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Ana Mena: “La libertà di essere se stessi” – Intervista esclusiva

Ana Mena
27 anni e superstar: Ana Mena si racconta con sincerità a The Wom presentando il suo ultimo singolo, Cinema spento, con cui dimostra di non essere etichettabile solo come la ragazza dalle hit estive. Ed è partendo dal brano che rivela l’immagine di una giovane donna che ha le idee chiare su come sentirsi powerful.
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Ana Mena, la giovane star spagnola dal talento multiforme, torna in Italia con un nuovo singolo che promette di sorprendere e conquistare il pubblico: Cinema Spento, in collaborazione con Dargen D'Amico, disponibile dal 24 maggio per Epic/Sony Music. Con un sound che mescola pop, R&B e hip hop, il brano esplora la fine di un amore con una profondità e una sensualità che mostrano un lato inedito della cantante.

Cinema Spento è una canzone che ha preso forma due anni fa ed è la stessa Ana Mena a raccontarcelo nel corso di un’intervista esclusiva che la ventisette artista ci ha concesso. Nata in una mattina invernale mentre pioveva a Milano, Cinema Spento ha rapidamente preso vita, lasciando in Ana Mena una sensazione unica. Il brano, originariamente pubblicato in Spagna con il titolo Un Clásico nell'album dei record Bellodrama (primo nelle classifiche di vendita), ha subito poi un adattamento per il mercato italiano. “Abbiamo rispettato tutta la melodia, ma risultava difficile trasformare il testo originario, così abbiamo deciso di raccontare una storia diversa”, spiega la cantante.

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Ana Mena, a soli 27 anni, ha raggiunto numeri impressionanti nella sua carriera: 57 dischi di platino, un disco di diamante, 11 dischi d’oro in Europa, oltre 6 milioni e mezzo di ascoltatori mensili su Spotify e più di 1 miliardo e mezzo di views. Conosciuta per il suo successo in America Latina, Francia, Italia e Spagna, Ana Mena si è affermata come una delle artiste più amate nella scena pop e urban. Tuttavia, la collaborazione con Dargen D'Amico in Cinema Spento aggiunge una nuova dimensione al brano, unendo due artisti che condividono una visione musicale innovativa e profonda. Il risultato è una canzone che parla direttamente al cuore, affrontando temi universali come l'amore e la sua fine.

Cinema Spento rappresenta un esempio di ciò che Ana Mena intende proporre musicalmente in futuro: un lato più serio, profondo e maturo della sua arte. In Spagna, questo lato è già ben conosciuto, ma in Italia Ana Mena sente la necessità di mostrare tutte le sfaccettature della sua musica e della sua personalità artistica.

Ana Mena (Press: Sara Bricchi e Alessandra Bosi per On - OutNow).
Ana Mena (Press: Sara Bricchi e Alessandra Bosi per On - OutNow).

Intervista esclusiva ad Ana Mena

Com’è nata Cinema spento?

È una canzone nata due anni fa. Eravamo in studio io, Davide Petrella, Marz e Stef, un team con cui mi trovo molto bene. Volevamo fare una canzone ispirata al suono di Bruno Mars, ma ci siamo anche ispirati ai Simply Red, in particolare al brano Sunrise, il desiderio era di raccontare le storie che piacciono a me, quelle malinconiche, con testi un po' nostalgici.

La canzone è nata molto velocemente, in una mattina invernale mentre pioveva, proprio come oggi qua a Milano: quando sono uscita dallo studio, ho portato con me una sensazione unica. Il brano è poi uscito in Spagna, contenuta dentro al mio album Bellodrama con un altro titolo perché raccontava una storia completamente diversa (Un Clásico).

Per riadattarla in italiano, abbiamo rispettato tutta la melodia ma risultava difficile trasformare il testo originario e abbiamo, quindi, deciso di raccontare una storia differente. Anche perché per me sarebbe stato un peccato non farla uscire in Italia: è un esempio di quello che verrà musicalmente in futuro e mostra un mio lato musicale più serio, più profondo, più maturo.

Un lato che comunque all’estero conoscono molto bene.

In Spagna non si sorprendono se a una mia canzone ‘estiva’ ne segue una molto più seria: chi mi segue sa come sono mentre in Italia, che amo e sento come una seconda casa, non c’è ancora la percezione di come io veda la musica o di chi sia come artista.

