Tutti conoscono la tragica storia di Anne Frank, per tutti Anna. Ma come la migliore amica Hannah Goslar abbia rischiato la vita per aiutare Anne nel campo di concentramento poco prima della sua morte è meno noto. L’impressionante racconto della loro forte amicizia è ora al centro di Anne Frank – La mia migliore amica, film che Netflix rende disponibile dal 1° febbraio, poco dopo la Giornata della Memoria.
Spettacoli teatrali, miniserie, film internazionali (vi abbiamo qui parlato di Anna Frank, lungometraggio animato di Ari Folman) e persino una serie su YouTube (in cui Anne è una vlogger) hanno ripercorso le orme di Anne attirando l’immaginazione e, fortunatamente, l’attenzione delle nuove generazioni.
Il regista Ben Sombogaart per il suo Anne Frank – La mia migliore amica, film Netflix, ha optato per una prospettiva diversa. Non è ricorso al punto di vista di Anne ma a quello della coraggiosa e leale amica dell’adolescente ebrea, Hannah Goslar. Ancora in vita, Hannah ha oggi 92 anni e vive a Gerusalemme, da dove qualche anno fa ha rievocato i suoi ricordi nel libro Anne Frank – La mia migliore amica.
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Due comunissime amiche
Hannah Goslar e Anne Frank furono entrambe costrette con le loro famiglie a lasciare la Germania nazista per trovare rifugio ad Amsterdam negli anni Trenta. Amiche sin dall’asilo, in Anne Frank – La mia migliore amica, il film Netflix, le vediamo durante i primi anni della Seconda Guerra mondiale.
Anne e Hannah frequentano la scuola ebraica e, nonostante le stelle a sei punte che erano obbligate a portare e il pericolo crescente, cercano di condurre una vita adolescenziale il più normale possibile. Sono solo due ragazzine che, come molte coetanee, non ascoltano i genitori e allo studio preferiscono il divertimento. Tuttavia, Hannah e Anne si perdono di vista per tre anni quando la famiglia Frank si nasconde per evitare la deportazione.
Per volontà del destino, non molto prima della Liberazione, si rivedono per un’ultima volta nel campo di concentramento di Bergen-Belsen. Anne morirà poco dopo.
Un inno all'amicizia, nonostante l'orrore
In Anne Frank – La mia migliore amica, film Netflix disponibile dal 1° febbraio, il regista Sombogaart alterna le immagini del campo di concentramento con quelle degli anni che Anne e Hannah trascorrono spensierate ad Amsterdam. Attraverso gli occhi di Hannah, vediamo come Anne Frank, l’icona che tutti amiamo interpretata da Aiko Beemsterboer, sia una comunissima adolescente, saggia e spiritosa.
Con la più introversa e coraggiosa Hannah, impersonata da Josephine Arendsen, Anne condivide segreti e sogni. Ma, come tutte le adolescenti, Anne ha sì pregi ma anche difetti, che la portano anche a cambiare umore e migliore amica, mentre sullo sfondo la grande Storia si veste di retate e deportazioni.
Il regista sceglie, dunque, di tenersi lontano dai peggiori orrori della Shoah. Si concentra su temi più vicino a un pubblico giovane come l’amicizia e i rischi che Hannah si assume per il bene dell’amica. Seppur pecchi in qualche passaggio di semplicismo, con Anne Frank – La mia migliore amica, Sombogaart riesce a tirare fuori il meglio dalle due giovanissime attrici, i cui occhi stanchi e persi nel vuoto restituiscono le atrocità che le due protagoniste hanno vissuto. I toni drammatici raggiungono, poi, il loro apice con qualche libertà narrativa: nella realtà, Hannah e Anne non si sono mai viste a Bergen-Belsen ma solo parlate.
Ero felice di rivederla ma al tempo stesso triste. Speravo si fosse salvata scappando in Svizzera.
Hannah Goslar
Il ricordo di Hannah Goslar
Anne Frank – La mia migliore amica, il film Netflix, è soprattutto un inno all’amicizia e all’umanità. Sottolinea come l’amicizia possa rivelarsi una forza vincente anche nelle circostanze più disumane e pericolose. E dà risalto al gesto di Hannah Goslar, una persona che non ha esitato nel mettere a rischio la propria vita per l’amica. Un esempio che è necessario ricordare e tramandare.
Toccanti sono per tutti le parole che la vera Hannah ha pronunciato qualche tempo fa in un’intervista con degli studenti nel ricordare Anne.
“Ero solo una bambina quando conobbi Anne, che aveva sei mesi meno di me. Non ricordo molto della prima volta che la vidi. So solo che mi è piacque. Ci eravamo incontrate una prima volta all’asilo ma la nostra amicizia si rafforzò anni dopo a scuola. In classe, non appena ci rivedemmo, ci abbracciammo. Entrambe le nostre famiglie avevano lasciato la Germania per sfuggire alla follia di Hitler.
Vivevamo vicine e il nostro primo incontro avvenne nel 1934. Ci incontrammo in un negozio di alimentari. Mia madre e la madre di Anne, ricordo, cominciarono a parlare tedesco perché nessuna delle due conosceva l’olandese. Anne era con lei. Il giorno dopo, quando la rividi all’asilo, la riconobbi di schiena e corsi ad abbracciarla. Da allora, divenimmo amiche.
A scuola, anni dopo, Anne tra una lezione e l’altra scriveva su un diario, che proteggeva da sguardi indiscreti. Tutti le chiedevano cosa scrivesse ma la risposta era la stessa per tutti: non sono affari tuoi! Era una bambina come le altre, normale. Quella che era speciale era la sorella Margot: era molto bella, una brava studentessa e anche molto obbediente. Io e Anne eravamo l’esatto contrario. Mia madre avrebbe detto: Dio sa tutto ma Anne ne sa ancora di più!
Con il trascorrere degli anni, ci perdemmo di vista. Quando la rividi nel campo di concentramento, provai sentimenti contrastanti. Ero felice di rivederla ma al tempo stesso triste. Speravo si fosse salvata scappando in Svizzera. Quando fui catturata dai nazisti nel giugno 1943, avevo solo 14 anni. Entrai con i nonni, mio padre e la mia sorellina. Ne uscii solo con mia sorella. Solo dopo la fine della guerra, seppi della morte di Anne. Ero ancora ricoverata in ospedale quando ricevetti la visita di Otto Frank. Fu lui a dirmi che entrambe le sue figlie non erano sopravvissute”.