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Angela Curri: “E pensare che volevo fare la cantante” – Intervista esclusiva

angela curri
Arriva al cinema Scordato, il film con Rocco Papaleo e Giorgia, in cui Angela Curri interpreta il fondamentale ruolo della sorella del protagonista. L’abbiamo incontrata a Roma per un’intervista esclusiva in cui si presenta tra pubblico e privato con un intimo racconto di chi è: una giovane donna di oggi con le sue vulnerabilità e le sue passioni.

Angela Curri è tra i protagonisti di Scordato, il nuovo film diretto da Rocco Papaleo al cinema dal 13 aprile distribuito da Vision Distribution. Sceneggiato dallo stesso Papaleo con Valter Lupo, Scordato segna tra l’altro il debutto della cantante Giorgia come attrice.

In Scordato, Angela Curri interpreta Rosanna, la sorella del protagonista Orlando, interpretato dallo stesso Papaleo. La vita di Orlando, mite accordatore di pianoforti, tormentato da dolori alla schiena, cambia quando incontra Olga, un’affascinante fisioterapista, che gli diagnostica una contrattura "emotiva" e gli chiede di portarle una sua foto da giovane, così che lei possa aiutarlo a risolvere i suoi problemi. L'insolita richiesta spingerà Orlando a mettersi in viaggio e a rivivere quasi come uno spettatore gli eventi della vita che lo hanno reso l’uomo solitario e "contratto" che è oggi.

E tra gli eventi del passato a segnare maggiormente Orlando è proprio la sorella Rosanna, a cui presta il volto Angela Curri. Classe 1993, Angela Curri ha al suo attivo numerosi ruoli al cinema e in televisione, dalla serie tv La mafia uccide anche d’estate ai film Raffaello – Il principe delle arti e Artemisia Gentileschi. Del resto, non è difficile imbattersi in un curriculum vitae lungo come quello di Angela Curri, che a recitare ha cominciato a dieci anni in un film diretto da Susanna Tamaro (Nel mio amore).

Angela Curri.
Angela Curri.

Intervista esclusiva a Angela Curri

Incontro eccezionalmente Angela Curri di presenza. L’appuntamento è a Roma, al bar al primo piano di una nota libreria a Largo Argentina. Arriviamo entrambi in largo anticipo e rimango sin da subito colpito dalla semplicità con cui si presenta: cuffie alle orecchie (“Sto ascoltando a palla Sakamoto”), smartphone in una mano e un libro con annessa matita nell’altra (sottolineato e pieno di appunti come se fosse una sceneggiatura).

In Scordato, interpreti Rosanna, la sorella del protagonista Orlando. Il film segue due differenti linee temporali, l’oggi e lo ieri. Chi è Rosanna?

Rosanna, la sorella del protagonista, ed è molto presente nella linea relativa agli anni Settanta e Ottanta. Il film racconta il viaggio di Orlando alla ricerca di se stesso: giunto a una certa età, si rende conto che nella sua esistenza ci sono dei pezzi mancanti e che ha lasciato dietro di sé qualcosa di incompiuto. Tra le cose irrisolte, fondamentale è il rapporto che ha avuto con la sorella.

Rosanna, da giovane, è una specie di tornado: ovunque passa, lascia un segno. Ama incondizionatamente il fratello e con lui vive un rapporto simbiotico: Orlando si affida molto a lei e proprio per questa ragione nella sua storia, senza spoilerare troppo, ha una certa importanza. Quella che riguarda Rosanna è una linea narrativa alquanto complicata dal momento che la giovane si lega alla lotta armata e commette degli errori. Interesse del film era non giudicarla ma descriverne la voglia di cambiare il mondo in cui vive… un desiderio che all’epoca portava anche a tralasciare la famiglia e le persone amate per aderire alla lotta, qualcosa da me, che rifuggo ogni forma di violenza, molto lontano.

Quant’è difficile per una quasi trentenne di oggi capire quanto forte fosse l’impegno politico dei giovani di quel periodo?

Molto. Rosanna mi ha spinta con il suo essere diversa da me a compiere varie ricerche. Avevo in casa, per altri motivi, il libro di Adriana Faranda (L’anno della tigre) e mi sono immersa nella lettura per capire cos’è che spingesse una persona ad aderire alla lotta. Avevo sentito parlare di quel periodo, ben raccontato in tanti film, ma avevo bisogno di capire cosa si innescasse veramente all’interno dell’animo.

