Torna Festival Abbabula per la sua 24ma edizione, organizzato dalla Cooperativa Le Ragazze Terribili e in programma dal 29 luglio al 9 agosto, a Sassari ed Alghero. Per chi non conoscesse il festival, parliamo di una rassegna che da sempre cerca di affiancare nuovi nomi del pop e del rap italiano a grandi interpreti e di dare, come sempre, ampio spazio alle proposte di artisti locali di qualità.
Quest’anno Festival Abbabula si farà in due; alla tradizionale sede di Sassari (Cortile di Palazzo Ducale), cui spetterà il compito di aprire il festival il 29 luglio con le esibizioni di Federico Marras Perantoni e Luigi Frassetto, si affiancherà l’Anfiteatro Ivan Graziani di Alghero con il resto della programmazione. Per conoscere il cartellone, vi rinviamo al sito ufficiale di Abbabula Festival ma sappiate che tra i tanti artisti a esibirsi ci saranno anche Tananai, rivelazione dell’ultimo Festival di Sanremo da noi sempre amato, e BigMama, rapper e icona del “body positive” la cui storia è stata raccontata anche della docuserie di RaiPlay Tu non sai chi sono io.
Un festival come Abbabula fondato da un gruppo di donne che si chiamano Le Ragazze Terribili e che guarda alla generazione millennial non poteva che catturare l’attenzione di TheWom.it. E la nostra intuizione sulle difficoltà che un’organizzazione del genere può incontrare era giusta: il mondo della musica è sempre stato considerato monopolio degli uomini e riuscire in qualche modo ad affermarsi per le donne è sempre stato complicato. Sia davanti sia dietro le quinte.
Abbiamo allora raggiunto Barbara Vargiu, la presidente del consiglio di amministrazione nonché una delle fondatrici della cooperativa Le Ragazze Terribili. Con lei, abbiamo parlato di Festival Abbabula, del suo programma, della sua mission e dei suoi ospiti. Ma ne abbiamo approfittato nel corso di quest’intervista esclusiva per fare il punto su come per le donne certe professioni vengano ancora oggi considerate tabù, su quanto impegno serva per portare avanti la cultura e su quali sacrifici una donna è chiamata a fare per conciliare lavoro e vita privata. È venuto fuori un esempio di realtà felice e fuori da ogni schema da preservare e tramandare.
Intervista esclusiva a Barbara Vangiu, presidente di Le Ragazze Terribili
La prima domanda è d’obbligo. Che cos’è il Festival Abbabula per chi lo conoscesse?
Abbabula è un festival di musica d’autore che è giunto alla sua ventiquattresima edizione. È nato nel 1996 e da allora si svolge ogni anno. Da una parte, concentra la sua attenzione su artisti nazionali e internazionali legati alla musica d’autore. Dall’altra parte, invece, svolge quasi un’azione di scouting sul territorio (ma anche a livello nazionale) per individuare nuovi e talentuosi artisti emergenti. Quest’anno, poi, Abbabula si allarga. Oltre agli spazi di Sassari, può contare su uno spazio più grande che è l’Antiteatro Ivan Graziani di Alghero, che riapre dopo una decina di anni in cui ha subito un’opera di riqualificazione.
Sono stati tantissimi gli artisti emergenti passati per Festival Abbabula che poi sono diventati famosissimi.
Nel 2011, ad esempio, è stato Abbabula ad ospitare Mannarino con un concerto gratuito in una piazza del centro storico di Sassari e Brunori (che ancora si chiamava Brunori Sas): fu un’edizione pazzesca, con grandi artisti che sarebbero da lì a poco diventati dei nomi importanti del panorama nazionale.
Puntiamo tantissimo sulle nuove generazioni. Oramai, noi “ragazze terribili” siamo mamme di figli adolescenti e da loro ci facciamo raccontare quali sono le nuove tendenze. Abbiamo la fortuna di avere una linfa vitale che, da noi stessa generata, ora ci infonde suggestioni.
Com’è cambiato Abbabula negli anni?
