Alessandra Scarci è una giovane attrice milanese che sta conoscendo in questi giorni il successo. Agrodolce, uno dei film di cui è protagonista con la regia di Alessandro Prato, è approdato su Prime Video. Ma non solo: la piattaforma il prossimo anno ospiterà in esclusiva anche Ed è subito commedia, altro titolo di cui Alessandra Scarci è protagonista. Si tratta di una commedia che, diretta da Brando Improta, tratta in maniera divertente anche alcuni temi che leggeri non sono, come il revenge porn.
In Ed è subito commedia, Alessandra Scarci è affiancata dallo stesso Improta ma anche da nomi più noti come Veronica Maya ed Enrico Vanzina. “La commedia all'italiana ha uno specifico preciso, è un tema drammatico che viene declinato in maniera leggera e ha raccontato il contemporaneo via via, sempre con 5 minuti di anticipo”, ha ricordato con estrema lucidità Vanzina, sottolineando come non esistano generi per farci riflettere.
Giovane che sa quello che vuole, Alessandra Scarci ha una storia alquanto complessa alle spalle. Ha combattuto ad esempio il bullismo in prima persona e, per la prima volta, trova il coraggio di parlarne in questa nostra intervista esclusiva. Ma non si sofferma solo quello. Nel rivelare chi è, apre le porte della sua vita e ci descrive come dalla danza è arrivata al cinema dopo varie peregrinazioni sia formative sia professionali. Ma sulla sua determinazione non si discute. E nemmeno della sua versatilità. Dopotutto, se è già stata scelta da Paolo Sorrentino o da Abel Ferrara, due registi che non la mandano a dire, un motivo ci sarà.
Intervista esclusiva ad Alessandra Scarci
“Sono da poco tornata da un festival in Svizzera in cui è stato presentato Agrodolce”, ci dice subito Alessandra Scarci. “È stata un’esperienza molto particolare che mi ha permesso di capire come l’opera viene recepita dalla gente e dagli addetti ai lavori: quando un film esce al cinema, passa in televisione o va sulle piattaforme non ne hai mai percezione diretta”. E Agrodolce alla 35ma edizione del Castellinaria Film Festival è stato ben accolto a giudicare dal Premio Utopia ricevuto. “E ne sono molto felice”, aggiunge Alessandra Scarci.
Ti vedremo a breve come protagonista di Ed è subito commedia, un film che dopo aver girato vari festival approderà su Prime Video. Da giovane attrice ai primi ruoli da protagonista, che esperienza è stata?
Ed è subito commedia è una commedia sull’amore, che ha avuto anche un’introduzione molto importante da parte di Enrico Vanzina. Il suo preludio restituisce molto di quello che è anche il mio pensiero: attraverso una commedia dai toni divertenti e allegri si possono affrontare tematiche importanti e dai risvolti drammatici. Quello che interpreto è un personaggio che in passato ha dovuto affrontare scelte molto importanti: ha dovuto abbandonare la propria città, i cari e gli amici, perché è reduce da un abuso di revenge porn. Deve dunque necessariamente reinventarsi, darsi una seconda possibilità e trarre degli insegnamenti da quanto le è accaduto.
Rispetto ad Agrodolce in cui ho interpretato una ragazza che per molti versi mi somiglia, per il ruolo di Giada in È subito commedia ho dovuto cimentarmi con un carattere che è all’opposto del mio. La responsabilità addosso era molto grande soprattutto nei confronti dei professionisti con cui mi relazionavo. Brando Improta è un regista indipendente che ha ricevuto diversi riconoscimenti ed è anche un bravo attore, che recentemente ha preso parte anche a La stranezza di Roberto Andò.
Da film indipendente, È subito commedia ha avuto anche dei ritmi di lavoro molto sostenuti. Abbiamo girato giorno e notte, instancabilmente. Ci sono state notti in cui si dormiva veramente poco: occorreva ovviamente ottimizzare tutto ma senza perdere la voglia di offrire un buon prodotto.
Ed è subito commedia: Le foto
1 / 4Il cinema indipendente è fatto di sacrificio. Una parola a cui forse sei abituata dal momento che hai cominciato a far danza sin da piccolina.
Ho un passato da ballerina e da insegnante di danza. Giusto qualche giorno fa riflettevo sul sacrificio: dopo un periodo di intenso lavoro, sono finalmente tornata a ballare in un locale di latino-americano, una delle mie passioni. Mentre ballavo, pensavo all’importanza della danza e su quanto abbia finito con l’influire sulla mia carriera. Ho cominciato con la danza classica ma sono poi passata alla danza di coppia, qualcosa che ti insegna quanto sia importante comunicare con il partner ma anche con se stessi nella maniera giusta.
Nella danza di coppia, l’uomo propone un passo e la donna, qualora decida di accettarlo, lo esegue con tanta disciplina e tanto sacrificio alle spalle. Sono due concetti quasi innati per me. tendo a essere costante e molto disciplinata in tutto ciò che faccio: anche sul lavoro, non sgarro mai. E il rigore e la presa di responsabilità con cui mando avanti il mio lavoro non possono che essere figli della danza.