Mentre io cerco tutti i giorni di rendere l’universo un posto migliore per tutti, Rosanna è andata nel verso opposto, incontro a qualcosa che è l’opposto di quello che aveva realmente intenzione di fare: è la spiegazione intima che mi sono data per avvicinarmi a lei.

È curioso come nel corso della mia vita artistica mi sia ritrovata quasi sempre a interpretare donne, abbastanza forti, molto diverse tra loro ma accomunate dal desiderio di cambiare il mondo in cui vivevano. In tutte ho cercato di portare il mio essere donna nel presente, cosciente delle lotte necessarie per affermare chi si è.

Cosa ha lasciato Rosanna in te?

Quasi tutti i personaggi che ho interpretato mi hanno lasciato qualcosa e sono stati importanti a livello emotivo. Rosanna, ad esempio, nel considerare importante il suo legame con Orlando mi ha spinto a riflettere sul rapporto che ho con mio fratello. Ha tre anni meno di me, vive a Torino e tra noi c’è un amore grande e incondizionato, sebbene non ci si senta o veda tanto. Grazie a Rosanna, ho compreso maggiormente l’importanza dei rapporti umani: proprio stamattina mi sono svegliata pensando che fortuna abbia nell’avere un fratello!

Angela Curri.
Angela Curri.

Quale degli altri personaggi che ha interpretato ti è rimasta più impresso?

Oltre Rosanna, non ho dubbi nel rispondere l’Angela della serie tv La mafia uccide solo d’estate: mi ha aiutata molto e mi ha fatto diventare attrice. Si chiamava come me e mi ha accompagnata per tre anni della mia vita.

Ti ha fatta diventare attrice ma tu hai di fatto cominciato a recitare a dieci anni in un film di Susanna Tamaro. Come è stato il tuo esordio?

Ero piccolissima: a volte, dentro mi sento come se avessi settant’anni nel ripensare alle numerose esperienze che ho accumulato sin da bambina e alla maniera intensa in cui ho vissuto tutto quello che mi accadeva. Ho vissuto per lavoro tante vite e tante situazioni in posti ed epoche diversi tanto da pensare di avere un’anima antichissima.

A dieci anni ho debuttato come attrice quasi per caso. Sin da piccola, mi muovevo in ambiti artistici differenti. Cantavo, ad esempio, ed ero arrivata alla semifinale dello Zecchino d’Oro a Bologna. In quell’occasione, una delle mamme degli altri bambini ha suggerito alla mia di iscrivermi a un’agenzia: “è così carina”… E mamma lo ha fatto facendo sì che arrivasse il mio provino e che fossi sin da subito scelta per il film della Tamaro.

Non pensavo nemmeno di voler far l’attrice: il mio sogno era ed è rimasto quello di fare la cantante. E per uno strano scherzo del destino, anche bizzarro se vogliamo, recitato a fianco di Giorgia in Scordato e nello stesso mese ho conosciuto Elisa perché sono stata scelta come protagonista del videoclip di una sua canzone. È stato incredibile ritrovarsi faccia a faccia con due dei miei miti sin da ragazzina.

A proposito di Giorgia, è solo l’ultima di una lunga lista di cantanti che si sono messe al servizio della recitazione, da Elodie a Emma Marrone. Con una battuta, non dovresti cominciare a preoccuparti?

Canzone e recitazione sono due mondi che si stanno contaminando a vicenda: Rocco Papaleo, ad esempio, non è solo attore e regista ma è anche musicista. E non mi preoccupo. Anche a me piacciono 300 miliardi di cose differenti: mi sto dedicando molto nell’ultimo periodo alla fotografia e alla scrittura di poesie. Quand’ero più piccola, pensavo che avrei dovuto dedicarmi a una sola cosa ma è poi arrivato il momento in cui ho capito che non mi bastava più: qualsiasi mezzo è ben accetto per portare la tua visione nel mondo. Mi piace fare l’attrice ma ho bisogno anche di altri modi per esprimermi.

Angela Curri.
Angela Curri.

Com’è nata la passione per la fotografia e, soprattutto, per gli autoscatti (che accompagnano quest’intervista)?

Tutto è cominciato durante il periodo del lockdown: è curioso come poco prima della chiusura avessi portato a teatro un testo che è suonato quasi profetico, Giusto la fine del mondo! I miei genitori mi avevano regalato una macchina fotografica e lo star da sola in casa mi ha spinto a usarla e a realizzare i primi autoscatti spinta solo dalla voglia di smanettare un po’. È bastato poco per far sì che la macchina fotografica si trasformasse nella mia migliore amica!

