Prime Video propone a sorpresa dal 27 febbraio il film American Fiction, diretto da Cord Jefferson e basato sul romanzo Erasure di Percival Everett. Candidato a ben cinque premi Oscar (miglior film, miglior attore, miglior attore non protagonista, migliore sceneggiatura non originale e migliore colonna sonora), il film Prime Video American Fiction è sia una satira pungente sulla mercificazione delle voci marginalizzate sia il ritratto di un artista costretto a riesaminare i confini della propria integrità.
Jeffrey Wright interpreta il personaggio di Monk, un romanziere frustato e stufo di come l’establishment tragga profitto dall’intrattenimento “nero” facendo affidamento su tropi stantii e offensivi. Per dimostrare il suo punto di vista, decide di ricorrere a uno pseudonimo per scrivere un suo stravagante libro “nero”, un libro che lo spingerà nel cuore dell’ipocrisia e della follia che afferma di disdegnare.
La trama del film
Thelonious "Monk" Ellison (Wright), il protagonista del film Prime Video American Fiction, è uno scrittore rispettato e professore di letteratura inglese. Tuttavia, la sua impazienza di fronte alle sensibilità culturali dei suoi studenti minaccia il suo status accademico, mentre il suo ultimo romanzo non riesce ad attirare gli editori, che sostengono che la sua scrittura "non sia abbastanza nera".
Monk si reca nella città natale di Boston per partecipare a un festival letterario dove tutti gli occhi sono puntati sull’autore di un bestseller intitolato We's Lives In Da Ghetto, un libro che Monk respinge come una lusinga ai lettori in cerca di storie stereotipate sulla miseria nera. Nel frattempo, però, la famiglia di Monk vive una tragedia per cui la madre malata richiede un livello di assistenza che né lui né il disastroso fratello (Sterling K. Brown) possono permettersi.
Una notte, in un accesso di rabbia, Monk inventa un romanzo sotto pseudonimo che incarna ogni cliché nero che riesce a immaginare. Il suo agente lo presenta a un grande editore che offre immediatamente il più grande anticipo che Monk abbia mai visto. Mentre si manda il romanzo precipitosamente in stampa e Hollywood si presenta in corte per un adattamento, Monk deve fare i conti con il mostro che ha creato.
Stop agli stereotipi
Adattato dal romanzo Erasure di Percival Everett, il debutto alla regia di Cord Jefferson è una satira incredibilmente divertente della nostra fame di cosiddetta autenticità. Con performance di supporto stellari da Issa Rae ed Erika Alexander, e una serie di cameo spiritosi, il film Prime Video American Fiction è una riflessione, urgente, sulle finzioni che raccontiamo a noi stessi riguardo alla razza, al progresso e alla comunità.
“Dal momento in cui ho iniziato a leggere Erasure, mi è parso che il libro fosse stato scritto appositamente per me”, ha spiegato Jefferson. “Dal protagonista Monk, che si sente alienato dai concetti di razza che hanno molte persone, fino alla madre malata e al riferimento alla mia oscura alma mater, i molti parallelismi del libro con la mia vita lo hanno fatto risuonare in me più profondamente di qualsiasi altra opera d'arte. Appena ho finito di leggerlo, mi sono affrettato a cercare le informazioni di contatto del signor Everett nella speranza di chiedergli la possibilità di un adattamento”.
"Dalla pubblicazione di Erasure sono passati più di 20 anni, eppure le domande che pone rimangono dolorosamente rilevanti: Perché la cultura americana è affascinata dal trauma nero? Perché i professori neri non vengono rappresentati nei libri e nei film con la stessa frequenza dei tossicodipendenti neri, dei rapper neri o degli schiavi neri? Perché le persone bianche con il potere di approvare film, libri e programmi tv, hanno una visione così limitata di come dovrebbero essere le vite nere? Mi sono posto queste domande molte volte, soprattutto quando sento che si sta per produrre un altro film sugli schiavi o quando vedo che si è assunto un altro attore nero talentuoso per interpretare uno spacciatore, un protettore o una madre single che deve superare la sua difficile condizione di vita”.
“Questa visione riduttiva dei neri mi fa arrabbiare. E ho riversato la mia rabbia in American Fiction. Il messaggio che cerco di comunicare con il film è l'asimmetria tra come gli individui si vedono rispetto a come il mondo li vede. Questo va ben oltre una persona nera stanca delle narrazioni sugli schiavi. Credo che le persone di ogni identità possano comprendere la lotta per essere viste come individui distinti, interi e specifici, con una vita interiore che va ben oltre le supposizioni degli estranei”.
“Ho realizzato questo film per tutti coloro che sono stanchi di storie pigre e monotone, specialmente le generazioni di artisti neri che troppo spesso sono stati incaricati di rappresentare sofferenze banali, trascurando le loro innumerevoli altre capacità. Volevo realizzare un film onesto che parlasse sia dell'universalità dell’essere emarginati dal mondo sia della singolare unicità che anima ogni persona sulla terra”.