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Angela Rafanelli, nel segno delle donne – Intervista esclusiva

Angela Rafanelli
Conduttrice della quarta edizione di Il segno delle donne, Angela Rafanelli si racconta in esclusiva parlando della sua esperienza televisiva, del suo punto di vista sulla violenza contro le donne, della sua infanzia, del suo rapporto con la natura e di sua figlia.
Nell'articolo:

Angela Rafanelli è al timone della quarta edizione di Il segno delle donne, il programma targato Anele e Rai Cultura in cui “intervista” e incontra donne esemplari della Storia italiana che si sono distinte per il loro talento in ambiti diversi dando un importante contributo alla cultura del nostro Paese. Protagoniste di questo quarto ciclo sono le attrici Tosca D’Aquino, Paola Minaccioni, Arianna Ninchi, Caterina Corbi, Donatella Finocchiaro e Ilenia Pastorelli, chiamate a dare volto nell’ordine a Titina De Filippo, Ave Ninchi, Ada Pace, Maria Signorelli, Maria Montessori e Marta Abba. Tutte le puntate in onda su Rai Storia sono recuperabili su RaiPlay.

Ma Angela Rafanelli è anche conduttrice di Il Palio d’Italia, in onda nel pomeriggio su Rai 3, un programma in cui si “sfidano” due paesi vicini per andare alla ricerca delle tradizioni e delle radici. Di questo ma di molto altro abbiamo parlato con lei, compresa la cronaca che tanto ci attanaglia in questi giorni.

Angela Rafanelli.
Angela Rafanelli.

Intervista esclusiva ad Angela Rafanelli

Comincia in maniera anomala la nostra chiacchierata con Angela Rafanelli. Dopo le domande di routine che solitamente poniamo sull’uso del tu e sul pronome più adeguato, ci si concentra curiosamente su un dato in comune: il segno zodiacale. Siamo entrambi Gemelli, motivo per cui quest’intervista sarà, scherzosamente, molto popolata. “Conosco pochissimi uomini Gemelli: il primo che ho conosciuto è il padre di mia figlia”, sorride Angela Rafanelli nel ricordarlo. Tuttavia, la sorpresa aumenta quando le rivelo di avere anche l’ascendente in Gemelli, dicendole che mi sento come se fossi costantemente il protagonista di Inside Out. “È il primo film per cui ho portato Blu, a tre anni, al cinema e non vediamo che esca Inside Out 2, di cui hanno appena rilasciato il trailer e in cui fa la sua comparsa Ansia, la compagna con cui tutti conviviamo negli ultimi tempi”.

Angela Rafanelli ha appena terminato di girare Il Palio d’Italia, il programma che va in onda su Rai 3, e si trova nella sua casa di Roma. “Ero felicemente sul divano ad attendere la tua chiamata. In pratica, non mi fermavo da maggio ma sono molto contenta: stanca ma felice. Certo, ci sentiamo in un momento particolarmente complesso: stavo seguendo gli aggiornamenti sul caso di Elena Cecchettin, l’ennesima morte che affastella un po’ tutto quanto. Sono molto arrabbiata: è da anni che sostengo la necessità che venga portata nelle scuole e nel servizio pubblico l’educazione sentimentale e sessuale. Non capisco perché spaventa tutti quanti quando in realtà ognuno di noi nasce con un corpo dal potere enorme che contempla testa, cuore e aree genitali”.

“Nessuno che si preoccupa di spiegarci come funziona, cosa lo fa andare in tilt e come evitare che accada. L’Italia è quel Paese in cui si verifica un femminicidio ogni 48 ore quasi se non addirittura tutti i giorni: si fanno ogni volta grandi proclami e nessuno tra chi ha il potere di farlo ha la lucidità di prendere provvedimenti che siano reali e che partano dall’educazione dei bambini. È dei bambini che è il futuro, per citare Teresa Mattei a cui Il segno delle donne ha dedicato una puntata a inizio 2023”.

“È vero che il primo passo dell’educazione sentimentale, affettiva e sessuale, avviene nelle famiglie. Ma le famiglie dovrebbero essere supportate dalle istituzioni. In primis, la scuola perché è quella frequentata da tutti i bambini senza distinzione di classe sociale. Non è dicendo alle ragazze di stare attente ai primi segnali che risolviamo tutto: la politica della paura non serve, occorre semmai educare al femminile, recuperare il rispetto della vita e per l’altro, conoscere e accettare se stessi”, conclude Angela Rafanelli. “È inammissibile che non si capisca di essere di fronte a un problema strutturale e di dover intervenire, al di là del colore politico di appartenenza, con leggi e provvedimenti mirati. Siamo piene”.

Angela Rafanelli.
Angela Rafanelli.

Il gender gap tra uomini e donne è qualcosa che inevitabilmente fa da sfondo a Il segno delle donne, la docufiction prodotta da Anele e trasmessa da Rai Storia prima e Rai 3 dopo, in cui si valorizzano figure femminili a volte dimenticate dalla Storia.