Hai quasi preceduto la mia domanda: non serve una canzone come Cinema spento a farti levare di dosso l’etichetta di essere un’artista tiktokabile, che ti hanno appiccicato addosso?

Si può dire di sì. Mi sono divertita moltissimo con i pezzi estivi e continuerò a farli perché semplicemente non credo nelle etichette. Si può fare tutto: basta farlo con la propria personalità. Abbiamo bisogno di meno pregiudizi e fortunatamente il pubblico giovane lo capisce. Sono tanti gli esempi di artisti che spaziano tra generi diversi senza problemi e anch’io sentivo la necessità di mostrare chi sono, di proporre la musica che sento mia e che piace a me, anche qui in Italia. A me piace sentirmi libera anche nel mostrare e far scoprire alle persone che mi hanno sempre supportato tutta la musica che faccio.

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Cinema spento parla fondamentalmente di amore. Cosa ti fa capire quando un amore sta finendo?

Quando non esiste più la fiducia o la comunicazione e il dialogo smette di essere buono. Quando vengono a mancare questi presupposti, è chiaro che qualcosa tra due persone non va più.

E cosa, al contrario, ti fa capire quando nasce?

Quando non smetti di pensare a quella persona, quando senti la necessità di scriverle, quando hai voglia di scrivere canzoni per lei e hai cose belle da dire. Quando senti questa connessione e questa voglia di condividere tutto con l'altra persona, è segno che è nato qualcosa di speciale.

Nel tuo percorso personale, hai considerato l'amore un privilegio o una condanna?

Un po' entrambe le cose. L'amore è una fortuna, ma quando finisce può essere una grande sofferenza. Quando finisce, spesso troviamo più ispirazione per scrivere canzoni ma è anche vero che, quando siamo innamorati, viviamo quel momento pienamente e intensamente, ce lo godiamo.

L'amore può essere anche amore per se stessi…

…e questo è fondamentale: per se stessi, per l’amicizia, per la famiglia, per la tua città.

Hai sempre amato te stessa?

Io mi sono sempre amata, alcune volte di più e altre di meno, un po’ come tutti quanti. Amare se stessi è essenziale per poter amare gli altri. Ho vissuto, quindi, relazioni sentimentali anche nei periodi in cui non mi amavo tanto, e quando sono finite, ho dovuto imparare a farlo. E sono rinata. È stato un processo di apprendimento continuo.

Qual è stata la prima mossa che hai fatto quando hai realizzato di non amare tanto?

Rompere.

Ana Mena.
Ana Mena.

C’è stato qualcuno che ha provato a farti sentire diversa e a cambiarti?

Non è che mi abbiano fatto sentire diversa ma a volte, inconsapevolmente o consapevolmente, mi mostravo diversa io quando invece è importante essere sempre se stessi: se qualcuno ti ama, deve amarti per come sei, anche perché altrimenti non funzionerà. Capita però di essere nel posto sbagliato e di non poterne o volerne uscire: è allora che inizi a non comportarti in modo naturale. Ed è un errore: bisogna sempre essere autentici.

Ti sei mai sentita libera? Cos'è per te la libertà?

Per me, la libertà è poter esprimere se stessa senza paura. Ma è anche poter dire "ti amo" venti volte al giorno se ne hai voglia ed è anche poter esprimere senza remora quali sono le cose che non ti piacciono, sempre con rispetto. Libertà è pace, è avere la tranquillità di essere circondata da persone che ti capiscono e non ti giudicano. Questa è la mia idea di libertà.

E in quanto donna è stato facile acquisire questa libertà?

Facile… il mio percorso non è stato mai facile perché comunque ho iniziato presto, già a sette anni, e non ho fatto altro che ciò che sto facendo. Quindi, ho vissuto molte esperienze, alcune belle e altre meno. Non credo che abbia però influito il mio essere donna, almeno voglio pensare che sia così. Ha influito semmai il mio modo di essere o la prima impressione che ho potuto dare.

Fondamentalmente, quando entro in una stanza sono sempre quella che resta in silenzio per la timidezza: non si direbbe ma nel mio intimo sono molto timida. E non sempre gli altri hanno intravisto le mie capacità. E, ripeto, non è stato facile, almeno a tre o quattro anni fa. Fortunatamente, ora posso dirmi contenta di come stanno andando le cose ma è stata dura e appassionante allo stesso tempo: ho dovuto reinventarmi e imparare continuamente.