È cambiato tantissimo: da piccolo evento si è allargato. Le Ragazze Terribili nascono come organizzatrici di concerti e hanno concentrato la loro attenzione su quella che è la cosiddetta musica d’autore. Questo ci ha permesso di portare al festival nomi come Vinicio Capossela, Caetano Veloso, Marianne Faithfull o gli Avion Travel. Dopo aver esplorato la musica d’autore in tutte le sue possibili declinazioni, abbiamo deciso di esplorare il panorama musicale che si è affermato negli ultimi anni.
Il nostro è un lavoro che non si ferma al solo Festival. Stiamo ad esempio lavorando molto sulla formazione del pubblico e lo stiamo facendo grazie a progetti che portiamo avanti in ambito scolastico. Consideriamo l’edizione di quest’anno come la punta di diamante di questo percorso: per la prima volta, poniamo più attenzione ai nuovi fenomeni giovanili mentre continuiamo a coltivare quelli che sono i gusti del nostro target boomer, come si direbbe oggi.
Si inserisce in questo contesto l’omaggio alle canzoni di Lucio Battisti, Pensieri e parole, portato in scena da Peppe Servillo, o la produzione originale Che cosa sono le nuvole? Pasolini e la musica di Luigi Frassetto, un artista sassarese che fa musica d’autore in dialetto turritano. Ma l’attenzione maggiore è puntata sui giovani e sui ragazzi.
Crediamo che occorra investire sul pubblico di domani e che occorra allontanarlo dagli smartphone per fargli sentire le emozioni che possono dare gli eventi dal vivo. Vorremmo che i giovani ritornassero a vivere quei sussulti che vivevamo noi quando sentivamo la musica live, quell’energia che si creava e quella voglia di trasmettersi emozioni l’uno con l‘altro.
Come fate a coniugare l’innovazione con la tradizione?
Bisogna innanzitutto partire da alcune idee e da alcuni sentori, capire in anticipo quali sono le proposte più interessanti. È chiaro che d’aiuto sono anche i meccanismi commerciali che ruotano intorno agli artisti. Studiamo chi sarà in promozione tra luglio e agosto, chi ha un disco in uscita o chi è in tour. Non è che tutti gli artisti che ci vengono in mente sono disponibili: Sassari è sempre alla periferia dell’Impero Romano. Fortunatamente, la Sardegna d’estate è una meta appetibile per molti!
Questo non vuol dire che non stiamo attente ai gusti del nostro pubblico. Con gli anni, abbiamo imparato a conoscerli e non vogliamo tradirne le aspettative. Contiamo sulla nostra sensibilità, dunque, sull’analisi del contesto ma contestualmente anche sull’offerta.
Immagino che l’esperienza ormai la faccia da padrone per quanto riguarda l’organizzazione.
Esperienza ed intuito. Io vado molto anche d’istinto. È un modo per coniugare cervello e pancia. Tra gli artisti giovani che si esibiranno quest’anno tra i tanti che vanno da Tananai agli Psicologi c’è anche BigMama, per esempio. L’ho voluta fortemente: credo che sia la vera grande rivelazione di quest’anno. Mi è capitato sottomano un suo video e mi ha letteralmente folgorata. Nelle sue canzoni e nelle sue apparizioni si porta un carico di contenuti fortissimi, legati anche alla propria esperienza personale. Mi è piaciuto molto il modo in cui ha reagito verso chi su di lei ha fatto body shaming: porta avanti un bellissimo discorso sull’accettazione del corpo e di se stessi.
BigMama è un esempio molto positivo per tutte le donne e per le ragazze. Nonostante sembrino più autonome e libere, le ragazze negli ultimi anni hanno vissuto secondo me una regressione rispetto ai modelli di fisicità. Sono certo libere di vestirsi come vogliono ma ho notato che c’è un po’ troppa enfatizzazione del corpo femminile: mi sembra di essere ritornati all’idea della donna oggetto e ciò mi infastidisce parecchio. Sembra quasi che le battaglie femminili degli anni Settanta siano state buttate nel cesso. È difficile trovare oggi una giovane artista che faccia veramente come vuole: BigMama è una di queste. Ha imparato a piacersi, ad amarsi e a fregarsene di coloro a cui non va bene così com’è. Il suo è un messaggio che conforta.