Relazionarsi con se stessi sembra facile. Mi rendo conto però che si è quasi perso nelle generazioni più giovani alla mia: ci si butta a capofitto nelle cose senza interrogarsi realmente su ciò che significa prendersi un impegno. Lo vedo anche nel mondo della recitazione: vogliono tutti far gli attori ma allo stesso tempo sono pronti a nascondersi dietro a un luogo comune (lo spazio è ristretto) nel momento in cui non ce la fanno senza assumersi mai le proprie responsabilità. Non ci si può arrendere al primo tentativo: realizzarsi richiede tempo, costanza, impegno e capacità anche di comunicazione.
La danza però è qualcosa che a un certo punto hai messo da parte per diplomarti e far contenti i tuoi genitori. Cosa non andava loro bene delle tue aspirazioni artistiche?
Ho iniziato con la danza in tenerissima età. Mia madre la scelse come sport indicato a me: c’è chi faceva nuoto o calcio mentre io facevo danza. Pian piano, da hobby la danza è diventata sempre più ingombrante nella mia vita: paradossalmente, più andavo avanti più mi rendeva insicura. Anche perché avevo un fisico che mi differenziava dalle altre piccole ballerine: ero la più alta tra le mie amichette e il baricentro del mio corpo era ovviamente più spostato. Ho dovuto dunque abbandonare il mondo del classico e sono approdata ad altri generi, con il desiderio di esprimere la gioia di vivere, la bellezza e l’armonia della danza di coppia.
Avrei voluto far diventare la danza un lavoro. Però, i miei genitori – appartenenti a una generazione diversa dalla mia – avevano altre idee. Sono entrambi laureati, si sono mantenuti da soli sin da quando erano molto giovani e hanno lasciato Taranto per laurearsi e raggiungere i loro obiettivi lavorativi. Per loro, la danza non mi avrebbe mai dato quella sicurezza o stabilità che desideravano per la loro figlia.
Ho messo allora da parte la passione per dedicarmi all’imprenditoria. Ho cominciato a studiare Economia alla Bicocca ma sono poi subentrati problemi familiari che mi hanno portata ad abbandonare tutto e a trasferirmi all’estero. In parte, forse, è stato in quel momento che il mio animo ribelle, da sempre abituato a non farsi comandare, mi ha spinto su un’altra strada ancora. Rientrata in Italia, ho cominciato a lavorare come ufficio stampa, osservando da vicino le realtà artistiche. E devo alle mie colleghe, molto comprensive con me, la spinta a voler dare seguito alle mie aspirazioni.
Aspirazioni che ti hanno portata a incontrare sul tuo percorso grandi nomi. Paolo Sorrentino ti ha scelta per Loro mentre Abel Ferrara per Tommaso. Cosa pensi che abbiano intravisto in te come attrice? Secondo te, quali sono le tue maggiori qualità attoriali?
Con molta umiltà, penso di essere un’attrice versatile e naturale, anche se devo ancora imparare tantissimo e superare determinati limiti. Mi diverto a far uscire delle parti di me che magari neanch’io conosco. Sarà anche perché ho ripreso l’università e mi sono iscritta a Psicologia, un’altra delle mie grandi passioni. Mi ero diplomata al Liceo delle Scienze Psicologiche e sono sempre stata attratta da tutto ciò che ti porta a sentirti perso quando vuoi far tante cose e non riesci a farle bene. Devo per l’esperienza sul set di Tommaso dire grazie a Studio Cinema International di Massimiliano Cardia e Pino Pellegrino per avermi fatta studiare con i nomi più importanti del cinema.
Come donna, tra le righe ti sei definita molto introversa e ombrosa. Quali sono le ombre che ti porti appresso?
Raggiungerò la mia maturità creativa quando avrò il coraggio di mostrarmi per quella che sono davvero. Mi sento molto introspettiva e riflessiva. Ciò mi porta a essere molto malinconica e a proteggere questo lato del mio carattere: emerge solo quando decido io che avvenga. Ecco perché considero Agrodolce un film che mi ha dato la possibilità di essere me stessa senza il timore di essere giudicata.
Quello del revenge porn affrontato da È subito commedia è un argomento di scottante attualità. Come ti comporteresti nel caso in cui la vittima fossi tu?
È una tematica molto delicata. Non so come mi comporterei ma posso forse fare un paragone con la mia esperienza personale. Quand’ero più piccola, sono stata vittima di bullismo e non l’ho vissuta molto bene. Ero costantemente ed estremamente giudicata: frequentavo le medie e non so come ho gestito la situazione da sola in maniera molto forte e decisa, anche se ancora oggi ne porto addosso i segni. Se potessi tornare indietro, chiederei aiuto. Sono diventata una sostenitrice accanita della psicoterapia, quindi cercherei di affrontare il tutto con il sostegno di chi ti aiuta a costruirti una corazza che ti renda più lucida. Non ci si può in quei casi farsi vincere dall’emotività, la si darebbe vinta a chi vuole farti del male.