Ana Mena.
Ana Mena.

Aver cominciato a sette anni non ti ha mai portata a pensare di aver bruciato le tappe?

Penso, e di questo sono molto sicura, che se avessi cominciato più tardi non sarei qui in questo momento: il mio percorso doveva andar così, lo so, e non ho rimpianti. Certo, ci sono state circostanze della vita personale a cui sono arrivata tardi e altre a cui sono invece arrivata molto presto ma la mia fortuna è sempre stata quella di essere circondata da persone più grandi di me.

Molto semplicemente, direi che il mio è stato un percorso diverso ma mi sono comunque goduta la mia adolescenza con tutto ciò che ha comportato: non sento di aver perduto quei frangenti di vita, magari sono arrivati in un momento diverso rispetto agli altri. Ma nel frattempo ho vissuto altro ancora che mi ha fatto crescere, maturare e imparare molto.

Come affronti le critiche sull'uso del corpo nella tua immagine pubblica?

È assurdo che nel 2024 ci siano ancora queste critiche. Mi piace uscire sul palco vestita come voglio perché mi sento bene così: il femminismo è anche sentirsi libere di esprimersi come si vuole, sempre con rispetto. A volte, mi hanno chiesto "perché vai così nuda sul palco?" e io ho risposto "perché mi piace, mi sento bella così".

Vorrei che fosse chiaro che si tratta di una scelta personale: nessuno, tantomeno i discografici, mi ha mai obbligato a vestirmi in un certo modo per vendere di più. Mi sento powerful così, e penso che ognuna debba sentirsi libera di fare lo stesso. Che problema c’è se voglio far vedere le gambe? È lecito farlo così come non farlo perché, secondo me, il vero femminismo consiste anche nell’essere ognuna di noi libera di fare quello che vuole o di mostrarsi come meglio crede. E nel salire su un palco con un body e con un tacco io mi piaccio e, di conseguenza, mi sento bene: sono la persona che voglio essere, libero arbitrio e libera scelta.

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Hai recitato di recente in una serie su Netflix. E immagino che all’orizzonte ci sia altro.

Sì, mi piace molto recitare e cerco sempre di alternare musica e recitazione quando posso. Ho qualche progetto in cantiere e spero di riuscire a incastrarlo con i miei impegni. Non so stare più di due o tre anni lontano dal set. Quando accade, mi si riaccende la curiosità e mi torna la voglia di tornare a farlo. Speriamo di poter raccontare presto qualche novità…

In Italia sei considerata un'icona queer. Come ti fa sentire?

Misento molto fortunata a essere considerata tale. Il pubblico queer è molto fedele, oltre che sempre avanti nelle tendenze, ed è bellissimo sapere che si riconosce in me. Non so cosa abbiano intravisto in me, bisogna chiederlo a loro, ma mi sento grata per il loro supporto.

Hai partecipato nel 2022 a Sanremo. Ha fatto discutere sui social un estratto della trasmissione di Rai che mostrava il dietro le quinte: ti si vedeva sola in un angolo, come se fossi stata ‘isolata’ da tutti. Sei soddisfatta della tua esperienza?

È stata un'esperienza incredibile. E smentisco quell’impressione che in molti mi hanno segnalato sui social: mi sono sentita sempre accolta in Italia e lo sono stata anche in quell’occasione. Spesso la realtà è molto diversa da quella che sembra sui social o in televisione: ero solo concentrata e nervosa perché stavo per esibirmi, lo avrei dovuto fare in una lingua che non era la mia e che ancora non padroneggiavo così bene come oggi.

Sono momenti che dietro quelle quinte tutti gli artisti hanno vissuto: non sempre si può stare a parlare o scherzare tutti con tutti perché ci sono attimi in cui occorre stare in silenzio con se stessi, soprattutto prima di fare qualcosa di molto importante come presenziare su quel palco.

Nessuno mi ha quindi isolato o escluso, tutt’altro… Tra l’altro, ho molti amici in Italia a cui voglio bene e la sensazione di essere a casa non mi è mai mancata. E sono sincera quando lo dico.  

Ana Mena.
Ana Mena.
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