Le ragazze non piangono, presentato ad Alice nella Città, è il film d’esordio di Andrea Zuliani. Romano, classe 1983, Zuliani ha cominciato a lavorare come assistente alla regia e successivamente come aiuto regista dal 2008, dopo aver frequentato il Dams dell’Università degli Studi di Tor Vergata. Diversi sono i progetti, tutti di un certo peso, a cui ha preso parte: da Gomorra a L’amica geniale, arrivando sino al prossimo Filumena Marturano con Vanessa Scalera, solo per citarne alcuni.
Forte della sua esperienza, Andrea Zuliani credeva che presentarsi da regista su un set fosse solo una questione di razionalità, come ci confessa in quest’intervista esclusiva. E, invece, nonostante le idee chiare, il primo giorno di lavorazione del film Le ragazze non piangono si è rivelato per lui un vortice di emozioni che, oltre la testa, mettevano in ballo il cuore.
E ce n’è tanto di cuore e coraggio nel film Le ragazze non piangono. Prodotto da Rain Dogs, TwisterFilm e ShowLab in collaborazione con Rai Cinema, Le ragazze non piangono è un coming of age su strada, un film di formazione che trova il suo motore, fisico e metaforico, in un viaggio dalla Basilicata al Trentino a bordo di un camper. A mettersi in moto è Ele (Emma Benini), una diciannovenne che, legata all’ultimo ricordo del padre morto tempo prima prematuramente davanti ai suoi occhi, tenta di preservare quello che è il suo mondo, ancora adolescenziale e non adulto.
A far da compagna di viaggio ad Ele è Mia (Anastasia Doga), una coetanea rumena arrivata in Italia dopo aver lasciato la sorella minore nelle mani di un padre alcolizzato e violento. La figura paterna, i conti irrisolti con il passato e un futuro incerto legano sin da subito le due ragazze. Sosta dopo sosta, chilometro dopo chilometro, Ele e Mia imparano a conoscersi l’una con l’altra ma anche a capire chi sono realmente. La strada da percorrere diventa simbolo di quello che hanno ancora davanti, di un universo da scoprire e realizzare al di là delle aspettative e delle prospettive spesso ribaltate.
Ele e Mia crescono a bordo del loro camper che attraversa un’Italia inedita e le porta incontro a nuove conoscenze e consapevolezze. Il loro corpo diventa veicolo di scoperte anche fisiche, senza etichette o pregiudizi. La loro mente, invece, è costretta a scoprire che non sempre l’universo degli adulti è così lineare come sembra: è contorto, fatto di deviazioni, di buche e di soste. Proprio come una strada: tocca a noi scegliere se proseguire fino alla fermata successiva o scendere.
Di Le ragazze non piangono abbiamo parlato con Andrea Zuliani, il regista del film scritto insieme a Francesca Scanu. Parleremo molto delle due giovani attrici protagoniste ma al di là della loro prestazione chi scrive non può non ricordare la bravura di due attori come Max Mazzotta, perfetto del suo Mimmo calabrese, e Matteo Martari, disposto persino a sacrificare la sua fisicità per un personaggio ambiguo, sporco e cattivo, per parafrasare un titolo di Ettore Scola.
Oltre all’intervista, TheWom.it vi offre anche una clip in esclusiva del film Le ragazze non piangono. A oggi il film non ha ancora una distribuzione certa: sono però in corso trattative che fanno ben sperare. La sua delicatezza, spontaneità e assenza di giudizio sono qualcosa che dovrebbero vedere tutti.
Intervista esclusiva ad Andrea Zuliani
Il film si chiama Le ragazze non piangono. Ma le due protagoniste, Ele e Mia, si ritrovano in più di un’occasione ad aver solcato il loro volto dalle lacrime.
È un titolo che si smentisce sin dall’inizio: già la prima scena mostra Mia, una delle due protagoniste, in fuga e in lacrime. Se vogliamo, il titolo è in qualche modo ironico.
Le ragazze non piangono è un film molto delicato. Lo definiamo un road movie di formazione, un coming of age su camper, con due protagoniste poco più che adolescenti che scoprono se stesse, realizzano chi sono, fanno i conti con la vita e vedono soprattutto ribaltate le loro aspettative sugli adulti che le circondano. Il mondo dei grandi è totalmente differente da quello che si erano immaginate. È un po’ come se la bolla in cui hanno vissuto improvvisamente esplodesse.
L’obiettivo che io e la cosceneggiatrice Francesca Scanu ci siamo posti era quello di raccontare quel momento in cui l’idealizzazione del mondo adulto e del diventare grandi si scontra con la realtà. È capitato a tutti noi, soprattutto in fase adolescenziale. Per Ele, una delle due protagoniste, quel momento arriva forse un po’ tardi ma è come se fosse rimasta in qualche modo bloccata da ciò che la vita le ha riservato, portandola a ritardare tutte quelle esperienze che l’adolescenza porta con sé.