Perché eri vittima di bullismo?
Ero una ragazza molto estroversa. A scuola erano successi degli episodi che, senza entrare nello specifico, avevano attirato tutti gli occhi su di me. Spesso il bullismo nasce a causa di qualcosa che viene percepito come “differente”. Nel mio caso, la mia colpa era quella di essere troppo estroversa. Ripensandoci, mi rendo conto di come la scuola non sia stata tutelante e non abbia avuto gli strumenti per proteggermi. Anzi, nel mio caso sembra che abbia favorito tutto quello che è avvenuto.
Ma hai allora raccontato quello che subivi?
Sì, ma sono stata lasciata sola ad affrontare il gruppo. Ma, se da una parte il bullismo mi ha indebolita, dall’altra parte mi ha rafforzata: mi ha insegnato sin da subito come funziona la vita. In quel momento, però, mi è sembrato che il mondo mi crollasse addosso. Ogni tanto la memoria mi restituisce immagini di me che piangevo, stavo veramente malissimo ed ero da sola. Ecco perché mi sento di dire che, anche se si è tutelati dagli adulti, occorre trovare le proprie risorse interne per reagire: i genitori possono proteggerti ma a scuola o in giro tra i leoni ci vai tu…
Mentre ne parlo, ho avuto un flashback di me fuori dall’oratorio circondata da un gruppo di ragazze che volevano menarmi. In quel caso, ho dovuto far appello a tutta la mia forza e al mio istinto di sopravvivenza e preservazione: ho finto di essere io la più forte per poi scoppiare a piangere al sicuro della mia cameretta.
Ha condizionato il bullismo il tuo rapporto con gli altri?
Sì, perché ti rendi conto di quanto gli altri possano farti male. Ma ha anche condizionato il rapporto con me stessa: ho dovuto ricostruirmi per trovare quel senso di autostima e dignità che il bullismo vuole toglierti. Ho dovuto ritrovare la mia identità. Ne sto parlando oggi pubblicamente ma lo faccio perché è giusto condividere le proprie esperienze: è doloroso farlo ma possono essere d’aiuto a tanti altri.
Immagino che da bambina non ci sia stato solo il bullismo. Qual è il ricordo più bello che conservi?
Il ricordo più bello è legato a un carnevale. Mia madre mi ha vestita da giapponesina. Per la prima volta, ho potuto truccarmi. Da sempre adoravo i trucchi e finalmente era la mia mamma a mettermi la matita e il rossetto! Era talmente grande la gioia che sono corsa subito tra gli altri bambini per capire chi avesse il vestito più bello… e con me c’era anche la mia migliore amica, la mia gemellina: che bei momenti!
Credi nella solidarietà femminile?
Si, ci credo. Ma credo anche nella non solidarietà. Questo per dirti che non credo nei concetti ma credo nei singoli casi.
Abbiamo parlato del tuo percorso artistico in maniera positiva. Ma quali sono stati i momenti più complicati da gestire?
I no. Fino a un paio di anni fa li prendevo male: per me, i no erano tutto ciò che mi allontanavo da quello che volevo fosse il mio percorso. Durante la pandemia, invece, mi sono anche reinventata: mi sono scoperta producer cinematografica, un’esperienza che ha rappresentato per me un ulteriore step e che mi ha fatto capire quanto anche i no servano. Mi dispiace solo aver dovuto mettere da parte l’attività ma temevo che potesse allontanarmi troppo dal mio desiderio di affermarmi come artista.
Ma non solo come attrice: dipingo anche e scrivo poesie. Anzi, conosci qualche editore disposto a pubblicarle? Non lo faccio per esigenze economiche: le poesie sono per me un’esigenza di espressione ulteriore. Le tengo nel cassetto da dieci anni: raccontano in maniera quasi cinematografica emozioni, accaduti, relazioni e situazioni che mi hanno vista protagonista. I dipinti, invece, sono di vario genere. Amo molto la ritrattistica e il realismo, così come sono una grande fan del surrealismo: mette in relazione il conscio con l’inconscio, il mio pane quotidiano!
Sono un cancro ascendente toro: molto dolce, fedele e familiare, ma anche molto caparbia e determinata. Mi piace vedermi come l’emoji della luna su WhatsApp: metà bianca e metà nera.
Visto che ne scrivi anche nelle tue poesie, com’è il rapporto con i tuoi genitori oggi?
Ho un ottimo rapporto con mia madre, che è rinato come un’araba fenice. È stata lei a crescermi con tutti gli oneri e gli onori del caso. Da insegnante di matematica, molto rigida e autoritaria, mi ha insegnato le regole. Oggi il nostro rapporto è molto paritario: l’unica persona che stimo è mia madre. La considero un modello da seguire di dolcezza ma anche di creatività: è lei che sin da piccola mi ha stimolata molto e, come me, ama il suo lavoro non per ambizione ma per passione.