Damiano Gavino è il protagonista di Nuovo Olimpo, il film di Ferzan Ozpetek che. dopo il passaggio alla Festa del Cinema di Roma, arriva su Netflix dal 1° novembre. Interpreta Enea, da tutti è considerato l’alter ego dello stesso regista per quella che fino a oggi è la storia più autobiografica di Ozpetek. Nel 1978, Enea è un giovane appassionato di cinema che, oltre a lavorare sui set della capitale, frequenta il Nuovo Olimpo, dove tra una visione d’essai e l’altra ha modo di conoscere Pietro, colui che resterà per sempre uno dei più grandi amori della sua vita.
Insieme, Enea e Pietro trascorrono una sola notte d’amore prima che il destino beffardo delle rivolte giovanili divida le loro strade per più di trent’anni. E, mentre Pietro abdica a una vita borghese che lo trasforma in un medico accompagnato da moglie, Enea trova la sua realizzazione nella settima arte, diventando uno dei registi più affermati (e divisivi) del cinema non solo italiano.
Nell’interpretare Enea Damiano Gavino ha fatto appello al suo intuito. Non nasconde infatti di non mai studiato recitazione e di non aver mai coltivato il sogno di diventare attore in passato: tutto nella sua vita è avvenuto per caso e per il fiuto di un grande regista, Alessandro D’Alatri, scomparso recentemente. Era stato D’Alatri a volerlo infatti in Un professore, per il ruolo di Manuel, uno dei personaggi che più si ricordano della serie tv. E non solo per quel bacio che Damiano Gavino e Nicolas Maupas si sono scambiati in prima serata su Rai 1 rompendo tradizioni, tabù e stereotipi da tv generalista di Stato.
Con la sorella Lea, Damiano Gavino condivide un mestiere che sta imparando giorno dopo giorno sul campo, puntando su una spontaneità che si è rivelata sin sa subito il suo tracco peculiare. Una spontaneità che emerge anche da come si racconta a TheWom.it, fatta di valori sinceri e poche sovrastrutture. Simbolo di quell’inclusività che non si diffonde solo a parole, Damiano Gavino non si nasconde dietro silenzi o non detti: del resto, la sua verità traspare persino dalla malinconia che si cela dietro lo sguardo non solo di un personaggio come Enea ma anche del giovane uomo che è.
Intervista esclusiva a Damiano Gavino
“Sono molto curioso di vedere come reagirà il pubblico: da quello che ho visto in sala alla Festa del Cinema di Roma il film è piaciuto molto. A fine proiezione ci sono stati un grande applauso, tante risate e tanti pianti… c’era un po’ di tutto e, quindi, sono felice”, mi risponde Damiano Gavino quando gli chiedo come sta e come vive l’attesa dell’arrivo di Nuovo Olimpo, il film di Ferzan Ozpetek di cui è protagonista, su Netflix.
Enea, il tuo personaggio, è per molti aspetti l’alter ego dello stesso Ozpetek. Come ti sei preparato?
Non avendo mai studiato recitazione, ho cercato (come cerco sempre) sin da subito di percepire il personaggio dal punto di vista intuitivo, ponendomi molte domande su cosa avrebbe fatto in una determinata situazione, su come si muovesse, su come reagisse, su come parlasse e sul linguaggio del suo corpo. Sono tutti aspetti ai quali penso sin da quando mi arriva una sceneggiatura e di cui ho tenuto conto quando ho sostenuto il primo provino per il ruolo di Enea.
Sul set, la prima volta che ho effettivamente indossato i panni di Enea mi sono ritrovato in un’epoca che non conoscevo e che non ho vissuto, quella degli anni Settanta. Le prime sequenze che abbiamo girato erano quelle che si svolgono all’interno del Nuovo Olimpo: mi hanno catapultato in un contesto per me del tutto inedito, anche dal punto di vista estetico. I cinema oggi sono molto diversi da quelli di allora: corridoi, poltrone, moquette, schermi… Solo l’intuito poteva essermi d’aiuto e, parlando anche con il regista, è stato con l’intuito che sono riuscito a dare un’identità a Enea.
Enea e Pietro, i due protagonisti, si rincorrono per più di tre decadi prima di rincontrarsi casualmente grazie al potere della vista e dello sguardo. Sei figlio di un’epoca in cui tutto corre veloce e anche l’amore è quello fast. Avresti la pazienza o comunque saresti portato a nutrire un sentimento così forte per tutto quel tempo?