Tuttavia, anche gli altri artisti giovani scelti non sono da meno. Molti di loro portano all’attenzione contenuti anche molto pesanti nelle loro liriche, partendo dal disagio fino ad arrivare alla difficoltà di staccarsi da un certo tipo di ambiente. Sono sì artisti pop ma, nell’ottica della musica d’autore, sono stati invitati per i temi che trattano. Mi intriga molto questo loro aspetto.
L’attenzione ai testi delle canzoni non può che portarmi a chiederti della collaborazione con Fino a Leggermi matto, il festival letterario a tema musicale.
Fino a Leggermi Mattoè una costola di Abbabula. In passato, abbiamo collaborato a un festival letterario, portandolo avanti per una quindicina di anni. A esperienza conclusa, abbiamo sentito il piacere e l’esigenza di far confluire in un nuovo contenitore tutto l’esperienza che avevamo accumulato sugli incontri tra parole e musica. Abbiamo sempre posto molta attenzione al legame che intercorre e nel 2007 abbiamo avuto anche l’onore di ospitare un artista del rango di Arnoldo Foà. Quella del 2022 sarà la terza edizione di Fino a Leggermi Matto.
Quali difficoltà avete incontrato negli anni nell’organizzazione del Festival Abbabula?
È cambiato tantissimo. Abbabula deve il suo nome a un’espressione sarda. Tradotta vuol dire acqua alla gola e rende parecchio il presupposto da cui è nato. Le Ragazze Terribili siamo un team di donne, da poche eravamo siamo diventate un po’ di più. Tra le maestranze oggi ci sono anche degli uomini ma il core dell’organismo rimane sempre al femminile. Non è stato facile fare passi avanti in un contesto tipicamente maschile come quello della musica: per noi, c’erano solo calci nel sedere. È stata molto dura e tosta. E lo è tuttora.
La famosa disparità di genere l’abbiamo provata sulla nostra pelle. Viviamo in un contesto in cui le donne potevano pensare alla carriera solo in un secondo momento. Abbiamo conosciuto il bullismo di chi presupponeva che non eravamo competenti o adatte a portare avanti un lavoro del genere.
Come nascono Le Ragazze Terribili?
Eravamo un gruppo di amiche, tutte ragazze giovani, molto autonome e con la voglia di viaggiare. Abbiamo viaggiato molto: erano gli anni degli InterRail, con un solo treno si girava l’Europa. Li chiamavamo i viaggi della speranza, ci permettevano di vedere i Rolling Stones a Berlino Est e gli U2 a Dublino qualche giorno dopo. Volevamo anche andare a vivere all’estero ma i casi della vita che non puoi mai prevedere ci hanno fatto rimanere in Sardegna.
Tuttavia, non riuscivamo a stare ferme. È subentrato presto il desiderio di fare qualcosa sul territorio: se non potevamo andare noi fuori per vedere gli artisti, potevamo portare gli artisti da noi. Da qui è nata l’idea di cominciare a organizzare qualcosa insieme: in un primo momento, si trattava di eventi molto piccoli. Nel dicembre del 1988 è nato così il collettivo Le Ragazze Terribili. Il nome lo dobbiamo a un nostro amico, che ce lo ha suggerito durante uno shooting fotografico per dei manifesti.
E in effetti ricordavamo sul serio una banda di ragazze terribili. Forse lo eravamo: giravamo sempre in macchina, non chiedevamo mai passaggi ai ragazzi, andavamo a ballare la notte e tornavamo a casa senza dover chiedere niente a nessuno. Ed erano quelli anche anni terribili: sapessi quante volte la notte c’erano macchine che ci seguivano, comprese le pattuglie della polizia. Era un po’ difficile accettare che delle donne fossero del tutto autonome.
