Incontriamo Angelica Bove in un momento decisivo del suo percorso artistico: è stata scelta tra i 24 giovani talenti in gara a Sanremo Giovani 2024, con il suo ultimo singolo, La nostra malinconia (Warner Music Italy). Un traguardo che non arriva per caso, ma frutto di un'evoluzione costante e coraggiosa, in cui la giovane cantante romana ha imparato a conoscere se stessa attraverso la musica, facendo della propria voce il veicolo per esprimere quelle emozioni che le parole non possono descrivere appieno.
Angelica Bove ha conquistato il pubblico con la sua autenticità, emergendo come una delle nuove voci italiane più intense e vulnerabili. Con un sound che fonde sonorità indie-pop a testi densi di riflessione e nostalgia, riesce a toccare corde intime, raccontando storie di amore, perdita e ricerca interiore. "La malinconia è una fedele compagna" – ammette. Una compagna che, per Angelica Bove, non rappresenta solo un tema lirico, ma una sfumatura del suo stesso sentire, un’emozione con cui convive da sempre e che trasforma in forza creativa.
La malinconia diventa così il fil rouge della sua musica, sospesa tra il desiderio di esprimere ciò che sente e la paura di esporsi agli occhi di chi ascolta. A guidarla sono, in fondo, la necessità di creare e la consapevolezza di voler condividere con gli altri quella fragilità che, invece di indebolirla, le dona profondità. La musica per Angelica Bove è "una fame primordiale," una necessità più che un’ambizione, che lei sa di dover seguire con tutto il cuore, senza compromessi.
Ci accoglie con una serenità disarmante e una risata che riecheggia della stessa ironia che la contraddistingue. Una ragazza che non ha paura di esporsi, di guardarsi allo specchio e di accettarsi, con tutte le contraddizioni che la definiscono. "Sono un essere umano, non un’intelligenza artificiale" ci dice, scherzando sull’ansia per la competizione di Sanremo, un’ansia che la rende più umana, più vera, pronta ad affrontare una nuova sfida. Sanremo rappresenta per lei una grande opportunità, un ulteriore passo verso la realizzazione di quel sogno che inizia, come dice lei, nella vasca da bagno, con il potere di una voce ancora tutta da scoprire.
Angelica Bove ci racconta così il suo mondo, in cui la malinconia e l’amore si intrecciano in un viaggio emotivo e sincero, che l'ha portata a superare timori e incertezze per diventare oggi una delle voci più promettenti della scena musicale italiana.
Intervista esclusiva ad Angelica Bove
“Nasce da tante chiacchierate intime con gli autori del pezzo: Paolo Antonacci, Alessandro Raina e Davide Simonetta”, esordisce Angelica Bove quando le si chiede di raccontare la genesi di La nostra malinconia, suo nuovo singolo che la porta tra i 24 giovani che si contendono l’accesso a Sanremo 2025. “Sono stati ispirati da alcuni dei miei racconti di vita personale e sin dall’ascolto della prima demo ho capito subito che sarebbe stata la mia canzone: dopo aver registrato il pezzo, ero molto felice del lavoro che avevo fatto e i ragazzi lo erano altrettanto per quanto mi ci sentissi dentro: mi riconosco tantissimo nelle parole che canto”.
Ansia per Sanremo Giovani?
Ci sta: sono un essere umano, no? Per fortuna, non sono frutto dell’Intelligenza Artificiale e, quindi, è giusto che ci sia quella sana dose di ansia, niente di limitante, che mi serve anche a performare. Sono, in realtà, più felice che ansiosa perché comunque è sempre la realizzazione di un sogno, al di là del risultato conseguito.
Partendo dal titolo del singolo, cos’è per te la malinconia?
È una fedele compagna che è con me da sempre, sin da quando ero piccola. Tant’è che inizia a piacermi starci a contatto, anche quando non serve e non è necessaria, come canto nella canzone. Mi piace quello status emotivo, mi ci coccolo entro e mi permette anche di essere più creativa.
Da bambina? Eppure, sei cresciuta con tre gemelli. È facile essere malinconici quando hai accanto a te altre tre persone con cui condividere ogni fase della crescita?
