa spiegare come e perché questa scelta sia avvenuta.

Sostenendo che le donne debbano scegliere la trascendenza per ottenere la loro emancipazione, Simone de Beauvoir apre le porte a un concetto più vasto e complesso: niente è dato “per natura”

Quando si fa appello al principio di natura per dire che le cose devono restare così come sono si sta tentando di limitare la libertà altrui: trascendere i fatti dell’esistenza significa scegliere di non arrendersi alla propria condizione e partecipare al cambiamento del mondo. Un principio che vale non solo per le donne, ma per tutti gli esseri umani liberi.

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