La nostalgia e la malinconia sono due aspetti del mio carattere. Ero affascinato dal ricordo perfetto di quell’amore non vissuto a pieno tra Pietro ed Enea. I trent’anni che li separano passano in fretta, segnati però da attimi di calma in cui ognuno dei due riesce a sentire una connessione profonda con l’altro come accade in diverse scene in cui basta un appiglio, una casualità o un film in tv per riportarli a pensare a quello che è stato. Le connessioni sono qualcosa in cui credo: a volte basta un numero, un odore o un profumo, che ti si sblocca un ricordo o ti fa riprovare una sensazione o un’emozione che hai vissuto.
A cosa si deve la tua malinconia?
È innata. Ho sempre sentito nostalgia di un qualcosa ma non che questo mi limiti nel mio presente. La malinconia è un mio segno distintivo molto forte e credo che mi permetta anche di essere molto sensibile. Per chi fa un lavoro artistico come il mio, che porta a esporsi molto, la nostalgia per i ricordi dà la possibilità di tenere i piedi per terra e la testa sulle spalle, riportandoti al centro della tua stessa attenzione.
Lo sguardo malinconico e gli occhi eternamente lucidi di Enea sono dunque i tuoi…
Sono i miei. Li ho portati e regalati a Enea perché mi sembrava giusto farlo. Se ci rifletto, il maggior punto di incontro che ho trovato con Enea sta proprio nell’amore per i ricordi e nel commuoversi per ciò che si è vissuto: come accade a me, Enea è coinvolto emotivamente al 100% quando parla dei suoi ricordi ed è molto emozionante sentirlo parlare delle sue esperienze di vita.
Non hai mai studiato recitazione ma ti ritrovi oggi a dover condividere con Andrea Di Luigi, altro attore esordiente, il peso di un film che poggia tutto sulle vostre spalle. Che vi siete detti la prima volta che vi siete visti?
Curiosamente, io e Andrea ci siamo incontrati per la prima volta a un provino: lui era l’esaminato e io gli facevo da spalla. Tra i tanti presenti, era uno dei più bravi ma, dopo quel momento, non ci siamo più visti fino a quando non c’è stato l’incontro con Ferzan Ozpetek. Nessuno dei due era a conoscenza del fatto che Ozpetek aveva già scelto entrambi, anzi… eravamo anche molto agitati perché credevamo di essere stati chiamati per lo stesso ruolo. Siamo stati messi davanti alla macchina da presa, faccia a faccia, e ci hanno chiesto di parlare delle nostre vite prima di rivelarci che saremmo stati Enea e Pietro.
Andrea, a differenza mia, ha studiato tanto e si merita il ruolo di Pietro. L’ho visto relativamente poco sul set - insieme abbiamo girato le scene degli anni Settanta prima di dedicarsi ognuno alle proprie – ma sono rimasto molto colpito dal lavoro che ha fatto: non solo ha dato al personaggio tutto ciò che era sulla carta ma anche una propria identità che passa attraverso l’espressività del suo sguardo o del suo viso. Andrea è capace di farti morire dal ridere anche solo facendo una faccia: l’armonia divertente che si è creata tra noi ci ha aiutati a esorcizzare la grande tensione emotiva che serviva in scena.
Affrontiamo subito la questione senza girarci troppo in tondo. Condividete il peso di una scena quasi anomala per il cinema italiano, una scena anche molto lunga in cui entrambi siete frontalmente nudi. Quanto è stato complicato girarla?
Sul set, c’era un intimacy coordinator, una figura che è stata messa a disposizione da Netflix con la quale abbiamo avuto l’opportunità e la possibilità di comunicare e collaborare tutti coloro che dovevano essere coinvolti da una scena di sesso e, quindi, io e Andrea ma anche Aurora Giovinazzo e lo stesso Ferzan Ozpetek.
Quanto è stato complicato? Il film è complicato semmai a livello emotivo da girare non per il nudo, che sapevo esserci già dalla sceneggiatura. La difficoltà di determinate scene, secondo me, è da ricercare nel rapporto che ognuno ha con la propria fisicità: io non ho problemi a riguardo. Rivedersi, comunque, un certo effetto lo fa: nessuno di noi è abituato a vedersi frontalmente. Ma, a parte ciò, non mi ha sconvolto girare nudo, anche perché tutto era sotto controllo e tutti siamo stati in grado di gestire la situazione in maniera molto sensibile.
Il corpo è estensione dell’attore stesso. Quando sono su un set, smetto di essere Damiano e divento il mio personaggio. Tutto ciò che vediamo in Nuovo Olimpo non è Damiano ma Enea, non sono più io: è il personaggio a prevalere e a portare avanti il film, non Damiano. Cerco di staccarmi il più possibile da me per abbracciare un’identità del tutto nuova a cui dar qualcosa di mio.
