Daniela Ducoli, voce del podcast “Tre Desideri”: “il tumore mi ha insegnato a vivere ogni momento intensamente”
“La sua vita non sarà più la stessa". Sono le parole che 25 anni fa un oncologo rivolse a Beppe Sala al momento della diagnosi di un linfoma non Hodgkin. Parole laceranti - "che non mi hanno mai abbandonato", spiega Sala - ma custodi di una profonda verità. Perché il tumore è uno spartiacque: c’è sempre un prima e un dopo. Ma non è detto che quel dopo sia necessariamente peggiore del prima.
Proprio da qui, dagli insegnamenti offerti dall’esperienza oncologica, parte "Tre Desideri", il podcast sviluppato da LILT Milano Monza Brianza in collaborazione con Chora Media. Un racconto corale, un caleidoscopio di pensieri, esperienze, dolore e rinascite che si esprime nelle parole dei protagonisti dei 12 episodi. Persone celebri – come Mara Maionchi, al centro del primo episodio, Patrizio Rispo o Beppe Sala – e meno celebri, tutte accomunate dall’aver attraversato una cura oncologica e vissuto la remissione della malattia. Una malattia, come dice Beppe Sala, non contro cui lottare, ma semplicemente da attraversare, proprio come ogni fase della vita.
Ad accompagnare le voci dei protagonisti è Daniela Ducoli, giornalista radiotelevisiva - un passato da caporedattrice per varie emittenti radiofoniche come Radio 105, Radio Monte Carlo e Virgin Radio – che nel 2020 ha ricevuto una diagnosi di tumore al seno. La sua storia si fonde con quella delle persone intervistate evocando riflessioni, ricordi ed emozioni legate alla malattia, alla cura, alla remissione. Un ascolto necessario - per tutti, non solo per chi condivide un'esperienza simile - per riflettere sulla preziosità della vita e per comprendere come molto, troppo spesso, la diamo per scontata.
Abbiamo chiesto a Daniela Ducoli di raccontarci la sua esperienza nel partecipare a questo progetto. Ne è nata una conversazione intima sulla malattia e sulla forza guaritrice del desiderio.
Com’è nato il tuo coinvolgimento in questo progetto?
Da un paio d’anni collaboro con LILT grazie a Luisa Bruzzolo, Direttrice Generale di LILT Milano Monza Brianza, e protagonista del secondo episodio del podcast. Già dal nostro primo incontro ci siamo dette: “prima o poi faremo un podcast insieme”. L’idea è rimasta nell’aria per un po’ di tempo, finché LILT non ha dato incarico a Chora Media per lo sviluppo del progetto e sono stata proposta come voce narrante.
Ripercorrere la malattia dopo pochi anni dal suo esordio: che esperienza è stata per te?
Quando ho capito che oltre ad accompagnare le voci dei protagonisti avrei dovuto raccontare anche la mia storia sono andata in frantumi. Mi è stato diagnosticato un carcinoma alla mammella in piena pandemia, nel novembre del 2020. Il Covid, e le relative misure di distanziamento, mi hanno permesso di tenerlo nascosto a molti conoscenti. Per come sono fatta io, è stato meglio così: ha aiutato gli altri a percepire meno la mia malattia. Nessuno mi ha vista con i drenaggi, debole. Non mi sentivo pronta a raccontare la mia storia, ad aprirmi così. Inoltre, il podcast prevedeva un autore, mentre io, da giornalista radiofonica, sono sempre stata autrice di me stessa. Con Elisa del Mese, autrice del podcast, all’inizio c’è stata qualche discussione, perché volevo rimanere fedele alla realtà in ogni dettaglio. Poi è nato qualcosa di magico: un feeling incredibile, una sinergia, una stima profonda. Lei è una donna luminosa che, come dice lei stessa, scrive a colori. La sua freschezza mi ha permesso di osservare le storie degli altri attraverso una nuova prospettiva, di andare oltre al formato dell’intervista. Quelle di "Tre Desideri" non sono, infatti, delle interviste. Sono riflessioni parallele. È la mia storia affiancata a quella degli altri.
All’inizio del primo episodio dici che il desiderio è trasformativo. In che modo lo è stato per te?
Il desiderio non solo è trasformativo, ma è anche terapeutico: mi sono resa conto, proprio lavorando a questo podcast, che nel momento stesso in cui ho ricevuto la diagnosi di tumore sono cambiata profondamente. Ho imparato a vivere tutto subito, a non rimandare le cose, a godermi ogni momento intensamente. Non ho più voluto rinunciare a nulla. Sono sempre in viaggio con la testa: ora ho davanti a me ho la Lonely Planet Mondo e idealmente ho sempre lo zaino in spalla. E poi cammino, cammino sempre. A Milano e ovunque mi trovi. Il desiderio è un motore incredibile.
Dei sei episodi che sono stati presentati finora, qual è quello che ti ha toccata di più?
Essendo la settima donna nella mia famiglia ad aver avuto un tumore al seno, è naturale che io mi faccia coinvolgere maggiormente dalle storie di carcinoma al seno. Detto questo, l'episodio con Beppe Sala mi ha colpita moltissimo. E infatti, in quella puntata parlo pochissimo: cosa potevo aggiungere al racconto di un uomo potente che accetta di mostrare la sua debolezza, che ammette di aver pianto un intero weekend, che rivela di essersi sentito fragile alla vigilia di Expo e di non aver potuto avere figli nonostante il suo amore per i bambini? Sinceramente non mi aspettavo tanta generosità. Due anni fa, proprio con Beppe Sala abbiamo inaugurato lo Spazio Parentesi della LILT. In quell'occasione lui ha raccontato della malattia, di cui non sapevo nulla. Mentre lo faceva, l’ho guardato e ho detto: “beh, sindaco, se lo racconta lei allora lo faccio anche io”. Fu la prima volta che parlai della malattia. C’è ancora un grande pudore, in Italia, a dire di essere malati di tumore, e sono ancora in pochissimi a decidere di parlarne.
Qual è stato il momento emotivamente più complesso durante le registrazioni?
Mentre registravamo la puntata di Sala e mi veniva chiesto di parlare di mia mamma, sono scoppiata in lacrime. Anche lei si ammalò di tumore al seno. Quando la operarono, facendole una mastectomia totale come a me, lei aveva quarant'anni e io ero troppo giovane per capirla davvero. Il mio più grande rammarico è proprio questo. Mia mamma entrò in ospedale senza sapere che sarebbe uscita senza un seno. Per questo dico sempre che "Tre Desideri" è stato per me il sostituto dello psicologo: mi ha permesse di guarire ferite vicine e lontane. Un’altra difficoltà con cui mi sono confrontata è il fatto di aver vissuto un'esperienza diversa da quella di chi si è sottoposto alla chemioterapia. Mi sono sentita a disagio rispetto a chi ha sofferto più di me, come se non avessi il diritto di raccontare le loro storie. Ecco perché mi piace dire che nel podcast entro in punta di piedi nei racconti degli altri. Ho vissuto un’esperienza simile alla loro ma non identica, e nutro un profondo rispetto per il dolore degli altri. Ma soprattutto, mi sento privilegiata per aver avuto l’opportunità di raccontare la storia di queste persone straordinarie.