Ripensandoci, anche quando recito, nella mia testa non ci sono solo io ma c’è sempre un’immagine per intero. Ma immagazzino immagini anche quando come in questo momento sono seduta al tavolo di un bar e guardo le persone intorno…

L’autoscatto ti permette di vederti come ti vedi tu e non come ti vedono gli altri…

È un modo per autodefinirsi e per mostrarsi come si è realmente, senza filtri esterni o lo sguardo dell’altro.

Quando hai scoperto invece la passione per la poesia?

È un amore sbocciato tanto tempo fa, all’età in cui frequentavo le superiori. Scrivevo poesie perché mi aiutava nei momenti in cui sono stata molto male. Sono una persona molto esuberante ed estroversa ma quand’ero più piccola ero tanto introversa e non mi sentivo capita. Sono sempre stata fuori dal mondo in cui vivevo: ero un’outsider, per usare il termine giusto, che viveva fuori dai margini della realtà, dai confini disegnati. Non mi riconoscevo nelle persone che mi circondavano e mi sentivo diversa nella mia fragilità e nelle mie insicurezze. Anche se non lo do a vedere, ancora oggi sono profondamente insicura ma mi sento serena nella mia vulnerabilità.

All’epoca, la poesia mi aiutava a mettere nero su bianco come mi sentivo. Oggi, invece, è diventata una sorta di gioco che mi aiuta a trasferire su carta, oltre che in fotografia, un’immagine che vedo. Mi piace partire da un’immagine e raccontarci qualcosa sopra. Tra l’altro, la poesia come gioco ha accompagnato anche le riprese di Scordato: Rocco mi spingeva a scriverne qualcuna sul set per poi leggerla agli altri. Mi diceva che ero brava, forse un giorno mi deciderò a capire che fine faranno le mie poesie.

L’insicurezza adolescenziale non ti ha però negato di proseguire con il tuo percorso di attrice…

Quando ho cominciato, a dieci anni, la recitazione era un gioco. Ma, durante l’adolescenza, il set è stato il posto in cui paradossalmente mi sentivo più al sicuro. Sono stati gli anni in cui la Puglia cominciava a diventare un centro cinematografico vero e proprio: per quanto potessi, cercavo di stare sui set più tempo possibile. Mi sentivo a casa e stavo bene: non ho mai avuto un momento di sconforto. Tutte le volte in cui pensavo di non potercela fare più per via della mia insicurezza, la recitazione mi ha sempre riportata sulla sua strada: era lì che dovevo ritornare, la mia casa.

Angela Curri.
Angela Curri.

Casa, un posto che lascia a vent’anni per trasferirti a Roma…

E non è stato facile. Sono molto legata alla mia famiglia ma anche al mio paese d’origine, Locorotondo. Ricordo che i primi tempi, appena trasferita, mi chiudevo in camera perché la grande città mi faceva paura. Non conoscevo ad esempio nessuno prima di iscrivermi all’università e a un corso di recitazione ma mi spingeva a non mollare il sogno che coltivavo. Ho cominciato a sentirmi a casa anche a Roma negli ultimi due o tre anni: venivo da una realtà super protetta ma il sogno era più grande della paura, è stato quello il motore che mi ha spinta ad andare avanti. Questo non significa che le paure oggi non esistano più: hanno solo cambiato forma.

Qual è oggi la tua paura più grande?

L’amore, per qualsiasi cosa. Ho paura che per me sia difficile trovare una forma di amore che mi accompagni nel mio percorso perché… il mio lavora spesso fa paura, va in un certo senso spiegato. L’amore ti dà forza ed energia, è bello amare ed essere amati però occorre che le strade trovino la giusta quadra. L’amore deve essere in grado di capire quanto importante sia per me realizzare i miei sogni e non è facile trovare chi ti prenda per mano e ti dica “facciamolo insieme”.

Sul tavolo c’è il tuo cellulare. Non posso non notare che la cover è piena di messaggi motivazionali.

Sono quelli che trovo legati al filtro della mia tisana. Mi colpiscono molto le frasi che leggo per strada, che trovo scritte sui muri, che sento in una canzone e che si nascondono tra le pagine di un libro. Come in questo che ho per le mani, Buchi bianchi di Carlo Rovelli: è un libro sulla fisica, di cui non capisco nulla, ma ci leggo dentro tanta poesia. Le frasi mi aiutano ad affrontare meglio le giornate.

Guarda questa (ne indica una a caso tra le tante nella cover, ndr): “Your potential self is infinite”, il tuo autopotenziale è infinito… Non aiuterà a risolvere i grandi problemi del mondo ma ti spinge a essere ogni giorno migliore del giorno prima come essere umano. E a me piacerebbe vedere tanto essere umani che ogni giorno cercano di migliorarsi: occorre essere forti nonostante quello che si può incontrare nella vita.