Sul set di Nuovo Olimpo si sei dovuto confrontare con la recitazione di alcuni tra i nomi più apprezzati del nostro cinema: Luisa Ranieri, Greta Scarano, Giancarlo Commare, Aurora Giovinazzo. Hai mai avvertito il peso delle aspettative sulle spalle?
Ho iniziato a fare questo lavoro un po’ per caso ma sin sa subito ho avvertito la necessità di sentirmi all’altezza e di confrontarmi con persone molto più grandi di me. Mi riferisco agli esordi nella serie tv Un professore, in cui ho dovuto relazionarmi con un grande regista come Alessandro D’Alatri, molto più adulto di me, o con attori del calibro di Alessandro Gassman e Claudia Pandolfi, due persone mature con tantissimi anni di esperienza alle spalle. Nel pensare a loro o a Greta Scarano o a Luisa Ranieri come alle persone che sei abituato a vedere sullo schermo ti trovi spiazzato ma arriva poi un momento in cui ti rendi conto che sono persone esattamente come te. Rimani sconvolto semmai dal pensare che sono dei professionisti che riescono ancora a mostrare e mettere interesse in ciò che fanno anche dopo decenni in cui fanno questo mestiere.
Per Enea, il tuo personaggio, il cinema è fondamentale sia da spettatore sia da autore. Per Damiano, cos’è?
Il cinema per me è una passione che è diventata vita. La mia attuale vita ruota intorno al cinema anche sul lavoro. Sto avendo la possibilità e la fortuna di far parte di un mondo che ho sempre amato e apprezzato tantissimo e che mi ha coinvolto in ogni momento della mia esistenza. L’arte in generale, non solo il cinema ma anche la musica, ha il grande pregio di riuscire a coinvolgerci e farti riconoscere nei testi o nelle immagini. Mi riconosco molto in Enea e nel suo percorso: come lui, anch’io sto iniziando a muovere i primi passi ad esempio.
Il 16 novembre parte su Rai 1 la seconda stagione di Un professore, in cui si scioglieranno molti nodi legati al tuo personaggio e al suo bacio con Nicolas Maupas. Sia Enea sia Manuel sono due personaggi che hanno un’identità sessuale fluida. Non temi di rimanere ingabbiato?
C’è chi mi dice che dovrei adesso interpretare il cattivo ragazzo con pistola e mitra. E c’è chi invece continua a vedere in me una certa dolcezza. Per quanto mi riguarda, non ho paura di rimanere ingabbiato perché, comunque, penso di aver dato prova della mia versatilità variando dal punto di vista fisico, estetico e caratteriale.
Nuovo Olimpo: Le foto del film
1 / 48Tua sorella Lea, come te, è un’attrice. Vi confrontate su quello che fate?
Molto. Ci sosteniamo e ci confrontiamo spesso: Lea è una delle prime persone che, dopo la proiezione di Nuovo Olimpo, è venuta ad abbracciarmi… è stato molto commovente. Senza di lei, non so se sarei stato in grado di fare il mio primo provino: i suoi tanti consigli sono stati utili non solo dal punto di vista artistico ma anche da quello burocratico. Non mi ero mai confrontato prima con le tante problematiche e sui tanti punti interrogativi che il lavoro di attore comporta: è bello aiutarsi!
Siamo sempre andati d’accordo, sin da piccoli. Come tutti, litigavamo un po’ da adolescenti, quando è normale che accada: è quella fase della vita in cui tutti ricerchiamo noi stessi.
Com’è stata la tua adolescenza?
La mia è stata un’adolescenza molto tranquilla: cercavo di essere il più consapevole possibile di quello che stavo vivendo. La consapevolezza è l’unica cosa che ho sempre ricercato, ricerco e continuerò a ricercare nelle mie esperienze.
In adolescenza si fanno tante scoperte. Ho scoperto ad esempio la città cominciando a uscire da solo e ho cominciato a comunicare da solo con le persone senza più la mediazione di mamma e papà. Non ci si riflette molto ma l’adolescenza è quella fase della vita in tutti noi iniziamo a comunicare con gli altri in maniera diretta e ad assumerci delle responsabilità nostre.
Cosa ti è pesato di più?
Vedere le persone care andarsene. È una responsabilità che tutti siamo chiamati a prenderci ma non sempre, quando accadono nell’adolescenza, si ha il coraggio e la prontezza che servono per affrontare determinate perdite. Accettare il fatto che le persone a un certo punto devono prendere un’altra via mi è pesato molto.
Un’altra via è quella che, profeticamente, potrebbe prendere anche la tua vita dopo Nuovo Olimpo. Mi è appena arrivato un alert da Biccy in cui anche una tua semplice dichiarazione diventa notizia: “Io corteggiato da maschi e femmine”. La tua vita privata sta smettendo di essere tale.