È vero che siamo gemelli ma siamo quattro persone del tutto diverse l’una dell’altra, per nulla competitivi tra noi e ognuno caratterizzato dalla propria personalità. Essere malinconica con tre coetanei completamente differenti da me ha rappresentato anche un modo per conoscermi meglio e per relazionarmi con un’emozione umana differente da quelle che avevo intorno e che non apparteneva a nessun altro di loro.
Cos’è che ti genera più malinconia?
Credo le relazioni di ogni tipo, i rapporti lasciati a metà o quelli che potevano essere molto intensi ma che per mille motivi differenti non sono mai cominciati. Da quelli sentimentali a quelli lavorativi, che spesso per un mix di vigliaccheria o spavalderia non approfondiamo.
In quest’ottica, il risultato conseguito a X-Factor ti genera malinconia?
No, mi ha generato semmai solo tanta voglia di crescere e guardare più da vicino il mio obiettivo, che è quello di scrivere tanta musica e lasciare spazio alla creatività a livelli massimi. Per me, la creatività è catartica, definisce il mio percorso ed è il motore della mia visione.
Quando hai cominciato a essere creativa musicalmente?
A sei anni, quando ho scoperto la vasca da bagno: onestamente, abbiamo un bel rapporto (ride, ndr). è lì che ho scoperto la mia voce, l’ho approfondita e ho cantato la mia prima canzone, Hallelujah di Alexandra Burke: una cosa semplice… ma io son fatta così: non mi diverto se non mi dai qualcosa di complicato! Già da piccola, ero masochista e molto probabilmente morirò anche tale.
Sfrutto allora la tua battuta: il masochista solitamente tende a far male a se stesso e, quindi, anche al proprio corpo. Che rapporto hai con il tuo corpo e quanta consapevolezza hai che possa essere anche uno strumento per la tua musica?
A livello fisico, sono molto libera e self confident: conosco il mio corpo e lo conosco meglio di chiunque altro. Tra l’altro, lo amo e ho iniziato a rispettarlo come non avevo mai fatto prima. Sono nel fiore dei miei vent’anni, vivo il momento per giusto per rispettarlo come si deve e penso che sia uno strumento da non escludere dal mio progetto. Credo molto nel performare a livello fisico così come nell’estetica: il che include ovviamente anche l’esposizione non solo dalla faccia ma anche del corpo stesso… sono questa e mi piace mostrarmi anche a modo mio!
La nostra malinconia è accompagnata da un video girato in bianco e nero. Il bianco e nero è anche il colore dei ricordi. Quali generano in te più malinconia?
Tutta la mia vita mi genera malinconia e non è difficile individuarne il perché. I ricordi che custodisco sono frutto di tanto amore ma anche di tanto dolore legati a una perdita importantissima. Ho sicuramente più malinconia per la mia infanzia felicissima che per la tragedia: era quella la fase in cui ancora piccolina non conoscevo e non sapevo tante cose…
Cos’è che non avresti voluto mai conoscere o sapere?
Sono tante le consapevolezza a cui sono arrivata e che, maturandole, inizialmente non volevo accettare. Si sono poi rivelate molto utili per il mio percorso di vita, per la mia crescita e per la mia maturità personale. A primo impatto, lo scoprire qualcosa di me o di come funzionava la mia esistenza mi sembrava una mazzata di cui non avrei mai voluto sapere ma poi ci ho fatto i conti scoprendo anche l’utilità di ciò che mi sembrava negativo. Non c’è quindi a oggi niente di cui non avrei mai voluto sapere, anche perché per indole voglio sempre conoscere tutto… tutto va bene, tutto mi fa bene.
La musica è per te figlia dell’ambizione o della necessità?
Della necessità: è fame e sete primordiale. Per quanto mi riguarda, la musica è una necessità sia fisica perché mi allena muscoli e corde vocali sia emotiva perché mi permette di esprimere ciò che sento.
La necessità non ti ha mai fatto paura?
No, perché mi fido molto del mio istinto, lo devo fare. Per cui lo ascolto, lo seguo e mi affido a lui ciecamente. Due cose nella vita non ho mai avuto: paura e soldi.
Quand’è stata la prima volta che ti sei detta da sola di “valere”?