Il mondo degli adulti le si prospetta davanti attraverso una serie di personaggi, alcuni dei quali importanti, su cui la ragazza cambia prospettiva. Scopre così che la madre non era così cattiva come credeva: nella decisione di vendere il camper è mossa da un intento non cattivo ma dalla voglia di liberarla da una zavorra, da una sorta di feticismo che non le lascia andar via il passato.
Con naturalezza, si affronta anche una questione importante come la fluidità di genere senza cercarne l’aspetto pruriginoso.
Non volevamo fare un film sul coming out e nemmeno sulla scoperta dell’identità sessuale, qualcosa che abbiamo visto tantissime volte anche in film bellissimi. Come per i luoghi, abbiamo cercato di non dare una direzione precisa in tal senso. Se dovessi definire io Le ragazze non piangono, direi che il film è un inno all’esperienza, al fare esperienza delle cose. E tra le varie esperienze che si fanno c’è chiaramente il sesso. Tra le due protagoniste non nasce una storia sentimentale: c’è semmai una forte vicinanza emotiva che le avvicina anche fisicamente e le aiuta a definire anche se stesse come esseri umani.
Entrambe le protagoniste di Le ragazze non piangono hanno un rapporto irrisolto con la figura paterna, una per un motivo e una per un altro. Da cosa nasce il desiderio di raccontare tale discrepanza con la parte maschile delle proprie origini?
Credo che ognuno di noi abbia in qualche maniera attraversato momenti più o meno lunghi di irrisolutezza con la propria figura paterna. Senza voler entrare nel personale, io e Francesca abbiamo messo dentro la storia degli elementi che ci riguardano o dei conflitti che abbiamo affrontato. Non parlo di qualcosa di specifico legato alle protagoniste ma di sensazioni o sentimenti che possono nascere da un conflitto che si può provare a risolvere. A tal proposito, c’è una scena del film che invita proprio al dialogo per risolvere determinati rapporti familiari.
Altro aspetto interessante di Le ragazze non piangono sono le location del tutto inedite al cinema. Le due protagoniste viaggiano su un vecchio camper sullo sfondo di una strada moderna, unendo in qualche modo nuovo e vecchio.
Sui luoghi in cui girare è stata fatta una ricerca veramente non banale perché volevamo evitare l’effetto cartolina che si trova in tanti road movie simili al nostro. Abbiamo quindi cercato posti anche molto difficili da raggiungere a livello pratico. Spesso non si intuisce nemmeno dove siano: è difficile orientarsi nel film, non ci sono cartelli stradali o particolari indicazioni. E questo perché volevamo restituire l’idea del perdersi: lo spettatore deve sentirsi disorientato come le protagoniste, un po’ come tutti quanti durante l’adolescenza.
Come mai avete scelto la Basilicata come punto di partenza del viaggio in camper?
In primo luogo, per la sua posizione geografica. L’Italia si sviluppa su una linea verticale ed era bella l’idea di poterla risalire da sud verso nord. La Basilicata, nello specifico, è frutto di una serie di percorsi produttivi. Tuttavia, personalmente, era una regione in cui avevo girato anche tempo fa quando lavoravo come aiuto regia e assistente alla regia. Parte della mia famiglia ci ha anche vissuto per un periodo. Quindi, la regione e i suoi luoghi non mi erano del tutto sconosciuti.
Nel suo essere piccolo, la Basilicata è estremamente varia: si affaccia su due mari diversi e ha le Alpi lucane con vette che toccano anche i duemila metri. Quando si pensa alla regione, non si pensa mai a tutta la sua varietà: la Basilicata non è Matera con una regione intorno. Tanto che la nostra prima certezza era che non saremmo mai passati per Matera: non perché non sia meravigliosa ma solo perché fin troppo riconoscibile. Così come non siamo passati per la zona dei calanchi. Abbiamo rinunciato a qualcosa di visivamente più mozzafiato per scegliere strade meno battute.
Non riusciamo mai a capire dove siamo ma non sappiamo nemmeno se la storia accade oggi o è accaduta giusto ieri. Pochissimi sono i riferimenti temporali.
L’idea era quella di realizzare un film fuori dal tempo. Anche le varie soste che Mia ed Ele fanno non rivelano molto e non raccontano mai l’oggi. Tutto è come sospeso in una specie di limbo.
- La clip in anteprima esclusiva
Per le riprese di Le ragazze non piangono avete viaggiato realmente per 24 giorni. Quanta frenesia c’è stata?