La Storia è sempre stata raccontata dai vincitori. E i vincitori sono sempre stati uomini, ragione per cui le donne sono state dimenticate di default. Mi colpisce molto a tal proposito C’è ancora domani, il film di Paola Cortellesi che racconta di quelle donne mai rappresentate o ricordate che nel 1946 hanno fatto la rivoluzione e contribuito in una notte al cambiamento della nostra società: ci ricorda come a scrivere la Storia sia stato il genere umano e, quindi, anche la donna.

Poco ascoltate e poco considerate, le donne hanno scritto la Storia sia nel bene o nel male: occorre prendere atto, in maniera oggettiva, del fatto che hanno contribuito anche loro a rendere grande la società in cui viviamo, dallo spettacolo alla politica, dalla pedagogia allo sport. Le protagoniste che abbiamo scelto sono portatrici di storie universali che non conoscono età e tempo. Nelle loro storie intravedo un viaggio non tanto nelle differenze tra uomini e donne ma nell’essere umano: ognuno di noi è diverso dall’altro.

Sono donne che hanno fatto la rivoluzione nel loro campo, dimostrando come certi limiti siano frutto della paura e non abbiano ragione di essere. È un messaggio che arriva fino a noi: tutto ciò che ci appare insormontabile è in realtà una costruzione dell’essere umano che da sempre teme ciò che non conosce creando confini che non hanno ragione di esistere al di là di quelli imposti dalla natura. Quando spiego la preistoria a mia figlia, le insegno che non erano solo gli uomini ad andare a caccia ma anche le donne, raccontandole come Storia e Scienza siano in realtà discipline in continuo divenire, pronte ad accogliere nuove scoperte: “Non devi prendere come oro colato ciò che c’è scritto: è solo ciò a cui gli studiosi sono arrivati nel momento in cui tu approcci la materia”.

La paura è sempre una cattiva consigliera: è un’alleata perché ti mantiene vigile ma è una cattiva consigliera.

Hai condotto Linea Verde e adesso Il palio di Italia, due programmi che ti hanno portato a stretto contatto con la natura. Che rapporto hai tu con la natura, visto che è venuta fuori la parola in maniera del tutto casuale? Cosa stai insegnando a tua figlia?

Il mio percorso professionale è sempre andato di pari passo con quello personale: l’uno alimenta l’altro. Sono uscita di casa da ragazza per andare a studiare teatro a Milano: volevo conoscere il mondo, stare insieme alle persone e approfondire le storie passate calandomi nelle vite di altri. È qualcosa che mi è sempre rimasto dentro ma pian piano è come se fossi andata a ritroso, arrivando naturalmente alla natura. Mi interessa tutto ciò che concerne l’animo umano: la salute mentale, l’educazione sessuale, le storie delle donne… e tutto per il desiderio di capire come funzioniamo: spesso ci dimentichiamo di essere anche noi parte della natura, animali.

Dall’Illuminismo in poi, l’uomo ha la presunzione di considerarsi padrone del nostro pianeta ma non ha ancora capito che il nostro pianeta andrà avanti anche senza di noi. Occorre fare la raccolta differenziata non per salvare la Terra ma per salvare noi: tale desiderio apparentemente egoistico sarebbe la manifestazione del fatto che abbiamo capito che non siamo niente al cospetto della natura. Sarà che sono buddista da quando ho diciassettenne anni ma ricordiamoci tutto che l’universo è governato da una legge di causa e di effetto: tutto quello che ci circonda è l’effetto di una causa di ciò che noi esseri umani pensiamo o facciamo.

Cerco di insegnare a mia figlia che, poiché la natura non mente, di stare molto in ascolto di se stessa e di fidarsi del suo istinto quando qualcosa non le torna. L’istinto ci riporta alla nostra dimensione animale e non vuol dire aggressività: significa quindi recuperare le proprie radici e basi. Qualcosa che a scuola, purtroppo, non insegnano: ti forniscono tantissime informazioni e non gli strumenti o lo spirito critico per metabolizzarle e farle proprie.

È un po’ il “conosci te stesso” di platonica memoria…

È solo conoscendo e accettando se stessi che si fa bingo. Partendo dal principio che ognuno di noi è unico, è riconoscendo tale unicità che avremmo più spazio nel mondo, uno spazio felice in cui possiamo essere chi siamo e cosa vogliamo.

Il segno delle donne 4: Le foto

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Abbiamo citato Blu, tua figlia, un paio di volte. Se non erro, hai dovuto confrontarti con una questione di genere sin dal momento in cui è nata e hai deciso di rivelarla all’anagrafe.

Dopo quindici giorni dal momento in cui abbiamo registrato la sua nascita, siamo stati richiamati perché il nome non andava bene: non era identificativo del genere. Del nome Blu, a noi piaceva proprio il non avere nessuna indicazione di quello che sarebbe stato il genere in cui poi, crescendo, nostra figlia si sarebbe riconosciuta. Era identificativo dell’atteggiamento che io e il padre avevamo nei confronti della vita: noi gliel’avevamo data, spettava a lei decidere come declinarla. Qualunque cosa avrebbe voluto essere, maschio, unicorno o palo della luce, avrebbe sempre avuto il nostro supporto.