Come persona, quando ho affrontato problemi decisamente più grandi di me con estrema lucidità: è in quel frangente che mi sono riconosciuta un mio valore. Come artista, quando su TikTok, dove è cominciato per me l’inizio di tutto, ho realizzato quanto una sola voce potesse creare una comunità: ho iniziato a percepire il potere che aveva la mia condivisione, un segno che forse ero destinata in qualche modo a fare quello che stavo facendo, musica.
Era forse destino che andasse così: a volte sento come se fosse stata la musica a scegliere me e non viceversa. Fino a non molto tempo fa tutto avevo nei piani tranne che far musica: ero in Germania a lavorare come cameriera, lavapiatti o in fabbrica, con il proposito di racimolare soldi, comprare un van e lavorare da remoto. E, invece, un giorno mi sono trovata di fronte alla possibilità di cantare per lavoro, involontariamente: è come se Madre Musica mi avesse in qualche modo richiamata a me mentre io consciamente stavo per prendere un’altra direzione… pensavo al design o allo styling, tutto tranne che alla musica, per me relegata in un angoletto a cui solo io avevo accesso e nessun altro.
Nel momento in cui anche gli altri hanno avuto accesso alla tua musica, che rapporto hai avuto con il giudizio?
Terribile. Sono sempre stata estremamente gelosa della mia voce e il solo pensiero di condividerla mi faceva sentire già violentata da me stessa: avevo la percezione che le mie corde vocali fossero arrabbiatissime con me perché avrebbero preferito rimanere intime, nascoste. Ma poi la mia mente ha deciso: aveva bisogno di cantare davanti a tutti. Mi sono quindi “condivisa”, con la consapevolezza di dover andare comunque incontro al giudizio degli altri…
Mi preoccupavano però le critiche, positive o negative che fossero: mi destabilizzavano perché il mio desiderio era solo quello di cantare e di non sentire altro, perché comunque era così che avevo fatto per una vita intera: sola nella mia vasca da bagno, senza vocal coach e senza una scuola che mi insegnasse come fare. Ero gelosa e orgogliosa dei miei passi solitari e il dover subire dei giudizi era per me quasi una mancanza di rispetto nei confronti di quello che era stato il mio lavoro.
Ovviamente, ero io a vederla così drasticamente prima di capire che il giudizio è il compromesso che occorre accettare quando si sceglie di fare questo mestiere. La vita è fatta, comunque, di compromessi e per la musica potevo scendere a patti con il mio pensiero.
Guardandoti allo specchio, come ti definiresti?
Autoironica, autocritica e creativa. Sono tutte caratteristiche che dipendono da me: ho capito da poco quanto siamo noi i protagonisti della nostra stessa vita.
C’è stato qualcuno che ha provato a offuscare quel ruolo da protagonista?
Non era tanto la persona in sé a farlo ma io: stavo per concedermi a una relazione che avrebbe potuto rivelarsi tossica. Ma, per fortuna, sono rinsavita: mi sono ricordata che l’indipendenza è tutto. Avevo 15 anni.
Quanto l’ironia ti è stata utile?
L’ironia e l’autoironia mi hanno letteralmente salvata quando pensavo di non farcela. Sono state le chiavi per andare avanti e salvaguardare non solo la mia vita ma anche tutto l’amore che avevo intorno.
Cos’è per te il successo?
È arrivare al cuore delle persone, comunicare loro qualcosa e, perché no, cambiar loro anche la vita. Non sono i numeri, non contano un cazzo… Puoi anche parlare a tre persone e hai vinto: è quello il successo vero, non la fama.
Ti spaventa in qualche modo il successo?
Per niente. Ho deciso di condividermi e sarei ipocrita se dicessi che mi spaventa. Se ho scelto di farlo, è proprio perché voglio comunicare con gli altri… se provassi paura, vorrebbe dire che ho sbagliato quando invece sono carica, voglio guardare le persone dritto negli occhi e far sapere loro quello che sento, senza alcun freno.
Alla luce di ciò, cosa rappresenterebbe Sanremo ai tuoi occhi?
Guardando il mio percorso, un’altra tappa folle e inaspettata, al pari di X-Factor: la visione che ho di me è sempre quella della ragazzina nella vasca da bagno e quindi mi fa parecchio strano, oltre che ridere. È un po’ comica la mia vita… sicuramente, rappresentata una gigantesca opportunità per fare questo lavoro nella vita e per farlo concretamente.