L’amore e odio nei confronti delle Ragazze Terribili, come ti dicevo prima, ancora ci accompagna. Anche se da collettivo siamo diventate una cooperativa che produce e dà lavoro. Abbiamo diversi dipendenti, lavoriamo, accogliamo clienti, produciamo e forniamo servizi di varia natura legati chiaramente a temi culturali, rendicontazione, progettazione, project management e via di seguito. Ma il mantra è sempre lo stesso: quanto siete terribili? È una delle conseguenze dell’essere donne.
E come procede adesso la vostra attività?
Da quando siamo nate, sono passati più di trent’anni. Non abbiamo debiti con nessuno. Siamo sempre state attente a pagare i fornitori e i dipendenti, non abbiamo cause pendenti e continuiamo a svolgere il nostro operato nel migliore dei modi. Tuttavia, in Italia lavorare con la cultura viene considerata sempre un’anomalia, in tanti non la vedono nemmeno come una professione. In più, noi donne continuiamo a essere viste con un occhio diverso: questo è un mondo fatto prevalentemente di uomini. Anche le artiste donne sono sempre più difficili da trovare: come se avessero meno da dire rispetto ai loro colleghi uomini. Del resto, veniamo da un passato in cui le donne dovevano fingersi uomini per stare su un palco. Spero che con le nuove generazioni cambi almeno qualcosa: le nuove leve sono molto più scatenato e sono contenta. Crediamo e puntiamo su di loro.
E non dimentichiamo che tutte le donne che lavorano sono chiamate ad affrontare contemporaneamente tutti gli impegni che vengono dal fronte familiare. Si dimentica sempre che le donne, a differenza degli uomini, non smettono mai di lavorare.
Non è scontato che venga ricordato, anche nei contesti familiari. Ci sono mariti che nemmeno se ne rendono conto ed altri che, menomale, lo dicono. Personalmente, quando smetto di lavorare e rientro a casa, ho due figli, una famiglia e una casa, per l’appunto, da mandare avanti. Io ho avuto la fortuna di avere un grande uomo al mio fianco e questo mi ha salvata. Però, ho capito che non è scontato che una donna venga supportata.
Le Ragazze Terribili si sono sempre aiutate a vicenda. Il fatto di essere una cooperativa di donne ci ha permesso di gestire le gravidanze e la crescita dei figli con uno spirito diverso. Forse perché c’è di fondo una sensibilità diversa. Quando ci sono state delle necessità legate alla famiglia, non ci siamo aperte porte ma autostrade. Abbiamo tra di noi messo in atto quella famosa conciliazione famiglia-lavoro, funzionava e funziona ancora quasi di default. Nella nuova sede, abbiamo anche una stanza dove le madri possono portare e tenere i loro bambini, per farti un esempio.
Il vostro è un bell’esempio, anche perché nato sullo sfondo di una terra che è patriarcale, dove siete riuscite a trasformare una passione in lavoro senza mai arrendervi.
In realtà, in Sardegna il matriarcato è molto forte. Tuttavia, soccombe di fronte a un altro aspetto: i ruoli apicali sono riservati agli uomini. Non credo tanto nelle quote rosa in quanto tali ma penso che la discussione serva quantomeno a riconoscere il ruolo e le capacità delle donne. Non si capisce perché a una donna venga richiesto di essere bravissima per conferirle un incarico mentre a un uomo si assegna a occhi chiusi: è quasi una beffa. Ma credo nelle nuove generazioni e questo ci spinge ad andare avanti e investire anche nella formazione e nella possibilità di poter fare da impresa culturale.
Per questo genere di attività è, però, importante l’aiuto dello Stato: paradossalmente, siamo rientrate nel Fondo Unico dello Spettacolo solo lo scorso anno. Avevamo fatto la prima domanda quindici anni fa ma prima per lo Stato non facevamo cultura. Arnoldo Foà, Marianne Faithfull e gli Avion Travel non bastavano.