Quando siamo stati richiamati, non ho avuto voglia di perdermi in battaglie che in quel momento non avevano priorità: il padre di Blu stava morendo e abbiamo deciso insieme di aggiungere Stella. Mi ricordava un po’ il modo in cui si chiamavano i bambini in Toscana (stella o stellina). Blu Stella ci ha ricordato la stella che brilla maggiormente nel firmamento: è nata mentre suo padre se ne andava e sarebbe stata il nostro faro.

Ciò che fa ridere è quanto kafkiana sia la burocrazia italiana. Dopo qualche anno, sono stata richiamata dal Comune perché risultava che mia figlia non fosse vaccinata. Mi pareva ovviamente assurdo: ho scoperto allora di aver avuto per tre anni due figlie, Blu e Blu Stella, nate lo stesso identico giorno, alla stessa ora e dagli stessi genitori… E, quindi, Blu non era vaccinata mentre Stella Blu sì.

E tu che stellina sei stata? Le tue note biografiche partono sempre da quando hai cominciato a studiare recitazione e mai da prima.

Sono cresciuta in una famiglia da Mulino Bianco con due genitori bellissimi: papà sembrava Alain Delon con i suoi occhi azzurri mentre mamma aveva occhi e capelli nera, era molto mediterranea ma con una carnagione chiarissima. Babbo era un geologo affermato, una persona molto elegante, mentre mamma insegnava lettere. Siamo stati felici fino a quando papà intorno a quarant’anni ha perso la testa e, incapace di vivere la felicità che aveva intorno, è andato via di casa.

La famiglia da Mulino Bianco è andata allora in frantumi, dall’oggi al domani. In tempi in cui non se ne conoscevano le cause e le si associavano a una ragione estetica, mamma si è ammalata di anoressia, manifestando così la sua sofferenza, il suo male di vivere. Con papà che ha cominciato a vagare dietro le gonnelle, ci siamo sentite abbandonate, con mamma che non ha mai impedito le relazioni di noi figlie, io e mia sorella, con nostro padre, che dal canto suo non si è mai sentito dalla parte del giusto.

Nonostante ciò, non so come ci sia riusciti, non ci siamo mai lasciati. Ci siamo ritrovati tutti quanti come se i nostri legami non fossero stati intaccati. Siamo però io e mia sorella cresciute in fretta: a 14 anni ho smesso di essere bambina e mi sono rimboccata le maniche, senza smettere mai più. Non è stato facile: mi è mancata la sicurezza di avere una famiglia, canonicamente intesa, proprio nel momento in cui vivevo quell’età così fragile che è l’adolescenza. Ringrazio sempre la vita per aver avuto una sorella vicina alla mia età con cui fare squadra: a modo nostro, ci siamo supportate.

Angela Rafanelli.
Angela Rafanelli.

Sognavi sin da bambina di recitare?

Il mio sogno da bambina era quello di voler fare la giornalista. Ero affascinata da Carmen Lasorella, all’epoca inviata in Medioriente per il Tg2. A spingermi verso la recitazione è stato in qualche modo mio padre: faceva teatro a livello amatoriale e il primo ricordo è legato a quando a tre anni all’incirca mi hanno portata a teatro. Papà interpretava compare Turiddu in Cavalleria rusticana e la storia prevedeva che venisse ammazzato: mi raccontano che cominciai a urlare nel vederlo morto. Ed è stato in quel momento che papà è venuto a spiegarmi qual era la magia del teatro.

A scuola ero poi sempre impegnata in ogni recita. La prima è stata a sette anni, era un monologo con la mia bambola, bambola che occhi è passata a mia figlia. Avevo paura che agli spettatori non fossi piaciuta e, invece, alzando agli occhi vidi che tutti erano commossi: stavano piangendo. Questo perché da piccoli si pensa sempre che il riconoscimento sia rumoroso quando, invece, si può entrare in sintonia con gli altri anche in silenzio.

Sei felice oggi o ti reputi serena?

Sono felice. La felicità è la summa di tanti stati d’animo messi insieme: ho una bella famiglia. Non che non ci siano difficoltà, sia io e mio marito siamo persone complesse ma amiamo la vita e gli stessi valori e abbiamo una figlia da crescere, una casa sopra le nostre teste e un lavoro che ci piace. Mi sento al sicuro ed è ciò che mi rende felice. E non voglio nemmeno avere paura di dirlo.

Mi sento anche piena di energie per portare avanti le mie battaglie, come quella di riportare in Rai un programma come Sex per indagare la sfera sessuale e quella affettiva: è un programma necessario per una tv di servizio.

Angela Rafanelli.
Angela Rafanelli.
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