Tanta, tantissima: è stato un viaggio nel viaggio. Sono contento della fiducia che i miei produttori mi hanno concesso: se fossi stato in loro, non l’avrei fatto! (ride, ndr). Il road movie è per definizione un genere molto “mobile” e difficoltoso da realizzare: ci si sposta in continuazione da un posto all’altro, spesso agli antipodi, per girare delle scene.
Dalla mia parte, però, posso dire di avere avuto una certa sicurezza. Per aver lavorato per dodici anni sul set conosco come funziona la macchina set e l’esperienza mi ha fatto capire quando una scena andava girata o riposizionata sul piano di lavorazione: da questo punto di vista, le riprese sono state un po’ “rock’n’roll”. Certo, se avessi avuto qualche giorno in più a disposizione, sarei stato più felice e avrei fatto scelte diverse in alcune situazioni.
Hai lavorato con due attrici giovani molto talentuose. Mia è interpretata da Anastasia Doaga, di origini rumene come il suo personaggio.
Anastasia è in Italia da diversi anni ormai e ha frequentato l’Accademia Silvia D’Amico: è arrivata in Italia proprio per recitare. È sì rumena ma parla talmente bene italiano che tecnicamente abbiamo dovuto chiederle di “sporcare” il suo accento, di fare dei passi indietro. Abbiamo dovuto fare una sorta di processo inverso rispetto a quello che accade solitamente con le attrici straniere: ad alcune va chiesto di correggere la dizione, a lei invece abbiamo chiesto di sporcarla per quanto era perfetta! “Riprenditi la tua lingua madre”, le abbiamo detto.
Emma Benini interpreta, invece, Ele, portandone in scena tutte le sue contraddizioni.
Emma è stata veramente una scoperta. I provini per Le ragazze non piangono sono cominciati quattro anni fa, nel novembre del 2018. Emma si è presentata al primo casting e aveva appena compiuto 18 anni. Tra le varie cose che chiedevamo per il ruolo, era richiesta per ovvie ragioni la patente: doveva ancora prenderla ma ci ha convinti sin dalla prima volta. Con lei, ho avuta la consapevolezza dello scorrere del tempo: prima di andare sul set sono trascorsi tre anni e ho avuto modo di vedere a ogni callback la sua crescita personale.
Curiosamente, Anastasia ed Emma hanno stretto amicizia tra loro ancora prima di essere scelte come protagoniste. Hanno cominciato a scriversi e a sentirsi, vivendo insieme l’attesa. Ciò le ha aiutate anche in scena a lasciarsi andare senza paura. Ed Emma ha fatto un lavoro incredibile nel guidare da sola il camper per tutto il film, sebbene fosse una “neopatentata”.
Andrea Zuliani sul set
1 / 10La sceneggiatura di Le ragazze non piangono, come hai ricordato, è firmata a quattro mani con Francesca Scanu. Da chi è partita l’idea del film?
Il nucleo primario lo si deve a me ma lo abbiamo sin da subito condiviso. L’idea risale a parecchi anni fa, sette o otto. Era un periodo in cui il cinema italiano era molto “camera e cucina”, cioè pieno di film si cui si raccontavano solo interni borghesi.
Al di là del valore o meno dei titoli in questione, c’era una certa moda nel girare all’interno delle abitazioni. Ma per fare un film a basso budget non ci si doveva necessariamente chiudere in casa: è stata questa una delle nostre prime riflessioni. E, quindi, abbiamo pensato a una casa con le ruote in movimento, a un camper: ci sembrava un modo interessante per affrontare il road movie (ancora prima che ci pensasse Paolo Virzì con il suo Ella & John).
Le ragazze non piangono è il tuo primo film da regista. Hai alle spalle studio ed esperienza sul set. Ma che esperienza è stata quella del director, come direbbero gli americani?
Più complicata di quanto credessi. Il primo giorno, sono arrivato sul set con le idee chiare, pensando che avrei in qualche maniera gestito ogni cosa. Pensavo di saperlo fare e, invece, non ci ho capito letteralmente nulla. È stato molto complicato per me, emotivamente e lavorativamente. Come uno schiaffo che ti fa tornare con i piedi per terra ma che rimette in discussione tutte le tue sicurezze. Occorre entrare nel flusso che il film ti impone: se pensi di poterlo governare razionalmente, rischi di perderti ciò che ti sta accadendo davanti agli occhi, dalla performance degli attori agli aspetti più tecnici. Devi semplicemente lasciarti trasportare da ciò che sta accadendo.
Alla fine, però, non è stato un viaggio disorganizzato, per citare la canzone di Vasco Brondi presente nella colonna sonora.
Viaggi disorganizzati è da sempre stato nella playlist dei brani che in qualche maniera ispiravano il film. Sono contento che ci abbiano concesso i diritti per usarla: è stata la ciliegina sulla torta di un viaggio che è stato non disorganizzato ma con tante belle digressioni durante il percorso.