Mi impegno tutti i giorni per essere una persona migliore e ci tengo ad avere rapporti sani con gli altri, portandosi qualcosa di buono anche a loro oltre che a me stessa. Motivo per cui mi è tornata utile la terapia: serve a cercare di avere un equilibrio. La psicoanalisi ci aiuta a conoscerci e a farci capire chi siamo e chi vogliamo essere.

Lo smartphone di Angela Curri.
Lo smartphone di Angela Curri.

E cosa ti ha aiutata a capire?

Che non è sbagliato mostrare la mia esuberanza, anche se delle volte bisogna mettere dei freni per non esagerare. Non devo nascondere chi sono e l’essere l’emotivamente così amplificata. Sono così e mi va bene. La terapia ti aiuta a comprendere che siamo i nostri compagni di viaggio per tutto il resto della nostra esistenza. E occorre conoscere con chi viaggiare: pensiamo a quanto sarebbe difficile affrontare un viaggio con qualcuno che non conosci… meglio non andare!

Ma sono anche consapevole di aver conosciuto solo una parte di me. Non so ancora quali saranno le altre, anche perché siamo sempre in continuo divenire e in movimento. Oggi sono diversa da quello che ero ieri e domani sarà diversa da quello che sono oggi: non è incoerenza ma crescita. Tutto ci porta alla conoscenza e al cambiamento: è bello non sapere e continuare a meravigliarsi. Chissà quante altre cose di me scoprirò strada facendo: stiamo a vedere cosa succede!

Il mondo può essere un posto migliore se tutti noi ci prodigassimo ad aiutare gli altri in maniera proficua e attiva. Cosa che ad esempio fai anche tu prestando il tuo volto a Every Child is My Child.

L’aiuto agli altri è qualcosa che dobbiamo tenere a mente anche nella vita di tutti i giorni. A me piace essere d’aiuto anche nelle cose semplici, a partire dall’ascolto degli altri. Mi capita spesso che mi fermino persone che non conosco e che comincino a parlare con me: rimango lì ad ascoltare e a cercare di creare un rapporto con loro.

L’impegno con Every Child is My Child è nato da un’idea di Anna Foglietta e dal desiderio di un gruppo di noi di esserci e di far parte di qualcosa che ha vitale importanza. E per me è fondamentale creare qualcosa di bello intorno a me. Lo faccio anche con il mio lavoro di attrice: racconto delle storie che mi auguro possano essere d’aiuto a chi ha vissuto determinate situazioni. E qualche volta mi emoziona sapere di esserci riuscita: quando ho interpretato Angela in La mafia uccide anche d’estate, mi sono arrivate numerose lettere di ragazze che si sono rispecchiate nella storia del mio personaggio, ad esempio. Ma anche quando ho interpretato Bea in Braccialetti rossi.

In un certo senso, sono stati i progetti a scegliere me. Non ho dovuto quasi scegliere ma mi sono caduti addosso. Ognuno di noi ha una propria battaglia da portare avanti: forse la mia è quella di essere utile a qualcosa o a qualcuno.

Ascolti molto gli altri. Ma gli altri ascoltano Angela?

Ci sono io che ascolto me stessa. Ho lavorato anche per essere abbastanza indipendente e avere una certa stabilità: è necessaria per essere d’aiuto anche agli altri. E poi ci sono i miei amici e la mia famiglia. E chissà che un giorno non arrivi una persona a starmi vicino, che entri nel mio mondo e che possa restarci, capendo anche quanto amore serva per questo lavoro. Voglio trovare qualcuno con cui stare bene: sono abbastanza serena con me stessa ma mi piacerebbe potermi fidare e stare serena anche con la persona amata.

E sei riuscita a fidarti su un set degli uomini con cui lavoravi?

Sono stata parecchio fortunata, anche perché – per fortuna – molte cose sono cambiate nel corso degli ultimi quindici o vent’anni. C’è stata, c’è e ci sarà molta più attenzione verso determinate situazioni: adesso non si ha più paura di parlare o denunciare per cui chi avesse intenzioni poco professionali deve stare molto attento. Occorre pensare che un set o un provino è solo un incontro di lavoro e che ognuno debba fare il proprio, prestando attenzione non solo ai gesti e ai comportamenti ma anche alle parole: non sono meno importanti. È importante che ci senta al sicuro e che ci si possa fidare l’uno dell’altro.

Angela Curri in Scordato

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