Non ho problemi si quello che scriveranno. Di mio, sono una persona molto riservata che vive la sua vita e le sue relazioni nella maniera più sana possibile. Per quanto posso, cerco di far entrare la fama il meno possibile nella mia vita personale tenendola fuori dalla porta di casa. Mi sono ripromesso di essere quello che sono sempre stato.
Non ti infastidisce il tentativo di “scoprire” la tua identità sessuale?
No, perché intanto so io qual è. Poi se qualcuno ha l’idea di chiedermelo, non ho problemi a rispondergli.
Le persone malinconiche vivono anche di ricordi. Qual è il primo che ti viene in mente aprendo il cassetto della tua vita?
La spiaggia in cui andavo quando ero piccolo e in cui vado tuttora. L’associo a un periodo molto felice di grande condivisione con la mia famiglia.
Ma non fanno impazzire i genitori due giovani figli attori?
Sono rimasti un po’ scioccati quando anch’io ho iniziato a recitare: è impegnativo avere due figli su due attori. Ma sono sempre state persone molto comprensive: sono contentissimi di ciò che facciamo ed io sono felice che siano venuti alla Festa del Cinema di Roma, dove ho potuto vedere la loro commozione a fine proiezione.
Cosa volevi far prima di metter piede sul set?
Coltivavo lo stesso sogno di tantissimi altri bambini: volevo diventare un calciatore. Tra tutti i miei amici e compagni di classe era il lavoro più gettonato. Ci ho pensato fino ai sedici anni: giocavo, anche molto bene, a livello agonistico ma poi al liceo, studiando, ho smesso.
Romano o laziale?
Laziale. È una passione che si trasmette di generazione in generazione.
Da bambino, la malinconia ti portava ad avere problemi a relazionarti con i tuoi coetanei?
No, fortunatamente no. Sono stato un bambino e un adolescente piuttosto sereno. Mi sono sempre tenuto stretto i miei amici: anche oggi, sono quelli di sempre.
La tua è una spiazzante sincerità che si riflette anche nell’uso che fai del tuo profilo Instagram. Sei totalmente avulso dai meccanismi dell’apparire a tutti i costi.
Anche prima di Un professore, postavo una volta a ogni morte di papa. Faccio uno sforzo enorme a postare oggi così tanto, anche perché preferisco dedicare le mie giornate ad altro. Tra le mie passioni, c’è anche la musica: suono il contrabbasso, la chitarra, la batteria e il pianoforte.
Quattro diversi strumenti?
Ho cominciato a suonare la chitarra da piccolo ed è venuta dopo la batteria. Ho poi frequentato il liceo musicale e mi sono avvicinato al contrabbasso e al pianoforte. Dei quattro, quelli che suono maggiormente sono la chitarra e il pianoforte, anche perché il contrabbasso richiede attenzioni e prestazioni particolari: è come se fosse una specie di altra persona, enorme, che necessita di manutenzione, tempo e tecnica, tutti fattori che dopo aver smesso la pratica continua (al liceo lo suonavo in un’orchestra) mi hanno abbandonato. Chissà, forse un giorno riprenderò a suonarlo…
Come mai hai scelto il liceo musicale?
Me l’hanno suggerito i miei genitori. In un primo momento, avrei voluto fare come la maggior parte dei miei compagni di classe alle medie il liceo scientifico ma la matematica non era di certo il mio forte. Dopo il consiglio dei miei, ho sostenuto il test di ingresso al musicale ancor prima di affrontare l’esame di terza media: ho fatto un esame prima del primo esame!
Mi hanno quindi preso al primo tentativo ed è stato molto affascinante come percorso: mi ha dato la possibilità di conoscere tante persone che provenivano da esperienze diverse dalla mia. Non me ne sono mai pentito: se tornassi indietro, rifarei la stessa scelta.
Non è che i tuoi genitori avevano intravisto qualcosa di artistico in te?
Può darsi. Anche perché la vena artistica nella mia famiglia c’è sempre stata, seppur abbia saltato la generazione dei miei genitori. Mio nonno, ad esempio, faceva i fotoromanzi negli anni Cinquanta per pagarsi gli studi di Ingegneria: usava un nome d’arte per non essere riconosciuto, il suo obiettivo erano l’università e il lavoro che avrebbe poi svolto. La mia bisnonna, invece, era una cantante lirica… e io e mia sorella abbiamo ereditato a pieno il loro estro artistico!
Il peggio che si possa chiedere a una persona malinconica è proiettarsi nel futuro e vedersi tra dieci anni. Come ti vedi?
Così come sono ora…